Subaltern studies Italia

L’analisi e la classe - a cura di Ferdinando Dubla

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mercoledì 11 giugno 2025

SUBALTERN STUDIES E IL CANONE STORIOGRAFICO

 

A proposito dell’antiessenzialismo e i canoni storiografici 



Ranajit Guha (1923-2023) e Fernand Braudel (1902-1985)


Studi Subalterni

Il Subaltern Studies Group (SSG) o Subaltern Studies Collective è un gruppo di studiosi dell'Asia meridionale interessati alle società postcoloniali e post-imperiali con un'attenzione particolare a quelle dell'Asia meridionale, pur coprendo anche il mondo in via di sviluppo in senso generale. Il termine Studi Subalterni è talvolta applicato anche in senso più ampio ad altri che condividono molte delle loro opinioni. Il loro approccio anti-essenzialista [1] è quello di una “storia dal basso”,  focalizzata maggiormente su ciò che accade tra le masse ai livelli di base della società piuttosto che tra l'élite. [2] Alcune definizioni per iniziare: Decolonizzazione: il processo di rimozione di un potere imperiale su una regione colonizzata (1947-1997). Postcoloniale: dopo la fine della colonizzazione o quando la decolonizzazione è completa. Postcoloniale si riferisce anche a uno specifico tipo di storia: teoria / studi postcoloniali, lo studio delle regioni precedentemente colonizzate e il loro sviluppo indipendente o presunto tale, perchè non privo di critiche in quanto la società postcoloniale (India, Hong Kong, Zimbabwe, ecc.) risente ancora degli effetti dell'imperialismo. L’oggetto di studio è il soggetto subalterno e il suo riscatto. Gli storici che usano questo termine lo rilevano da Antonio Gramsci (1891-1937), marxista e comunista italiano che fu a lungo imprigionato dalla polizia di Mussolini (dal 1926) fino alla sua morte, avvenuta all'età di 46 anni. In carcere, scrisse quaderni di politica, storia e filosofia. Dichiarò che i subalterni erano la sottoclasse sottomessa in una società su cui il potere dominante esercita la sua influenza egemonica.

Rabi Rose, Q#1 Explain subaltern studies? Subaltern Studies, in Academia edu, pag.1

 

[1] L'antiessenzialismo è una visione filosofica che rifiuta l'idea che oggetti o concetti abbiano una natura o un'essenza fissa e intrinseca che li definisca. Sostiene che le cose non possiedono proprietà essenziali indipendenti dai nostri modi di definirle e classificarle. Gli antiessenzialisti sottolineano invece la contingenza dei concetti e l'importanza dei contesti sociali e storici. [AI Overview]

[2] Subaltern studies non cerca di svelare “le tracce di iniziativa autonoma delle classi subalterne” (Gramsci, Q.25 §5) solo attraverso la “storia dal basso” - “History from below” ovvero i canoni storiografici di “The Making of the English Working Class” del 1963 dello storico britannico Edward Thompson (1924-1993); ma il movimento sottolinea l'importanza di leggere i documenti storici delle élite con una prospettiva critica per svelare l'azione dei gruppi subalterni, interpretando così il ruolo di “storico integrale” descritto da Gramsci sempre nel Quaderno 25 di Formia (1934-1935). 



Edward Palmer Thompson (Oxford, 3 febbraio 1924 – Worcester, 28 agosto 1993) è stato uno storico, scrittore e attivista della sinistra di classe britannico. È noto per i suoi lavori sui movimenti radicali britannici di fine Settecento e inizio Ottocento, e in particolare per il suo libro “The Making of the English Working Class” (1963), una pietra miliare della storia sociale e della storia del lavoro.


L'antiessenzialismo può essere punto di congiunzione tra "Annales" e Subaltern studies

Ethnohistoire

"Una falsa analogia. Quella che il mondo di lingua inglese chiama anthropology è spesso etichettata in francese come ethnologie. Di conseguenza, ethnohistoire significa "antropologia storica" (ma sarebbe forse più esatto parlare di "storia antropologica"), piuttosto che ethno-history nell'accezione americana di storia dei popoli illetterati".

Peter Burke, Una rivoluzione storiografica- La scuola delle 'Annales' 1929-1989, Laterza, 2019 (ed.or. 1990), pag. 124.

Antropologia storica è quella di Ranajit Guha, fondatore dei Subaltern studies, che definisce, in contrapposizione ad Hegel, utilizzando le sue categorie, 'prosa del mondo' che si trasforma in 'prosa della storia', la storia delle classi subalterne in estensione rispetto ai popoli 'primitivi-illitterati' dell' ethno-history.

(cfr. in particolare Ranajit Guha, La storia ai limiti della storia del mondo - con un testo di Rabindranath Tagore e Introduzione di Massimiliano Guareschi, Sansoni, 2003).


in questo blog: DALLA PROSA del MONDO alla PROSA DELLA STORIA TO BACK. RANAJIT GUHA TRIBUTE - রণজিৎ গুহের প্রতি শ্রদ্ধা Raṇajiṯ Guha prati śrad'dhā

(a cura di Ferdinando Dubla)

 

Dall'histoire événemenentielle all'histoire globale

"Histoire événemenentielle - Un termine liquidatorio per designare la storia degli avvenimenti, lanciato da Braudel nella prefazione alla Méditerranée, ma già impiegato da Paul Lacombe nel 1915 (l'idea risale invero ancora più indietro nel tempo, a Simiand e Durkheim, e anzi addirittura al Settecento).

Histoire globale - Un ideale formulato da Braudel. "La globalità non è la pretesa di scrivere una storia totale del mondo... E' semplicemente il desiderio, all'atto di affrontare un problema, di oltrepassare sistematicamente i limiti" (Braudel, 1978, pag.245, trad.it., pag. 96). Così lo stesso Braudel ha studiato il suo Mediterraneo nel contesto del Più Grande Mediterraneo, dal Sahara all'Atlantico. Il termine sembra esser stato mutuato dalla sociologia di Georges Gurvitch.h                         "

Peter Burke, op.cit., pag.124


- F.Braudel, LaMéditerranée et le monde méditerranéen à l'époque de Phillippe II, Paris, Armand Colin, 1949, trad.it. Civiltà e imperi del Mediterraneo nell'età di Filippo II (2 voll.), traduzione di Carlo Pischedda, Collana Biblioteca di Cultura storica n.48, Torino, Einaudi, I ed. 1953-1985

F.Braudel, En guise de conclusion, in "Review", 1, 1978, trad.it. A mò di conclusione, in Braudel, I tempi della storia. Economie, società, civiltà, a cura di L.Meldolesi, Laterza, 1986

"Longue durée - Quest'espressione divenne un termine tecnico dopo essere stata impiegata da Braudel in un articolo famoso (Braudel, 1958). Un concetto analogo è alla base della sua Méditerranée, ma in questo libro egli parla di una histoire quasi immobile (per la durata lunghissima) e di una histoire lentement rythmée (per i cambiamenti lungo l'arco di un secolo o due). "


Peter Burke, ivi, pag.125.

