Subaltern studies Italia

L’analisi e la classe - a cura di Ferdinando Dubla

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venerdì 25 luglio 2025

MA NON E' UN PRANZO DI GALA - Gramsci e Mao sul concetto di rivoluzione

 

 [in collaborazione ChatGPT]




Ricostruire una sinistra rivoluzionaria in Italia e in occidente, in cui i comunisti fungano da avanguardia cosciente della classe, sembra compito arduo se non una utopia. Eppure è il compito storico (e militante) da assolvere per la trasformazione radicale del sistema capitalista, inevitabilmente legato all’imperialismo e al colonialismo in questa fase. E alla guerra, al genocidio dei popoli, al terrorismo di Stato e al nazionalismo di Stato. L’”analisi di fase” decide anche i modi e le forme del rivolgimento rivoluzionario. L’importanza della ricerca indipendente è essere legata solo ai propri fini, nè a mode culturali, nè ad equilibrismi accademici. È l’intellettuale collettivo degli studi subalterni, che ha come punti di riferimento due ’filosofi della prassi rivoluzionaria’, Mao, e in particolare la guida del processo rivoluzionario in Cina (1921-1949) e Antonio Gramsci, in particolare la sua esperienza soviettista all’”Ordine Nuovo” e la straordinaria officina degli strumenti analitici per la rivoluzione in Occidente che è i “Quaderni dal carcere”.

 

La complessità della rivoluzione, delle sue varie fasi, presuppone una critica a qualsiasi visione idealizzata o edulcorata del cambiamento politico. Riflette un approccio insieme filosofico e pragmatico, ideale e realistico, che riconosce le asperità del portare avanti un cambiamento radicale nella società. / cfr. Antonio Gramsci §Quaderno 7 §13 dei “Quaderni dal carcere”; la definizione di rivoluzione dal “Libretto rosso“ di Mao compare all'inizio del film di Sergio Leone “Giù la testa”, appena prima dei titoli iniziali.

 

Citazioni

Mi pare che Ilici aveva compreso che occorreva un mutamento dalla guerra manovrata, applicata vittoriosamente in Oriente nel 17, alla guerra di posizione che era la sola possibile in Occidente, dove, come osserva Krasnov4, in breve spazio gli eserciti potevano accumulare sterminate quantità di munizioni, dove i quadri sociali erano di per sé ancora capaci di diventare trincee munitissime. Questo mi pare significare la formula del «fronte unico»5 che corrisponde alla concezione di un solo fronte dell’Intesa sotto il comando unico di Foch. Solo che Ilici non ebbe il tempo di approfondire la sua formula, pur tenendo conto che egli poteva approfondirla solo teoricamente, mentre il compito fondamentale era nazionale, cioè domandava una ricognizione del terreno e una fissazione degli elementi di trincea e di fortezza rappresentati dagli elementi di società civile ecc. In Oriente lo Stato era tutto, la società civile era primordiale e gelatinosa; nell’Occidente tra Stato e società civile c’era un giusto rapporto e nel tremolio dello Stato si scorgeva subito una robusta | struttura della società civile. Lo Stato era solo una trincea avanzata, dietro cui stava una robusta catena di fortezze e di casematte; piú o meno, da Stato a Stato, si capisce, ma questo appunto domandava un’accurata ricognizione di carattere nazionale. Antonio Gramsci, Q.7  (1930-1931), § 16. Guerra di posizione e guerra manovrata o frontale, Quaderni dal carcere, ed. Einaudi, 1975, pp. 1249-1250.

La rivoluzione non è un invito a pranzo, né è scrivere un saggio, fare un quadro o un ricamo: non può essere così fine, così delicata, compìta, gentile, buona, rispettosa, temperata e magnanima. La rivoluzione è una insurrezione, è un atto di violenza con il quale una classe ne rovescia un’altra. Mao Ze Dong, da Libretto rosso, cit. da e.book, a cura di Paolo Mallizi, Fermento, 2016, pos.369.

