Subaltern studies Italia

L’analisi e la classe - a cura di Ferdinando Dubla

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lunedì 10 febbraio 2025

CLASS WRITING

 



“Ma i fatti che hanno maturato vengono a sfociare; ma la tela tessuta nell’ombra arriva a compimento: e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto, del quale rimangono vittima tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente.“, da Antonio Gramsci, Odio gli indifferenti, Chiarelettere, Milano, 2011

 

Il ruolo di avanguardia di classe si conquista sul campo, non è un a-priori. La testimonianza diretta e memorialistica di Dario Salvetti, la lettura del suo prezioso testo, consente anche di interrogarci sulla necessità unitaria dell’avanguardia politica di una sinistra antagonista al sistema che sappia rendere centrale la lotta delle classi subalterne, la loro riunificazione per la trasformazione sociale contro gli assetti capitalisti dell’egemonia del capitale finanziario e contro l’imperialismo delle guerre contro i popoli.

 

AVANGUARDIA DI CLASSE, AVANGUARDIA OPERAIA

“la prepotenza di un capitalismo sempre più selvaggio e allergico a qualsiasi regola, persino autoimposta; le conseguenze sulla vita delle persone, anche in termini di salute; il modo stesso di intendere il lavoro, mattone fondativo del Paese, secondo la Costituzione, ma nella realtà sempre più lontano da come viene definito ampiamente in quelle pagine, tanto celebrate quanto disattese. «La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, una attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società» recita l’articolo 4, gettato a mare anche più di altri.”,  



Dario Salvetti, operaio metalmeccanico e delegato sindacale Fiom, parte del Collettivo di fabbrica della ex Gkn di Campi Bisenzio (Firenze). Autore, con Gea Scancarello, di “Questo lavoro non è vita - La lotta di classe nel XXI secolo -Il caso GKN“, Fuori Scena, 2024. *

* Tutti i proventi dell’autore Dario Salvetti andranno alla Cassa di

Mutuo soccorso del Collettivo di fabbrica della ex Gkn e della Soms Insorgiamo (Aps Società operaia Mutuo soccorso Insorgiamo).

 

CLASS WRITING

 

Raccontare la storia della lotta degli ex Gkn, dei suoi principi e degli attacchi che ha ricevuto è un modo per non restare indifferenti, per reagire alla violenza di questo capitalismo, per ripartire dalla giustizia sociale con l’obiettivo di disegnare una società diversa. La ricchezza di questa vicenda ci ha posto il problema di come restituirla: oltre tre anni di vertenza affondano le proprie ragioni almeno nei trent’anni precedenti. Di fronte a una simile mole di informazioni, ma anche al bisogno di conoscere la riflessione intima di chi si è trovato in prima linea nella lotta, abbiamo deciso di lasciare la briglia libera alle parole. Nasce così la conversazione con uno dei molti protagonisti della battaglia, l’operaio metalmeccanico specializzato Dario Salvetti: lavoratore licenziato, lontanissimo da qualsiasi protagonismo che non sia quello del risveglio di classe, portatore della propria visione, inserita in una storia collettiva che veicola insegnamenti universali. dalla prefazione

 

Can the working class speak?  Intervista a Dario Salvetti, Collettivo Di Fabbrica - Lavoratori Gkn Firenze

https://youtu.be/NZ0gzIipz08?si=yDmq_C_ooDux4bjA

 

In questo blog:

 

LA CLASSE OPERAIA VA ALL’INFERNO: LA "PALAZZINA LAF" DI MICHELE RIONDINO  

 

 

NON C’È PACE TRA GLI ALTOFORNI_SUL ROMANZO OPERAIO DI FABIO BOCCUNI

 


 


INSORGIAMO di Zerocalcare  


venerdì 7 febbraio 2025

La dalìt e la fattucchiera - SUBALTERN STUDIES I - l'effige

 


L’anziana Dalit addormentata è simbolo di Subaltern studies I edito da Ranajit Guha a Delhi nel 1982

 

Il fotografo autore dello scatto è Sanjeev Saith nato a New Delhi nel 1958. (foto) 




Sanjeev Saith ha studiato alla St. Columba’s High School, al St. Stephens College e alla Delhi School of Economics e poi ha scalato l’Himalaya per diversi anni, guadagnandosi da vivere vendendo le sue fotografie di montagna. Negli ultimi vent'anni, le sue fotografie sono state pubblicate, esposte e collezionate da diverse gallerie e musei internazionali tra cui la National Gallery of Modern Art, Nuova Delhi, il Museum of Modern Art, New York e la Photographers' Gallery, Londra. La sua collezione di ritratti, “Libertà”, è apparsa in Granta 57.

https://granta.com/contributor/sanjeev-saith/

vedi anche: http://ferdinandodubla.blogspot.com/2021/12/ranajit-guha-e-i-subaltern-studies.html

• sistema delle caste in India. La società indiana era divisa in quattro caste, in ordine di “importanza”: sacerdoti (brahmana), guerrieri (ksatriya), mercanti e artigiani (vaisya), servi (sudra). Infine, venivano i paria o intoccabili (dalit). Nel tempo, questi gruppi si articolarono in un complesso sistema di sotto-caste. Si appartiene a una casta fin dalla nascita.