F.Braudel, Histoire et sciences sociales: la longue durée, in "Annales", 17, 1958

 

La longue durée della civiltà contadina era destinata a restare sullo sfondo delle ricerche storiografiche fino a quando, anche in Italia, nuovi approcci dimostreranno che anche quel mondo e quei paesaggi erano carichi di storia. Nei secoli anteriori alla rivoluzione industriale le campagne avevano attraversato momenti di profonda trasformazione e di conflitto sociale, portando le tracce di un ricco patrimonio sedimentato, che attendeva strumenti adeguati di lettura". C. Tosco, Il paesaggio come storia, Bologna, Il Mulino, 2007, pp. 71-72.

Nuovi canoni storiografici prospettano una concezione vasta e interdisciplinare, oltre l’idea estetizzante di paesaggio, chiamando in causa fattori come la storia, l’ambiente naturale e i valori collettivi sedimentati, ottenendo un paesaggio che è punto di incontro tra storia e luoghi, prodotto di culture che vivono nel tempo e operano nello spazio. Il richiamo al paesaggio come storia impone pertanto alla ricerca un compito nel quale si sono cimentate diverse scuole di pensiero e diversi approcci metodologici.

 

Traduzione e note di Subaltern studies Italia

“La storia la devi respirare sul campo. Se non alzi lo sguardo dalle carte essa ti sfuggirà incuneandosi tra le pietre. Ma le pietre, i ruderi in macerie, le case diroccate, sono uno scrigno prezioso per il ricercatore di quel tanto astratto apparentemente “paradigma di civiltà” ora perduto o con tracce in via di estinzione o omologazione culturale che è la civiltà contadina dell’Italia meridionale.” da Subaltern studies 2., “contronarrazione meridiana”, http://ferdinandodubla.blogspot.com/2025/06/subaltern-studies-italia-2.html

 

Sulle Annales in questo blog:

LES ANNALES E IL DECENTRAMENTO DEL SOGGETTO

 

sulla 'controstoria'

 

STORIA, STORIE E CONTROSTORIA: la premessa di Domenico Losurdo

 

 

 

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martedì 10 giugno 2025

COMUNISMO, SUBALTERN STUDIES E TEORIA POSTCOLONIALE

 



Nissim Mannathukkaren Communism, Subaltern Studies and Postcolonial Theory: The Left in South India (English Edition), Routledge India, 2021

 

Il volume (450 pag.) presenta un nuovo approccio empirico alle critiche teoriche degli Studi Subalterni e della teoria postcoloniale, nel contesto della loro pluridecennale attività di ricerca in India. Esamina importanti momenti tematici della storia comunista del Kerala, tra cui i processi attraverso i quali ha stabilito la propria egemonia, i suoi interventi culturali, l'istituzione delle riforme agrarie e dei diritti dei lavoratori, il progetto di decentralizzazione democratica e, in ultima analisi, affronta la questione delle caste.

Un contributo significativo agli studi sulla democrazia e il concetto di modernità nel Sud del mondo, questo volume sarà di grande interesse per studiosi e ricercatori di politica, in particolare di teoria politica, democrazia e partecipazione politica, sociologia politica, studi sullo sviluppo, teoria postcoloniale, studi subalterni, studi sul Sud del mondo e studi sull'Asia meridionale.

Nissim Mannathukkaren is Associate Professor in the International Development Studies Department at Dalhousie University, Canada. He is the author of the book The Rupture with Memory: Derrida and the Specters that Haunt Marxism (2006). His research has been published in journals such as Citizenship Studies, Journal of Peasant Studies, Third World Quarterly, Economic and Political Weekly, Journal of Critical Realism, International Journal of the History of Sport, Dialectical Anthropology, Inter-Asia Cultural Studies, and Sikh Formations. He is a regular op-ed contributor to the English-language press in India.

“Questo libro è una storia tematica del movimento comunista in Kerala, la prima grande regione (in termini di popolazione) al mondo ad eleggere democraticamente un governo comunista. Analizza la natura della trasformazione portata dal movimento comunista in Kerala e le sue possibili implicazioni per altre società postcoloniali. Il volume affronta i concetti teorici chiave della teoria postcoloniale e degli Studi Subalterni, contribuendo al dibattito tra marxismo e teoria postcoloniale, in particolare nelle sue articolazioni più recenti.”, cit. pag. 4

“Il progetto Subaltern Studies fu fondato in India verso la fine degli anni Settanta da un gruppo di storici disillusi dalle tendenze storiografiche indiane esistenti. Ranajit Guha, il padre fondatore del progetto Subaltern Studies, sosteneva che una nuova forma di scrittura storica fosse un imperativo assoluto, poiché la storiografia del nazionalismo indiano fino ad allora era dominata da "elitarismo: elitarismo colonialista ed elitarismo nazionalista-borghese". Se la storiografia colonialista riduceva la storia del nazionalismo indiano agli sforzi dei "governanti, amministratori, politiche, istituzioni e cultura coloniali britannici", nella versione nazionalista, essa veniva "scritta come una sorta di biografia spirituale dell'élite indiana". D'altro canto, ciò che gli studi subalterni cercavano di realizzare era scrivere una storia che mettesse in primo piano "il contributo dato dal popolo da solo, cioè indipendentemente dall'élite, alla creazione e allo sviluppo del nazionalismo [indiano]". Anche la storiografia marxista fu oggetto di aspre critiche da parte dei subalternisti per il suo presunto riduzionismo di classe che non riesce a comprendere le modalità uniche di resistenza subalterna sotto il colonialismo.”, cit. da e.book, pos. 1163 e 1180

Il Kèrala o Keralam (in malayalam കേരളം, Kēraḷaṁ) è uno Stato dell'India meridionale, che occupa una stretta striscia della costa sud-occidentale del Paese. Chiamato Keralam dai suoi abitanti, il Kèrala è lo Stato indiano con il tasso di alfabetizzazione più elevato (oltre il 90% della popolazione).

