Subaltern studies Italia

L’analisi e la classe - a cura di Ferdinando Dubla

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domenica 14 dicembre 2025

LA LOTTA DI CLASSE ESPRESSA CON IL PENSIERO: Lenin, Mao e la 'doppia subalternità''

 


I ‘QUADERNI FILOSOFICI‘ DI LENIN

 

Non si può comprendere perfettamente Il Capitale di Marx e, in particolare, il suo primo capitolo, se non si è compresa e studiata attentamente tutta la Logica di Hegel.

Vladimir Ilic Lenin, Quaderni Filosofici, Opere Complete, Volume XXXVIII, Editori Riuniti, Roma, 1969, a cura di Ignazio Ambrogio, p. 179.

 

 

Gli appunti che compongono i "Quaderni filosofici" furono scritti in un arco di tempo che va all'incirca dal 1895 al 1917, ma la parte più significativa e teoreticamente rilevante, in particolare le note e i commenti alla “Scienza della Logica” di Hegel, risale principalmente agli anni della Prima Guerra Mondiale, tra il 1914 e il 1915. Furono anni cruciali in cui Lenin, in esilio, si dedicò a un profondo studio dei classici della filosofia per affrontare la crisi teorica e politica della Seconda Internazionale. Infatti Lenin, di fronte al fallimento politico-teorico della Seconda Internazionale (che aveva spesso ridotto il marxismo a un materialismo meccanicistico o a un positivismo dogmatico), si immerse nello studio di Hegel per recuperare l'anima dialettica del pensiero di Marx ed Engels.

I “Quaderni filosofici" furono pubblicati per la prima volta in Unione Sovietica solamente postumi, nel 1933. La pubblicazione in Italia fu un evento fondamentale nel dibattito filosofico e politico del secondo dopoguerra, contribuendo a un rinnovamento dell'interpretazione del marxismo, schematizzando, a un “superamento” dello storicismo legato al determinismo positivistico da una parte e all’idealismo crociano dall’altro, riveniente dal provvidenzialismo vichiano, e che aveva influenzato il marxismo italiano (Gramsci, ma soprattutto la lettura ‘togliattiana’ di Gramsci): la prima edizione italiana di rilievo apparve nel 1958 per l'editore Feltrinelli e fu curata da Lucio Colletti, il primo e giovane Colletti, con una celebre e influente introduzione intitolata “Il marxismo e Hegel”.

 

 

IL MAOISMO LENINISMO

il leninismo di Mao

 

"Una scintilla può incendiare una prateria" (1930) — nel discutere il ruolo del partito e dell'agitazione, Mao riprende il principio leninista della avanguardia dirigente e la necessità di combinare teoria rivoluzionaria e lavoro di massa per far avanzare la rivoluzione.

"Sulla pratica" (1937) — Mao sostiene che la teoria deve derivare dalla pratica e essere continuamente verificata da essa; in questo contesto richiama il metodo leninista come indispensabile per trasformare l'analisi teorica in guida pratica per la rivoluzione.

"Sulla contraddizione" (1937) — Mao sviluppa la dialettica materialista e riconosce l'importanza delle categorie dialettiche leniniste; afferma che la comprensione scientifica delle contraddizioni (metodo leninista) è essenziale per definire la strategia politica corretta.

"Sulla guerra prolungata" (1938) *— Mao utilizza analisi strategiche che si richiamano all'eredità leninista in tema di guerra popolare e alleanze politiche, sottolineando l'importanza di una teoria rivoluzionaria che coordini politica, economia e strategia militare. Per Mao la guerra prolungata è uno strumento e una componente essenziale nella strategia complessiva della “rivoluzione prolungata” in contesti come la Cina degli anni ’20–’40: la dimensione militare (guerra prolungata) serve la conquista del potere, mentre la dimensione politica (organizzazione di masse, costruzione del partito, alleanze) sostiene e amplia la dimensione militare (“rivoluzione di lunga durata”).

Per cui, la “guerra prolungata” è una teoria tattico‑militare specifica; la “rivoluzione di lunga durata” è il processo politico‑storico più ampio di cui quella guerra può essere parte.

* Ciclo di conferenze tenuto da Mao a Yenan dal 26 maggio al 3 giugno 1938 all’Associazione per lo studio della Guerra di resistenza contro il Giappone.

"Sulla nuova democrazia" (1940) - Mao colloca la rivoluzione cinese nel quadro di una transizione nazional-democratica e richiama i principi leninisti sul rapporto tra rivoluzione borghese e rivoluzione socialista e sul ruolo del partito comunista nell'unificare forze sociali diverse.