 

Il partito rivoluzionario è la guida delle masse: se il partito rivoluzionario non le porta sulla strada sbagliata in una rivoluzione, questa non subisce sconfitte. Se nella nostra rivoluzione vogliamo garantirci che non si vada sulla strada sbagliata e che il successo sia certo, allora dobbiamo fare attenzione ad unirci con i nostri veri amici allo scopo di attaccare i nostri veri nemici. Se vogliamo distinguere i veri amici dai veri nemici, dobbiamo fare una analisi generale della situazione economica delle varie classi della società cinese e del loro atteggiamento nei confronti della rivoluzione. [Mao, cit. pos. 381]

 

Se si vuole il collegamento con le masse si deve essere in accordo con le esigenze e le aspirazioni delle masse. Tutto il lavoro per le masse deve scaturire dalle loro esigenze e non dalle speranze di un individuo, per quante buone doti egli abbia. Molte volte, sebbene obiettivamente le masse abbiano l’esigenza di alcune trasformazioni, soggettivamente non ne sono ancora coscienti, non sono ancora decise, non vogliono ancora realizzare cambiamenti: noi dobbiamo allora pazientemente aspettare; quando attraverso il nostro lavoro la maggioranza delle masse ha acquistato coscienza, è decisa, lo vuole, allora si dovranno realizzare questi cambiamenti. In caso contrario ci separeremo dalle masse. Ogni lavoro per il quale è necessaria la partecipazione delle masse, se non c’è la coscienza e la volontà delle masse, scivolerà nel formalismo e fallirà. Qui ci sono due princìpi: uno è costituito dalle reali esigenze delle masse e non da quelle scaturite dalle fantasticherie della nostra mente; l’altro l’altro dalle aspirazioni delle masse, quello che loro stesse hanno deciso e non quello che abbiamo deciso noi per loro. [Mao, cit. pos. 448].

 

 

### Rivoluzione di lunga durata (Maoismo)

 

La “rivoluzione di lunga durata” è un concetto chiave del pensiero di Mao Zedong, leader del Partito Comunista Cinese. Mao credeva che la rivoluzione comunista in Cina dovesse essere un processo prolungato e graduale, adattandosi alle condizioni specifiche del paese. A differenza delle rivoluzioni rapide che avevano avuto luogo in contesti più industrializzati (come quella russa del 1917), Mao riteneva necessario un processo di lungo termine, che coinvolgesse ampie masse contadine e che si concentrasse inizialmente nelle aree rurali per poi estendersi alle città. Questo approccio prevedeva stadi successivi di costruzione del potere e di trasformazione economico-sociale, enfatizzando una strategia di accerchiamento delle città tramite le campagne.

 

### Guerra di posizione (Antonio Gramsci)

 

La "guerra di posizione" è un concetto introdotto da Antonio Gramsci, filosofo marxista italiano, nel suo lavoro sui “Quaderni del carcere”. Gramsci utilizzava questa metafora militare per descrivere un tipo di lotta politica che differisce dalla "guerra di movimento", quest'ultima più simile a una rapida insurrezione o un'azione rivoluzionaria diretta e breve. La guerra di posizione, invece, implica una lenta e graduale costruzione dell'egemonia culturale e ideologica nelle società capitaliste avanzate. Secondo Gramsci, prima di poter realizzare una rivoluzione socialista, è necessario guadagnare terreno all'interno delle istituzioni culturali, educative e politiche della società per consolidare l'egemonia del proletariato.

 

### Comparazione tra i due concetti

 

1. Tempo e Strategie Prolungate: Entrambi i concetti condividono l’idea che la trasformazione rivoluzionaria non sia un evento isolato e rapido, ma un prolungato processo strategico. Mentre Mao focalizza la sua attenzione sulle condizioni rurali e sulla necessità di un supporto ampio e radicato nelle campagne, Gramsci sottolinea l’importanza di stabilire un’egemonia duratura nelle strutture culturali e ideologiche.

 

2. Radicamento Locale e Progressivo: Sia Mao che Gramsci riconoscono l'importanza di adattare le strategie rivoluzionarie alle condizioni locali. Mao si concentra sulle realtà rurali della Cina, mentre Gramsci si riferisce alle società industrializzate occidentali. Tuttavia, entrambi enfatizzano la necessità di un radicamento progressivo delle idee e del potere nelle rispettive situazioni.

 

3. Cambiamento Sociale e Ideologico: Entrambi i concetti vedono la trasformazione sociale come qualcosa che deve integrarsi profondamente nella vita quotidiana delle persone. Per Mao, è questione di costruire il socialismo attraverso fasi e sviluppo sostenibile dal basso. Per Gramsci, si tratta di guadagnare consenso ideologico e culturale attraverso istituzioni che riflettono e sostenere i valori proletari.