L'attuale primo ministro è Pinarayi Vijayan del Partito Comunista d'India (Marxista) (CPI(M)) che guida il Fronte Democratico di Sinistra (LDF), a partire dal 2016 coalizione di governo, mentre all'opposizione c'è Ramesh Chennithala che è il capo del Fronte democratico unito (UDF), guidato dal Partito del Congresso Indiano. Il Kerala è stato il primo Stato al mondo ad aver eletto democraticamente un candidato comunista (E.M.S. Nampoothiripad), che divenne il primo ministro del Kerala nel 1956, dopo la riorganizzazione dei confini dello Stato, in seguito all'indipendenza ottenuta dall'India nel 1947.

La politica e l'essere membro di partito sono concetti molto sentiti in Kerala. Questo senso di appartenenza ed emancipazione si estende anche ai sindacati e alle unioni studentesche di movimento. Grazie alla politica avanzata di Welfare e alla partecipazione democratica promossa costantemente dal CPI(M) il Kerala vanta un tasso di alfabetizzazione del 91% (il più alto dell'India)e il più basso tasso di corruzione dell'intero Paese. Usando termini per lo più occidentali, potremmo dire che il Kerala costituisce una vera e propria "roccaforte rossa”.

[Cfr. anche “Vaikom Viswan: Kerala, Left Democratic Front, Central Committee, Communist Party of India (Marxist), Vadayar”, a cura di Lambert M. Surhone, Mariam T. Tennoe, Susan F. Henssonow, Betascript Publishing, 2010]

 

e sull'argomento vedi anche 




Alpa Shah - Judith  Pettigrew, Windows into a Revolution Ethnographies of Maoism in India and Nepal, Routledge, 2018

Questo volume offre approfondimenti etnografici sui movimenti maoisti nell'Asia meridionale, concentrandosi in particolare sui casi di Nepal e India. Esplora l'interazione tra violenza di stato e attività rivoluzionarie, evidenziando come le dinamiche sociali all'interno dei villaggi influenzino la traiettoria di questi conflitti. Analizzando casi di studio specifici, getta luce sulle più ampie implicazioni di questi movimenti per le società rurali e l'autorità statale nella regione.

 

su Academia.edu https://www.academia.edu/4698274/Windows_into_a_revolution_ethnographies_of_Maoism_in_South_Asia?email_work_card=title

 

SUBALTERN STUDIES - la critica a Guha e Spivak: il concetto di ‘subalterno’ è troppo ampio

Chi è un subalterno? Come è ovvio dalla terminologia utilizzata, gli studi subalterni, in particolare all'inizio, trassero ispirazione da Gramsci, che affrontò la questione dell'identità subalterna in una una cornice marxista. Pandey (n1) sostiene che il termine "subalterno" sia "una posizione relazionale nella concettualizzazione del potere" e nel linguaggio comune sia associato agli "emarginati, gli impoveriti, gli oppressi, gli umiliati e i disprezzati". Ranajit Guha, concettualizzò il subalterno come "la differenza demografica tra la popolazione indiana totale e tutti coloro che abbiamo descritto come élite'". Pandey prosegue sostenendo che, sebbene la subalternità sia più comunemente associata ai più oppressi, "miseria e umiliazione, si riferisce a individui e gruppi (..) che non sono palesemente poveri e oppressi, e persino ad alcuni che potrebbero essere descritti come élite subalterne". Queste descrizioni sono in effetti molto ampie e problematiche. Mentre Gramsci concepiva il subalterno, intendeva il "proletariato e le altre classi sfruttate".  Ahmad (n2)  definisce il troppo ampio e plurimo significato  del termine subalterno nella terminologia, a una caratteristica della sociologia borghese. Tuttavia, Spivak sostiene che è proprio perché il capitalismo non poteva sussumere sotto di sé tutte le parti della società che è stato utilizzato il termine di subalterni.  Critica quindi Chibber (n3)  per aver ridotto il subalterno al proletariato, rendendolo un "proclama utopico marxista meccanico". In precedenza, aveva sostenuto che l'uso originario del termine da parte di Gramsci (per eludere la censura in carcere) "si trasformava [negli Studi Subalterni] nella descrizione di tutto ciò che non rientra in una rigorosa analisi di classe. Questo perché è privo di rigore teorico". Il termine “subalterno” risulta vago quando si analizzano le storie empiriche concrete. Invece di una formulazione molto ampia, userò il termine subalterno per riferirmi principalmente ai contadini marginali, agli operai e ad altri gruppi sfruttati, in particolare a coloro che subivano il peso delle oppressioni di casta e di classe del sistema feudale e del nascente sistema capitalista. La classe operaia può essere, soprattutto al giorno d’oggi, ulteriormente differenziata sulla base di categorie come rurale-urbano, agricolo-non agricolo, qualificato-non qualificato, ecc., con diversi livelli di stratificazione di classe appropriati per il loro lavoro.

 

n1)  Ashok Kumar Pandey è uno scrittore e storico il cui lavoro si concentra principalmente sull'India moderna. Nato a Suggi Chauri, nel distretto di Mau, Uttar Pradesh, il 24 gennaio 1975, è un ex studente dell'Università di Gorakhpur, dove ha studiato economia. È autore dei bestseller in hindi "Kashmirnama", "Kashmir aur Kashmiri Pandit" e "Marxvaad ke Moolbhoot Siddhant".

 

n2) Aijaz Ahmad (1941-2022) è stato uno studioso e critico letterario indiano noto per i suoi contributi nel campo degli studi postcoloniali e della teoria critica. Filosofo marxista, tra le sue opere si annoverano “Lineages of the Present: Ideological and Political Genealogies of Contemporary South Asia”, Verso, 2001 e “On Communalism and Globalization: Offensives of the Far Right - Three Essays Collective”,  New Delhi, 2002, a cui si riferisce il testo di Mannathukkaren

 

n3) Vivek Chibber è una figura cruciale nel dibattito accademico, noto per la sua critica degli Studi Subalterni e della teoria postcoloniale. La sua argomentazione centrale, in particolare nel suo libro "Teoria Postcoloniale e lo Spettro del Capitale" (Verso Book, 2013) mette in discussione i principi fondamentali dei Subaltern studies e della critica postcoloniale, in particolare la loro comprensione della diffusione globale del capitalismo. Chibber è teorico sociale, editore e professore di sociologia americano alla New York University.

da  Nissim Mannathukkaren,  Communism, Subaltern Studies and Postcolonial Theory: The Left in South India (English Edition), India, 2021, e.book, pos. 1181-1197.

Traduzione e note Subaltern studies Italia 





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lunedì 2 giugno 2025

Subaltern studies Italia 2.