 

Mao Zedong considerava i “Quaderni filosofici” di Lenin un punto di riferimento importante per il suo pensiero filosofico e politico. Fornirono a Mao una cornice teorica ed epistemologica che supportava il suo impegno per un marxismo adattato alla realtà sociopolitica cinese, e ciò lo aiutò a costruire le basi per le sue politiche e strategie rivoluzionarie.

 

«La spartizione del mondo fra i trusts, i cui domini sono senza confini; la spartizione del mondo tra le grandi potenze, che non sempre hanno i primi posti per la rapidità di sviluppo delle forze produttive, ma che mantengono il predominio in quanto possiedono il bottino coloniale. È per questo che le "alleanze" di pace [...] non sono altro che un "momento di respiro" tra una guerra e l'altra.»

V. I. Lenin, L'imperialismo, fase suprema del capitalismo (1916)

https://www.marxists.org/.../1916/imperialismo/index.htm

«La società cinese è una società coloniale, semicoloniale e semifeudale. [...] i signori della guerra, i burocrati, i compradores e i grandi proprietari terrieri in collusione con gli imperialisti, così come la parte reazionaria degli intellettuali ad essi asservita, sono i nostri nemici.»

Mao Tse-tung, Analisi delle classi della società cinese (Marzo 1926) *

https://www.nuovopci.it/arcspip/IMG/pdf/02.pdf, pp.47-55

 

La doppia subalternità

La messa a fuoco sul nemico interno (signori della guerra, grandi proprietari terrieri) e sul nemico esterno (imperialisti, compradores) dimostra l'adattamento della teoria leninista a un contesto prevalentemente rurale (non capitalista maturo) e doppiamente oppresso.

 

La “doppia subalternità” in Lenin e Mao Tse-Tung

È una prospettiva analitica estremamente ricca e pertinente che unisce il canone marxista-leninista-maoista con gli strumenti teorici sviluppati dai Subaltern Studies (Guha) e la riflessione gramsciana. Estendere l'analisi del leninismo di Mao attraverso il prisma della "doppia subalternità" permette di evidenziare la sua specificità rivoluzionaria.

Il concetto di "doppia subalternità" – ovvero l'essere oppressi simultaneamente su due fronti, quello internazionale (economico/coloniale) e quello nazionale (feudale/borghese) – funge da ponte concettuale che rende la rielaborazione maoista del leninismo non solo un adattamento tattico, ma un profondo sviluppo teoretico.

- L'analisi di Lenin nell'Imperialismo, fase suprema del capitalismo (1916) scomponeva il mondo in nazioni sfruttatrici e nazioni sfruttate. Per le colonie e semi-colonie, Lenin evidenziava che l'oppressione è esercitata attraverso due vettori, uniti da un nesso strutturale:

 il vettore esterno (imperialismo): il capitale finanziario dei paesi avanzati che esporta capitali e spartisce il mondo per materie prime e mercati, mantenendo il dominio coloniale;

 il vettore interno (classi compradore/latifondiste): l'alleanza delle classi dominanti nazionali (borghesia parassitaria, latifondisti) che agiscono come agenti dell'imperialismo, fungendo da "compradores" e mantenendo le strutture semi-feudali per un efficiente sfruttamento.

Lenin pone così le premesse per la doppia natura della rivoluzione (anti-imperialista e anti-feudale) nei paesi dipendenti, un presupposto fondamentale per Mao.

L'innovazione maoista risiede nell'individuazione del soggetto storico di questa doppia lotta.

Mao, nella sua Analisi delle classi della società cinese (1926) e nei Rapporti su un'inchiesta nel movimento contadino nello Hunan (1927), riconosce che il soggetto rivoluzionario non può essere la minoranza operaia urbana (limitata dal debole capitalismo cinese) ma la stragrande maggioranza rurale.

 Secondo Mao la forza principale della rivoluzione cinese è il proletariato rurale, cioè i braccianti senza terra e i contadini poveri. Essi sono il motore più potente della rivoluzione e la forza principale nella liquidazione delle forze feudali e semicolonialiste.

L'uso del termine "subalterno" gramsciano trova qui una perfetta corrispondenza. La classe contadina è doppiamente subalterna:

sfruttamento feudale/nazionale, cioè oppressa dai latifondisti e dal sistema semi-feudale (latifondo/usura);

sfruttamento capitalistico/internazionale, cioè oppressa indirettamente dall'imperialismo che, attraverso la mediazione delle classi compradore, impone prezzi, mercati e distrugge le economie rurali tradizionali.