 

In sintesi, pur essendo emersi in contesti storici e geografici diversi, la rivoluzione di lunga durata di Mao e la guerra di posizione di Gramsci illustrano strategie di trasformazione sociale basate sulla durata, il radicamento e l'integrazione progressiva dell'ideologia rivoluzionaria nella vita quotidiana e nelle strutture societarie. Entrambi cercano una stabilità e un consolidamento del potere non attraverso azioni immediate, ma tramite processi lenti e profondamente intrecciati con le rispettive strutture sociali e culturali. [ChatGPT]

 

MA NON È UN PRANZO DI GALA

 

La frase "La rivoluzione non è un pranzo di gala" di Mao Tse Tung è una delle citazioni più famose associate a lui e offre una visione del suo approccio alla rivoluzione e al cambiamento politico. Questa espressione mette in evidenza la natura complessa, difficile e spesso violenta dei processi rivoluzionari. Vediamo più nel dettaglio cosa implica questa affermazione:

 

1. Contrapposizione alla Normalità: La metafora del "pranzo di gala" evoca un'immagine di ordine, raffinatezza e semplicità, un evento dove tutto è progettato per essere piacevole e confortevole. Mao usa questa immagine per sottolineare che la rivoluzione è, al contrario, tumultuosa e disordinata.

 

2. Difficoltà e Sforzo: La rivoluzione richiede un grande impegno e sforzo. Non è un processo facile o senza ostacoli, ma piuttosto richiede sacrifici significativi, determinazione e spesso coraggio di fronte a resistenze e avversità.

 

3. Violenza e Conflitto: Mao non si sottrae alla realtà che i cambiamenti rivoluzionari possono spesso essere violenti. La rivoluzione implica un sovvertimento dei poteri esistenti e può portare a conflitti sanguinosi e lotte aggressive tra classi sociali o forze opposte.

 

4. Imprevedibilità: Come un pranzo ben organizzato è prevedibile e segue un ordine prestabilito, la rivoluzione è imprevedibile e caotica. Gli eventi rivoluzionari possono prendere direzioni inaspettate, richiedendo ai partecipanti di adattarsi rapidamente a nuove circostanze.

 

5. Necessità di Azione Decisa: Mao sottolinea la necessità di un'azione risoluta e decisa per portare avanti una rivoluzione. Non ci si può permettere incertezze o tentennamenti, altrimenti l'opportunità di cambiamento potrebbe andare perduta.

 

In sintesi, l'affermazione di Mao mette in luce la complessità e la serietà della rivoluzione, criticando qualsiasi visione idealizzata o edulcorata del cambiamento politico. Riflette un approccio pragmatico e realistico che riconosce le dure realtà del portare avanti un cambiamento radicale nella società.


Mao e Gramsci - img generata AI [ChatGPT]


Mao e Gramsci hanno anche il pregio di unire Oriente ed Occidente. La nostra ricerca, come quella della rivista Lavoro Politico del 1967, è indipendente, non dogmatica, per questo non accademica, accademia che considera politicamente impropria ogni comparazione. Naturalmente la rivoluzione bisogna organizzarla, farla, non solo pensarla. Per questo l’accademia non può essere rivoluzionaria. La rivoluzione è comunque sempre una ‘rottura’ ma dunque un processo dialettico costituito da fasi, contesti, posizioni, coscienza di classe. E sempre, non è ‘un pranzo di gala’.

a cura di Ferdinando Dubla

 

In questo blog vedi anche

SUBALTERN IA [ChatGPT] - CATEGORIE MAOISTE

la "lunga durata" e la duplice natura della tigre imperialista

 

TORNIAMO A GRAMSCI. E AL SOGGETTO POLITICO. RIVOLUZIONARIO.

 

Gli studi subalterni permettono un’estensione delle categorie concettuali con cui si pensa, per agire politicamente, il presente storico, nè la loro reductio nè il loro dissolvimento.

Il proletariato viene esteso ai gruppi subalterni e, da astrazione di classe presupposta, diventa reale motore della lotta delle classi, perchè inserito nella contesa egemonica. Che è il vero grimaldello che Gramsci offre nel Quaderno 25 - “Ai margini della storia-Storia dei gruppi sociali subalterni“  / Il passaggio dalla subalternità all’egemonia è dato però dall’autonomia, che è politica ma anche culturale. Che fa scaturire la “soggettivazione”, il soggetto storico agente nella prassi. Gramsci non è un filosofo “innocuo”, depotenziato della sua carica eversiva, genericamente nazional-popolare. Gramsci è un pensatore e uomo politico d’azione, marxista e rivoluzionario. / fe.d. 


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