 

Subaltern studies 2.




“Contronarrazione meridiana. Saggi su Scotellaro, briganti, contadini e il Sud dei subalterni”, (a cura di Ferdinando Dubla ), Barbieri ed., 2025

Barbieri Edizioni

info@barbieriedizioni.it

tel. (+39) 099. 987.10.12

Cos’è la “contronarrazione meridiana” - se non la rimodulazione paradigmatica della storica “quistione meridionale” allargata ad un punto politico e non latitudinario, il Sud globale dei subalterni, il Sud dei subalterni. Come alberi di fronte ai ruderi della nostra millenaria identità, non più muti di fronte alla storia.



Lucera (FG)

 

“La storia la devi respirare sul campo. Se non alzi lo sguardo dalle carte essa ti sfuggirà incuneandosi tra le pietre. Ma le pietre, i ruderi in macerie, le case diroccate, sono uno scrigno prezioso per il ricercatore di quel tanto astratto apparentemente “paradigma di civiltà” ora perduto o con tracce in via di estinzione o omologazione culturale che è la civiltà contadina dell’Italia meridionale.” da Subaltern studies 2., “contronarrazione meridiana”, 30 maggio 2025.

 

IV. copertina

Riprendere i classici del meridionalismo storico politico di impostazione gramsciana per ridefinire un nuovo meridionalismo non latitudinario che può essere inscritto nella più generale critica postcoloniale alle forme della modernità. Da Scotellaro e Gramsci a Misefari, Cinanni e Zitara, hanno voce i briganti di Molfese, il bracciante di Ernesto de Martino, il Mezzogiorno di Panzieri. Necessaria è una nuova narrazione, necessario è un nuovo paradigma che parta dalle macerie per ricostruire una nuova soggettività storica. Se il meridionalismo è ancora latitudinario, da Sud geografico il Sud postcoloniale è Sud politico, è Sud culturale, è il Sud ai margini della storia, è il Sud dei subalterni.

 

La collana "Quaderni di Subaltern Studies Italia" - studi subalterni in Italia -  curata da Ferdinando Dubla, storico della filosofia, vuole essere un contributo all’analisi del presente storico. L’orientamento è quello dei Subaltern studies indiani fondati ed editi dallo storico di origini bengalesi Ranajit Guha e della sua metodologia di ricerca nella collezione originaria I-VI, una nuova narrazione dei subalterni nella forma del collettivo di ricerca, l’inchiesta sociale e l' immissione di autori di riferimento italiano nel solco delle tracce di iniziativa autonoma dei gruppi subalterni. 



Il narratore della storia subalterna si appropria del proprio oggetto storico attraverso un processo di inversione e di presa di coscienza negativa: l’essere subalterno si manifesta nello spazio di antagonismo delineato dalla coscienza ufficiale e colonialista, e ciò che ne emerge è un'immagine catturata in uno specchio deformante,

Ranajit Guha, Elementary Aspects of Peasant Insurgency in Colonial India, Delhi, 1983, Oxford University Press, pag.333



Il primo quaderno

I QUADERNI DI SUBALTERN STUDIES ITALIA - il primo numero

 

1. Saggi su Guha, Gramsci, de Martino e i margini della storia (a cura di Ferdinando Dubla)

 

vedi anche

SUBALTERN STUDIES ITALIA - pubblicazioni on line 1_2

 

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mercoledì 28 maggio 2025

SUBALTERN STUDIES ITALIA ChatGPT AI - Artificial Intelligence

 


Trascriviamo alcune risposte a nostri quesiti ottenute con l'app ChatGPT per conoscere e studiare più da vicino il fenomeno della cosiddetta (o sedicente?) “intelligenza artificiale”. I quesiti interessano naturalmente i Subaltern studies e gli studi subalterni in Italia, utili per approfondire i criteri dell’IA ed eventualmente discuterne nel merito contenutistico. La firma che apporremo è ChatGPT o TalkAI. Eventualmente, parentesi quadre e note a margine del collettivo di ricerca.

 

COSA SONO GLI STUDI SUBALTERNI

[Gli] “ studi subalterni" sono un campo di studi [accademici] che si concentra sull'analisi delle voci e delle prospettive spesso trascurate o marginalizzate nella storia, nella società e nella cultura. Questo approccio critico si concentra sullo studio delle esperienze delle [persone]  che si trovano in posizioni sociali e politiche subordinate o marginali.

 

In Italia, gli studi subalterni hanno radici profonde nel lavoro intellettuale di figure come Antonio Gramsci e Ranajit Guha, che hanno posto l'accento sullo studio delle classi subalterne e delle lotte di resistenza contro il dominio coloniale e capitalista. Questo campo di studi in Italia si è evoluto nel corso del tempo per includere una gamma più ampia di argomenti, tra cui questioni di genere, razza, etnia [e sessualità].

 

Gli studiosi italiani di studi subalterni si sforzano di mettere in discussione le narrazioni dominanti della storia e della società, evidenziando le prospettive e le esperienze delle [persone]  che altrimenti verrebbero ignorate o marginalizzate. Questo approccio critico ha contribuito in modo significativo alla comprensione delle dinamiche di potere e delle disuguaglianze presenti nella società italiana e, più in generale, nell'ambito degli studi postcoloniali e decoloniali a livello internazionale.

ChatGPT,  tra parentesi quadre: Gli era I / accademici e non accademici / persone sost. classi sociali / sessualità sost. genere / 



Ferdinando Dubla è (..) uno studioso e ricercatore italiano noto per il suo lavoro di approfondimento e analisi su Antonio Gramsci, uno dei principali pensatori marxisti e [fondatore] dei Quaderni del carcere. Dubla si è dedicato allo studio delle idee, delle opere e dell'influenza di Gramsci, contribuendo alla comprensione della sua filosofia politica e del suo impatto sulla teoria marxista e sulla cultura italiana. La sua attività ha incluso pubblicazioni, conferenze e insegnamenti che hanno arricchito il dibattito accademico su Gramsci e sulla storia del pensiero critico in Italia.