Il nesso gramsciano (Quaderno 25)  



Il Quaderno 25 (Ai margini della storia) di Antonio Gramsci riflette sulla difficoltà, per i gruppi subalterni (come i contadini meridionali in Italia), di articolare una propria coscienza di classe e di uscire dalla dispersione e dalla frammentazione.

Gramsci analizza sia l'eterodirezione storica dei gruppi subalterni (essere diretti dalle classi egemoni o dagli intellettuali di altre classi) e sia la frammentazione e la mancanza di un'unità organica di questi strati sociali.

Mao risolve il problema gramsciano della subalternità contadina attraverso la sua teoria del partito: la linea di massa.

Il Partito Comunista Cinese (PCC), in quanto avanguardia leninista, agisce come l'"intellettuale organico" che non impone la linea ma la rielabora e la concentra dalle esperienze sparse delle masse (linea di massa), realizzando così l'unità politica e l'egemonia che i contadini non potevano costruire spontaneamente, trasformando la loro subalternità in forza egemonica rivoluzionaria.

La lotta tra due linee e il superamento della passività

La lotta tra due linee interna al PCC (lotta tra la linea proletaria/rivoluzionaria e le linee borghesi/"revisioniste") è, in questa chiave di lettura, un meccanismo per impedire che il partito d'avanguardia stesso, una volta al potere o nel corso della lunga marcia, cada preda dell'opportunismo o di una burocrazia che finirebbe per riprodurre forme di oppressione interna e di dipendenza esterna.

La lotta tra due linee maoista è l'applicazione costante della dialettica leninista (unità e lotta degli opposti) per impedire la trasformazione della doppia oppressione (anti-imperialista/anti-feudale) in una nuova subalternità interna (burocratica/statalista). Mantiene il Partito in costante collegamento critico con la base.

In conclusione, la "doppia subalternità" non è solo una descrizione sociologica della Cina maoista (oppressa fuori e dentro); essa è il presupposto strutturale che spiega perché la soluzione leninista (il Partito d'avanguardia) dovesse essere applicata non al proletariato urbano, ma ai contadini doppiamente sfruttati, e perché il meccanismo della linea di massa e della lotta tra le due linee fosse indispensabile per trasformare una classe storicamente frammentata (i subalterni gramsciani) in una forza motrice capace di egemonia e rivoluzione di lunga durata.

per il Quaderno 25 di Gramsci, cfr. Antonio Gramsci, Ai margini della storia. Storia dei gruppi sociali subalterni / Einaudi, 1975, p.2290 e passim

IL PARAGRAFO 5 del QUADERNO 25

 

cfr. anche

MA NON E' UN PRANZO DI GALA - Gramsci e Mao sul concetto di rivoluzione

 

 

“colonialist imperialism urban and rural capitalism”

 

ANALISI DELLE CLASSI NELLA SOCIETÀ CINESE (marzo 1926) *

Questo articolo fu scritto da Mao Tse-tung per combattere le due deviazioni esistenti allora nel Partito. I fautori della prima deviazione, rappresentati da Chen Tu-hsiu, si preoccupavano solo di collaborare con il Kuomintang e dimenticavano i contadini. Erano gli opportunisti di destra. I fautori della seconda deviazione, rappresentati da Chang Kuo­tao, prestavano attenzione solo al movimento operaio, dimenticando anch’essi i contadini. Erano gli opportunisti di “sinistra”. I fautori di entrambe queste tendenze opportuniste si rendevano conto dell’insufficienza delle forze rivoluzionarie, ma non sapevano dove cercare le forze indispensabili e dove trovare un alleato di massa. Mao dimostrò che l’alleato più numeroso e fedele del proletariato cinese erano i contadini, dando così una soluzione al problema riguardante la forza motrice nella lotta di classe della rivoluzione cinese. Affermò inoltre che la borghesia nazionale era una classe oscillante, previde che lo slancio della rivoluzione avrebbe provocato in essa una scissione e l’ala destra sarebbe passata dalla parte dell’imperialismo. Gli avvenimenti del 1927 confermarono questa previsione.

 

 

a cura di Ferdinando Dubla



Maoismo critico è la pagina di supporto della rivista storica on line Lavoro Politico e di Subaltern studies Italia

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