mercoledì 2 agosto 2017
La "Trudovaja skola" e il "comunismo di guerra"
Uno dei pedagogisti e storici
della pedagogia più importanti del nostro paese è un allievo di Giovanni
Gentile, Luigi Volpicelli (1900/1983). Fratello del più
celebre Arnaldo, sostenitore e fanatico del corporativismo, passò indenne la
transizione dal regime fascista alla democrazia costituzionale, conservando la
cattedra di Pedagogia alla facoltà di Magistero a Roma fino al 1970,
soprattutto perché stimato dai cattolici democristiani ma con estimatori anche
nella cultura laica e di sinistra per il metodo e
il rigore documentario. Il suo sogno (impossibile) era rendere
"pragmatico" l'idealismo dell'"atto" educativo di Gentile
in una cornice che nel dopoguerra post-fascista si voleva presentare come
democratica e piena di valori sociali ed etici, un nuovo umanesimo che si
distanziasse dall’esperienza del regime. Paradossalmente, Volpicelli trovava
una parte dei suoi ideali nella scuola sovietica, quella
rivoluzionaria-sperimentale (1917/1924) e quella dell'edificazione del
socialismo (1924/1936). Fu autore di un testo basilare, al netto di
considerazioni e interpretazioni non condivisibili, scritto nel 1949 e
pubblicato nel 1950 (con tre edizioni), La
storia della scuola sovietica, per i tipi de La scuola ed., dove, tra le
righe, forte ed evidente era l'ammirazione sua per la straordinaria intrapresa
del partito comunista nel campo del sapere e della conoscenza, dell'istruzione
popolare e professionale, modello di riferimento per la pedagogia mondiale,
soprattutto per merito della leninista N.K.Krupskaja e dell'educazione al
collettivo di Makarenko.
Riportiamo la prima pagina del testo, dove Volpicelli
rende omaggio alla Kruspkaja, la moglie di Lenin, pedagogista e rivoluzionaria.
(fe.d.)
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I fondamenti della prima riforma
bolscevica della scuola risultano in gran parte anticipati dalle idee che
Nadezda Kostantinovna Krupskaja aveva espresso tra il 1911 e il 1917 sulle
pagine dell’ Educazione libera, rivista pedagogica di estrema avanguardia. Nel
1915, ella aveva anche raccolto e sistemato il proprio pensiero in un’operetta
dal titolo Narodnoie Obrazovanie i
Democratia (L’educazione democratica e popolare); la quale, pubblicata in
quel turbinoso 1917, apparve come il testo più ovvio della nuova pedagogia, sia
per la posizione dell’autrice, “la prima signora del Grande Impero Russo,
secondo le idee e la fraseologia borghese” scriveva la Zetkin, sia perché il problema della educazione e dell’istruzione
popolare aveva costituito da così lungo tempo la “sua sfera di attività
personale, a cui si era dedicata con tutta l’anima” sia, infine, perché assunto
un importante posto di lavoro e di comando nel Narcompros (Commissario del
Popolo per l’illuminazione popolare+), la Krupskaja partecipò attivamente alla
redazione delle leggi rivoluzionarie, e poi dei programmi (nota 1)
+( illuminazione popolare trad.
per istruzione popolare, ndr)
Nota 1
Al “viso gentile”, gli “occhi
caldi e amichevoli”, l’aspetto modesto, di una semplicità “quasi puritana”, i
capelli pettinati lisci, all’indietro e fermati sulla nuca con un nodo “poco
galante”, la si sarebbe presa, la Krupskaja, per una “massaia affaccendata”,
cui “sola preoccupazione sia di non perder tempo”. Oltre che moglie di Lenin,
invece, ella era la sua “mano destra”, “la
prima e migliore segretaria” sua, “la più convinta compagna di pensiero, la più
esperta interprete” delle sue vedute; “instancabile” nell’acquistargli “con
forza e con saggezza amici e simpatizzanti”. Sarebbe stato “ridicolo” ed “offensivo”,
però, immaginarla “come un alter ego
di Lenin”: se aveva lottato con lui e per lui durante tutta la vita “anche
quando l’esilio e le più amare persecuzioni li avevano divisi”, ella aveva
conservato sempre una “sua sfera d’attività personale, a cui si era dedicata
con tutta l’anima”: il problema, appunto, “dell’educazione e dell’istruzione
popolare”. Così nelle Note su Lenin
(trad.ital. E-GI-TI, Milano, s.d., p.49), scritte nel 1925 da CLARA ZETKIN.
da Luigi Volpicelli, Storia della scuola sovietica, La scuola
ed., Brescia, 1950 (3^ed.1953, pag.7)
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