È anche conosciuto nel contesto degli studi subalterni in Italia. Gli studi subalterni sono un campo di ricerca che si concentra sulle voci e le esperienze delle classi sociali subordinate, spesso analizzando le dinamiche di potere, oppressione e resistenza. [ChatGPT]

Non c’è dettaglio sulle pubblicazioni, ma credo che l’algoritmo abbia margini di miglioramento. Forse. / fe.d.

https://independent.academia.edu/FerdinandoDubla

https://scholar.google.com/citations?user=Bhb76AMAAAAJ&hl=it

https://www.unilibro.it/libri/f/autore/dubla_ferdinando?srsltid=AfmBOoosniyb4cbc2QYCy7ASR-dED7QfTx_ZOEFqqWcgeSXgiUr8Euxf

 http://lavoropolitico.it/operedubla.htm

 

Subaltern Studies Italia è un ramo del movimento intellettuale noto come Subaltern Studies, che ha avuto origine in India negli anni '80. Questo movimento si concentra sull'analisi e sulla contestualizzazione delle voci e delle esperienze delle popolazioni subalterne, ovvero delle persone marginalizzate e oppresse all'interno di società postcoloniali.

 

In Italia, il movimento Subaltern Studies si è sviluppato in risposta alla critica postcoloniale e ha cercato di mettere in luce le dinamiche di potere e di subordinazione presenti nella storia e nella cultura italiana. Gli studiosi italiani che si dedicano a questo movimento cercano di contestualizzare storicamente e criticamente le marginalità sociali, politiche ed economiche presenti nella società italiana, ponendo particolare attenzione alle questioni legate al colonialismo italiano e al postcolonialismo. [ChatGPT]

 

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domenica 11 maggio 2025

Ascesa e fine del sogno rivoluzionario di Charu Mazumdar in Naxalbari e i Subaltern studies

 

L'eredità nel Partito Comunista dell'India (marxista-leninista) di Liberazione



L’insorgenza a Naxalbari nel maggio 1967 fu fonte di ispirazione, studio e analisi da parte di Ranajit Guha, fondatore dei Subaltern studies (collettivo che prese forma nel 1980 e nel 1982 pubblicò il primo volume della serie, “Writings on South Asian History and Society”, Delhi, Oxford University Press *) presente nei suoi scritti, in particolare  “Elementary Aspects of Peasant Insurgency in Colonial India“, Delhi, 1983, Oxford University Press. Il “maoismo” di Guha è lo studio di questa insorgenza di origine contadina, che lo allontanò dalla militanza nei partiti comunisti indiani, che non avevano colto comunque la natura sì spontanea e cruenta, ma rivoluzionaria del movimento naxalita, frutto di un assetto elitario dell’India postcoloniale.

* Subaltern Studies I fu pubblicato nel 1982, come parte di quello che a quel punto era stato concepito come il primo di tre volumi. Fu lanciato come un intervento nel campo della storia indiana, e in particolare nella storia del nazionalismo indiano, che, secondo la dichiarazione programmatica del curatore, Ranajit Guha, con cui il primo volume iniziava, era stato dominato da un "elitismo" di due tipi, "elitismo colonialista" ed "elitismo nazionalista borghese". Per il primo, il nazionalismo indiano era meglio inteso come un "processo di apprendimento", in cui "l'élite nativa si coinvolse nella politica cercando di negoziare il labirinto delle istituzioni e il corrispondente complesso culturale introdotto dalle autorità coloniali"; ciò che motivava questa élite non era "un nobile idealismo [...] ma semplicemente l'aspettativa di ricompense sotto forma di ricchezza, potere e prestigio". (cfr. R. Guha, “On Some Aspects of the Historiography of Colonial India”, in Subaltern Studies I, ed. R.Guha (New Delhi, Oxford University Press, 1982, 1-7). 

 

Quando la rivolta contadina scoppiò a Naxalbari nel maggio del 1967, il Partito Comunista Cinese la accolse come "un rombo di tuono primaverile che si abbatte sulla terra dell'India". Il percorso della rivoluzione agraria immaginato da Naxalbari fu notevolmente ispirato dalla traiettoria della rivoluzione cinese. Charu Mazumdar, Naxalbari e il CPI(ML),+  fondato due anni dopo, finirono così per essere associati alla Cina, alla rivoluzione cinese e al Partito Comunista Cinese guidato da Mao Zedong. Ma per molti versi Naxalbari e il CPI(ML) spinsero il movimento comunista più in profondità nel terreno sociale e storico dell'India. Naxalbari rappresentò un passo da gigante verso quella che può essere definita “l'indianizzazione” del marxismo, ovvero l'applicazione dei princìpi rivoluzionari generali del marxismo alle condizioni e al contesto specifici dell'India.




Naxalbari non è nato da un giorno all'altro. Aveva radici inequivocabilmente profonde nella storia della militanza contadina e del movimento comunista indiano. Charu Mazumdar fu uno dei principali organizzatori dello storico movimento Tebhaga – incentrato sui diritti alla terra e ai raccolti dei contadini lavoratori – del Bengala indiviso e, insieme a molti leader comunisti di quel periodo, anche lui fu incarcerato quando il Partito Comunista fu messo al bando nel 1948. Dopo essere uscito di prigione, tornò per prendere le redini dell'agitazione Tebhaga nei distretti di Darjeeling e Jalpaiguri, nel Bengala settentrionale. Fu questa profonda e prolungata associazione con il movimento contadino militante fin dai tempi di Tebhaga che spinse Charu Mazumdar a immaginare la rivolta contadina di Naxalbari e a indirizzarla verso una più ampia rivoluzione agraria. Per lui il grande dibattito nel movimento comunista internazionale non era semplicemente una questione di schieramento, ma, cosa più importante, scuotere con un maggiore dinamismo rivoluzionario l’arena della lotta di classe in India.

Molti dei primi leader comunisti indiani provenivano da contesti aristocratici e ricevettero l'iniziazione all'idea comunista durante gli studi all'estero. Charu Mazumdar si formò in una tradizione diversa: si unì alla corrente comunista del movimento per la libertà nel Bengala indiviso e si dedicò all'organizzazione dei contadini. Quando la rivolta contadina di Naxalbari innescò una grande ondata di risveglio rivoluzionario tra gli studenti, Charu Mazumdar si affrettò a invitarli a recarsi nei villaggi e a integrarsi con i poveri senza terra. Stava di fatto ripercorrendo lo stesso percorso che lui stesso aveva percorso durante la sua giovinezza. Questo era anche l'appello di Bhagat Singh + + ai giovani: raggiungere i lavoratori e gli oppressi dell'India.

Sulla scia di Naxalbari, i rivoluzionari comunisti di tutta l'India sentirono l'urgenza di coordinarsi su scala panindiana e, successivamente, di formare un nuovo partito comunista. Nel lanciare questo nuovo partito, Charu Mazumdar ne sottolineò con enfasi l'eredità rivoluzionaria. Vedeva il nuovo partito come la corrente rivoluzionaria del movimento comunista indiano che avrebbe portato avanti l'eredità delle rivolte Kayyur e Punnapra-Vayalar del Kerala, del grande movimento del Telangana dell'Andhra e dello storico risveglio Tebhaga del Bengala indiviso. Naxalbari e il CPI(ML) ispirarono anche una nuova e più profonda lettura della resistenza anticoloniale indiana, portando alla ribalta la storia delle rivolte degli Adivasi, che pulsavano dell'inconfondibile desiderio di libertà dal dominio straniero e segnarono l'inizio di un grande risveglio popolare nell'India coloniale.

Durante la fase tempestosa di Naxalbari e delle sue immediate conseguenze, Charu Mazumdar e la generazione fondatrice del movimento comunista rivoluzionario ispirato da Naxalbari si concentrarono soprattutto sul progresso della guerriglia contadina. Di conseguenza, le elezioni furono boicottate e le modalità quotidiane di organizzazione di massa e di lotta economica passarono in secondo piano. Per Charu Mazumdar, questa fu in gran parte una risposta specifica e urgente a una situazione straordinaria, e non una nuova strategia per tutti i tempi a venire. Prima di Naxalbari, Charu Mazumdar non aveva mai ignorato la necessità di organizzazioni e lotte di massa e lui stesso si era candidato alle elezioni suppletive dell'Assemblea a Siliguri come candidato del CPI(M).

Di fronte alla dura repressione militare scatenata dallo stato indiano e al drammatico cambiamento della situazione politica, con Indira Gandhi che consolidava la sua posizione dopo la vittoria dell'India nella guerra del 1971 e il sostegno popolare generato dal suo slogan "Garibi Hatao" e da misure come la nazionalizzazione delle banche e l'abolizione del "privy purse", Charu Mazumdar, nei suoi ultimi scritti, sottolineò la necessità di superare la battuta d'arresto. Mantenere vivo il partito forgiando stretti legami con le masse, sostenere gli interessi del popolo come interessi supremi del partito e ricercare l'unità con l'ampia gamma di forze di sinistra e di lotta contro l'assalto autocratico del governo di Indira al centro e del regime di SS Ray nel Bengala Occidentale: queste furono le ultime parole di Charu Mazumdar ai suoi compagni.

Fu quest'ultimo appello di Charu Mazumdar a ispirare il raggruppamento dei comunisti rivoluzionari nell'arena della lotta. Cavalcando l'energia, l'intensità e il coraggio inesauribili della rivolta dei poveri rurali oppressi del Bihar, il comitato centrale del partito fu riorganizzato nel secondo anniversario del martirio del compagno Charu Mazumdar. L'ispirazione e gli insegnamenti tratti dall'intera traiettoria della rivolta di Naxalbari e dal percorso politico del compagno Charu Mazumdar permisero al CPI(ML) riorganizzato non solo di resistere alla repressione e alla battuta d'arresto dell'era dell'”emergenza”, ma anche di guidare una decisa rinascita ed espansione del partito, dando vita a un'ampia gamma di iniziative e lotte democratiche. (..)

Imparando dal compagno Charu Mazumdar, ancora una volta dobbiamo scavare a fondo nelle nostre risorse storiche accumulate e liberare l'iniziativa rivoluzionaria e l'immaginazione del popolo per sventare il disegno fascista e inaugurare una nuova era di rinascita democratica.

[traduzione da “Charu Mazumdar and the Glorious Legacy of India's Communist Movement”, ML Update : Vol. 25, No. 31 (26 July - 1 Aug 2022), The Communist Party of India (Marxist-Leninist) Liberation] 




- Il Partito Comunista dell'India (Marxista-Leninista) di Liberazione è un partito comunista indiano nato dal fermento della rivolta di Naxalbari del maggio 1967. La rivolta di Naxalbari pose saldamente le fasce più oppresse del popolo indiano sulla mappa della politica indiana e al centro della rivoluzione indiana, stabilendo così una continuità con gli storici movimenti contadini guidati dai comunisti di Punnapra-Wayalar e Telangana. Il partito fu fondato il 22 aprile 1969, anniversario della nascita di Lenin, impegnandosi ad applicare il marxismo-leninismo alle condizioni indiane.

 [ https://cpiml.net/About-Us ]

 + Partito Comunista Indiano (marxista leninista) / nel 1972, a seguito della morte dello storico leader Charu Majumdar, si verificò un dibattito fra i sostenitori della linea di Vinod Mishra (che sostenevano la linea di Majumdar pur criticandone gli eccessi estremisti) e di Mahadev Mukherjee (avversario di Majumdar e sostenitore di Lin Biao).

Infine, Mukherjee fondò un "Secondo Comitato Centrale" del PCI(ml), mentre il PCI(ml) originario rimase fedele con Vinod Mishra e si raggruppò intorno al periodico Liberation (da qui il nome che assunse successivamente di Partito Comunista d'India (Marxista-Leninista) Liberazione (abbreviato in PCI-ML-L).

Il primo Comitato Centrale del nuovo Partito si tenne nel 1973 e indicò come compiti prioritari: "a) preservare l'essenza della linea rivoluzionaria del compagno Charu Majumdar, b) unire il Partito su questa base, 3) unire i rivoluzionari dell'India". [sito web PCI (ml) Liberation su cpiml.org]

++ Bhagat Singh è stato un rivoluzionario indiano  - Nascita: 28 settembre 1907, Banga, Pakistan Morte: 23 marzo 1931, carcere di Lahore Central Jail, Lahore, Pakistan / Rivoluzionario influenzato da idee anarchiche e comuniste, è considerato un eroe della lotta anticoloniale indiana contro la dominazione inglese.





Il CPIML è un partito di massa, con una linea di massa, non un piccolo raggruppamento testimoniale. Il marxismo- leninismo è principalmente l’elaborazione del pensiero di Mao Zedong, nella memoria del movimento di Naxalbari del 1967 e del suo principale esponente torturato e assassinato il 28 luglio del 1972 nel carcere di Calcutta, Charu Majumdar, principale promotore dell’insorgenza contadina dei naxaliti. Il partito è stato guidato, dopo la morte di Majumdar, da Vinod Mishra (1947-1998), che ha elaborato una prassi e linea rivoluzionaria nella transizione da gruppo insurrezionale a partito politico organizzato su basi di massa. Liberation è l’organo di informazione del CPIML. 



Dipankar Bhattacharya è l'attuale segretario generale del Partito Comunista d'India (marxista-leninista) Liberazione. 64 anni, Bhattacharya succedette a Vinod Mishra come segretario generale nazionale del partito nel 1998. In precedenza era stato segretario dell'Indian People's Front e dell'All India Central Council of Trade Unions.

 

a cura di Ferdinando Dubla


vedi anche in questo blog: 


OCCIDENTALISMO POSTCOLONIALISMO MAOISMO nei SUBALTERN STUDIES GROUP

 

PER UNA STORIA del collettivo SUBALTERN STUDIES


 

Non solo il movimento naxalita, ma anche la rivolta dei santal (giugno-novembre 1855) fu oggetto di studio e analisi di Ranajit Guha, cfr.

RANAJIT GUHA E LE TRACCE DELLO STORICO INTEGRALE

(da Dipesh Chakrabarty)

 

 

 

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martedì 6 maggio 2025

OCCIDENTALISMO POSTCOLONIALISMO MAOISMO nei SUBALTERN STUDIES GROUP

 


Terzo Mondo. ‘Neanche il Terzo Mondo’, ‘È proprio da Terzo Mondo’. ‘Roba da Terzo Mondo’. Una tale classificazione, che si è diramata nel senso comune occidentalista, gerarchizza ideologicamente coloro che credono di essere la storia da coloro che sono considerati meri oggetti di essa. Gli studi subalterni, non riconoscendo il discorso gerarchico, ne destrutturano la logica, ne svelano la mistificazione. La coppia che parametra l’unico mondo è quella sviluppo/sottosviluppo. Ma il parametro è il sistema capitalista. Per estendersi a dismisura il sistema ha necessità di politica: quella imperialista. L’imperialismo è colonialismo su larga scala, esterno ma anche interno ai singoli Stati-nazione. Ed ecco perchè i Subaltern studies incontrano gli studi postcoloniali: non perchè sia terminato il colonialismo (interno/esterno) ma perchè il sistema [imperialista-capitalista-liberista-neoliberista, ogni categoria analitica ne contiene un’altra] produce la subalternità e la rende funzionale al proprio dominio. / fe.d.

cfr. PER UN DIBATTITO CRITICO SUI SUBALTERN STUDIES E POSTCOLONIAL STUDIES, http://ferdinandodubla.blogspot.com/2023/06/per-un-dibattito-critico-sui-subaltern.html

Anche il pensiero deve essere decolonizzato

La gerarchizzazione del dominio capitalista passa per il senso comune ai più larghi settori sociali: diventa così un a-priori logico che si funzionalizza al sistema.

consapevolezza che il progetto di «recuperare» il subalterno come soggetto agente vero e proprio era destinato a fallire, dal momento che, per definizione, il concetto di subalternità implica una posizione «di minorità» che non può essere annullata in modo retroattivo. Si comprese dunque che il progetto di scrivere la storia dei subalterni era destinato a non raggiungere mai i suoi obiettivi.

G.Prakash, The Impossibility of Subaltern History, in «Nepantla: Views from South», 1, 2000, p. 287.

Ma è proprio la ragione per la quale il potere euristico critico marxista è necessario. Gli studi post/ possono integrare questo potere con uno sguardo che metta in evidenza quale degli assetti dominanti debba essere de-mistificato nella gerarchizzazione dei saperi. L’emergenza ecologica e la diffusa coscienza di massa di un riequilibrio tra la produzione/produttività degli esseri umani con il loro stesso ambiente esterno, mette in crisi oggettiva il mito dello sviluppo e la teleologia del progresso, che nutre il capitalismo delle presunte fasi ‘espansive’, soggetto alla caduta tendenziale del saggio di profitto su larga scala. Il fondatore dei Subaltern studies, Ranajit Guha, allarga, per il tramite di Gramsci, il campo non solo semantico, ma politico, da “proletariato” a “gruppi subalterni”, cioè tutti i gruppi subordinati per ragioni storiche, di classe e frazioni di classe, genere, cultura, lingua, religione. Allarga, non restringe, svela l’estensione del condizionamento ai livelli sovrastrutturali, richiede indagine sociale e, dunque, chiede un’individuazione più larga delle forze motrici di un processo rivoluzionario, sovrastrutturalmente decondizionato e decolonizzato nella contesa egemonica. Per un nuovo ‘paradigma di civiltà’.

“Secondo Grasmci, in estrema sintesi, i gruppi subalterni interagiscono con le formazioni politiche dominanti in modo da influenzarne le decisioni e tale processo genera delle trasformazioni in entrambe le soggettività, subalterna e dominante. Ma è proprio nella dialettica con il potere che la stessa identità subalterna, altrimenti «frammentaria per definizione» si costituisce come soggetto collettivo”.

Gennaro Ascione, «Indiani d'America»: studi postcoloniali, in Storica, Anno XII, 2006, nr.34, Viella, formato digitale, pos. 491.

http://ferdinandodubla.blogspot.com/2023/09/decolonizzare-il-sapere-subaltern.html

http://ferdinandodubla.blogspot.com/2024/09/il-pensiero-decoloniale-e-la-categoria.html

 

L’influenza “doppia e sincopata” del maoismo sull’Indian Subaltern Studies Group



repertorio naxalita

 

Il progetto degli Studi Subalterni, e la teoria postcoloniale più in generale, sono stati resi possibili e in modo significativo formati dall'ascesa maoista in alcune parti dell'India tra la fine degli anni '60 e l'inizio degli anni '70. Le critiche alla modernità, al nazionalismo e allo Stato-nazione, e alle narrazioni omogeneizzanti del progresso che caratterizzano queste correnti intellettuali, lungi dall'essere riflessi della loro dissociazione dalla politica radicale, sono il risultato indiretto di un profondo cambiamento culturale e intellettuale, conseguenza del movimento naxalita di questo periodo. Questa genealogia alternativa deve procedere attraverso una lettura altrettanto alternativa del movimento naxalita. Ci si interroga sul perché questo movimento sia stato così importante, data la sua teorizzazione politica semplificata e i suoi successi militari di breve durata. La strategia naxalita di "annientare" i proprietari terrieri feudali e la campagna di "distruzione delle statue" condotta dai giovani naxaliti nel 1970 – comunemente considerata e condannata come infantile e di estrema sinistra – possono essere interpretate invece come uno sviluppo critico della teoria marxista, uno sviluppo che ha poi trovato un'esposizione più esplicita ed elaborata negli scritti del gruppo Subaltern Studies e nelle teorie cosiddette ‘postcoloniali’.

Abstract Seth, S. (2006). From Maoism to postcolonialism? The Indian ‘Sixties’, and beyond. Inter-Asia Cultural Studies, 7(4), 589–605. - tr. Ferdinando Dubla

 

[C’è un] valore tattico di determinate scelte di ordine metodologico ed epistemologico in relazione ai diversi contesti di spendibilità accademica del discorso intellettuale prodotto dal collettivo indiano, o meglio, in relazione a quel nucleo condiviso di tesi e approcci che accomuna gli studiosi coinvolti nel progetto. Abbiamo sottolineato, a sostegno di questa tesi, tre passaggi chiave: il momento della genesi del gruppo, nel 1980, che, nel contesto politico e accademico indiano, si caratterizza dal punto di vista intellettuale come una negazione delle precedenti «storie dal basso» prodotte in India sulle rivolte contadine e con un riferimento esplicito alla storiografia marxista britannica ispirata dalle opere di E.P.Thompson; il momento dell'internazionalizzazione del collettivo e della contemporanea ascesa di diversi suoi membri all'interno delle principali strutture di produzione del sapere anglo-americane a metà degli anni ottanta, in cui assume un valore decisivo la svolta decostruzionista e l'abbandono esplicito della prospettiva storiografica della History from below inglese; la fase della piena riconoscibilità accademica internazionale dell'Indian Subaltern Studies Group come versante storiografico del più ampio progetto Postcolonial Studies, che corrisponde alla rivendicazione, per il termine «subalternità» come costruzione concettuale, della capacità di includere tutte le soggettività che hanno subito il colonialismo come processo storico. La seconda tesi, funzionale all'elaborazione della prima, consiste nella influenza doppia e sincopata del maoismo sul lavoro del collettivo indiano. Una prima dimensione in cui abbiamo rintracciato questa influenza è la collocazione politica del gruppo, definita dal carattere radicale e antagonista dei suoi membri nel contesto nazionale indiano: l'interesse per le masse contadine, l'attenzione posta sul ruolo dei contadini nel processo di costruzione della nazione indiana derivano dall'esperienza di mobilitazione politica del collettivo, sebbene riorganizzata in termini gramsciani lungo l'asse concettuale egemonico/subalterno. Una seconda dimensione in cui abbiamo rintracciato l'influenza, sebbene indiretta, del maoismo come teoria sociale, è il ruolo determinante attribuito alla sfera culturale come ambito relativamente autonomo delle pratiche dei subalterni. Ma soprattutto, il fatto che tale influenza giunga filtrata attraverso una serie di dibattiti interni all'accademia occidentale dimostra come, per quanto il riferimento alla storia indiana costituisca un elemento essenziale nell'autodefinizione dell'Indian Subaltern Studies Group, sia il contesto accademico internazionale occidentale il quadro di riferimento rispetto al quale gli studiosi subalterni hanno adottato strategie e preso posizione. Chiaramente ambedue queste influenze vanno inscritte nel quadro di più ampi e complessi processi di interazione culturale con altri dibattiti ai quali la vicenda intellettuale dell'Indian Subaltern Studies Group è collegata. Eppure, l'enfasi posta sul maoismo, sulle modalità e sui tempi della sua relazione con il versante storiografico della critica postcoloniale ci offre una ulteriore e differente chiave interpretativa sui processi intellettuali e di collocazione accademica attraverso cui il collettivo di studiosi indiani, nato negli anni ottanta, è riuscito a definire uno spazio di produzione intellettuale riconoscibile e rilevante, fino a divenire un punto di riferimento, e dunque un'etichetta, nel panorama accademico mondiale.

Gennaro Ascione, cit. pos. 678-696

 

IL ‘CORRIDOIO ROSSO’



repertorio naxalita

 

I maoisti del Communist Party of India (CPI) sono noti anche col nome di Naxaliti, termine che deriva dal villaggio di Naxalbari situato nel Bengala Occidentale, in cui nel 1967 divampò una violenta rivolta contadina. per opporsi allo sfruttamento subito da parte dei proprietari terrieri e delle autorità, e per liberarsi dal giogo del sistema feudale esistente, eredità del modello coloniale inglese, diffuso ancora oggi nell’India rurale. 150 contadini armati di archi e frecce, attaccarono i latifondisti e presero possesso delle fattorie e dei campi per alcuni mesi prima di deporre le armi di fronte alla violenta risposta dell’esercito regolare indiano.  Una rivolta dallo scarso valore pratico ma che è rimasta simbolicamente impressa nella mitologia di quelle migliaia di diseredati che affollano le campagne e le metropoli dell’India. Pochi anni dopo infatti un attivista comunista, Charu Majumdar, diede vita al Comitato di Coordinamento dei Comunisti di tutta l’India (AICCCR). Di ispirazione dichiaratamente maoista, l’intento di Majumdar era quello di dare vita ad una sollevazione in tutto il Paese a partire dalle campagne. Coscienti della complessità del territorio indiano i maoisti si appoggiarono spesso a realtà tribali pre induiste (gli adivasi) e agli “intoccabili” dalit che già da tempo contestavano apertamente il sistema castale hindu. In breve tempo il movimento cominciò a sfaldarsi, dilaniato da lotte intestine tra i filo-sovietici e i filo-cinesi, ma questa spaccatura non impedirà a numerosi giovani di intraprendere la via della lotta armata. Negli anni 70’ le università di Calcutta vennero contagiate dal fascino dei discorsi di Majumdar e moltissimi studenti entrarono così in clandestinità, fuggendo dalle grandi città industriali per nascondersi nelle foreste e nelle campagne. Qui i rivoluzionari sostituirono il governo ufficiale, organizzando un sistema di gestione del territorio, di giustizia e di riscossione dei tributi che in alcune regioni vige anche oggi. Andra Pradesh, Chhattisgarh, West Bengala, Bihar, fino all’Orissa e al Karnataka: tutti stati che furono e sono fino ad oggi teatro delle operazioni Naxalite. Il cosiddetto “corridoio rosso”. Tra la fine degli anni sessanta  e l’inizio degli anni settanta l’India intera fu scossa da un’ondata di attentati e omicidi contro poliziotti, avversari politici e latifondisti. La risposta del governo indiano fu dura e violenta, nel 1971 Indira Ghandi ordinò un rastrellamento di tutti gli stati interessati dalla guerriglia maoista decimando il movimento. Lo stesso Majumdar fu arrestato nel 1972. Morì in carcere qualche giorno dopo, stremato dalle violenze e dalle torture.

biblio: consultato Piero Pagliani, Naxalbari-India - L'insurrezione nella futura "terza potenza mondiale", Mimesis, 2007

a cura di Ferdinando Dubla



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cfr. anche in questo blog

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