 • L’induismo. Il sistema delle caste era giustificato dai precetti etici e religiosi propri dell’Induismo. I precetti imponevano a un individuo di assolvere e rispettare unicamente i doveri specifici della propria casta di appartenenza. La possibilità di una successiva rinascita e reincarnazione in una casta superiore era vincolata all’adempimento di tali doveri.

 • Un sistema inviolabile. È possibile passare a una casta superiore soltanto con la reincarnazione. Tra le varie caste regnava una precisa separazione. Al punto che qualsiasi tipo di contatto (anche solo parlarsi) tra membri di caste diverse era assolutamente proibito.

 • Dalit, paria, intoccabili. La traduzione corretta del termine dalit è “oppressi”. Si tratta della casta più bassa. I dalit sono stati chiamati intoccabili perché a loro spettavano le mansioni considerate impure: quelle a contatto con la nascita (come le ostetriche), la morte (macellaio, conciatore di pelli) o la sporcizia (lavandaia, netturbino). Il termine “paria” deriva da Paraiyan, uno dei gruppi dalit più numerosi.

 • Diritti negati. Gli intoccabili devono vivere isolati dal resto della comunità, perché possono rendere impuro un membro di un’altra casta anche solo sfiorandolo con lo sguardo. Le loro “case” si trovano al di fuori del villaggio. I dalit non possono utilizzare strade e fontane pubbliche, entrare in negozi frequentati dalle caste più alte, leggere e studiare i Veda (testi sacri).

 • L’abolizione. Ufficialmente, il sistema delle caste è stato abolito nel 1947, anno in cui l’India ha ottenuto l’indipendenza. In realtà, e soprattutto nelle aree rurali del Paese, i dalit sono ancora vittime di abusi ed emarginazione.

da Actionaid.it

https://academia.edu/resource/work/112536674  



“La fattucchiera di Colobraro”, alias Maddalena La Rocca, foto di Franco Pinna per la spedizione di Ernesto de Martino in Lucania-Basilicata nel 1952, non doveva incutere il timore della ‘strega’. ‘Strega’ benevola infatti la guaritrice, taumaturga dei malanni, anche quelli esistenziali o che erano provocati dagli stati d’animo sul corpo riarso dal sole dei contadini e delle contadine. La sua somiglianza alla ”vecchia dormiente” presente nel logo dei Subaltern studies internazionali,  è davvero significativa.

Come spiega de Martino, nella bassa magia cerimoniale del meridione, il malocchio è inteso come influenza maligna che si genera dallo sguardo invidioso che produce effetti negativi sulla persona osservata, in brevissimo tempo.  La ritualità era fondamentale nei gesti e nelle parole, molto più efficace degli oggetti materiali. Ritualità poi codificata nei simboli e liturgie religiose.

La fascinazione è invece, lo stato sintomatologico di impedimento dovuto alle forze occulte sprigionate che lasciano senza margine l’autonomia della persona. Il trattamento della fascinatura (o affascino o malocchio) si fonde su di un intervento cerimoniale ad hoc, fatto di formule, gesti e di stati oniroidi controllati dalle fattucchiere-guaritrici che ripetono un modello metastorico di cancellazione dei mali, invocando la SS. Trinità. Si rimanda però nello specifico alla lettura di Ernesto de Martino, Sud e magia, Milano 1959.

 

Su Franco Pinna in questo blog:

 

GLI OCCHI DI DE MARTINO - Franco Pinna e la fotografia come storia 

 

 

LE TERRE del SILENZIO nella fotografia etnografica di FRANCO PINNA

 

 

 

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l'anziana dalìt è tra Antonio Gramsci e lo sguardo di Ernesto de Martino


mercoledì 5 febbraio 2025

GLI OCCHI DI DE MARTINO - Franco Pinna e la fotografia come storia

 


Maddalena La Rocca, "la fattucchiera" di Colobraro,  foto Franco Pinna, 1952 


Le fotografie di Franco Pinna fanno da commento visivo agli scritti dell’antropologo e filosofo Ernesto de Martino durante le spedizioni in Lucania dal 1952 al 1956 e nel Salento del 1959, poi confluite nelle opere “Morte e pianto rituale nel mondo antico”, “Sud e magia”, “La terra del rimorso”, detta anche ‘trilogia meridionalista’ e considerate classiche del pensiero meridiano su scala internazionale. Per rendere centrale lo sguardo etnologico, il fotografo deve compenetrarsi nelle categorie concettuali introdotte dal ricercatore partenopeo già dallo scritto “Il mondo magico” del 1948, in particolare la ‘crisi della presenza’ e la ‘destorificazione del negativo’ che Pinna deve trasformare da astratte a concrete, fermando il tempo storico con la macchina fotografica Leica e “senza corredi sofisticati”, come scriverà  Diego Carpitella. Con Franco Pinna nacque la fotografia etnologica in Italia, con Franco Pinna la fotografia entrò sia nel movimento culturale neorealista sia nelle visioni oniriche di Federico Fellini. / fe.d.

 

Cosa fu, infatti, la documentazione sociale-visiva (e sonora, aggiungerei) americana degli anni della crisi e del conseguente progetto roosveltiano? Partiva dal presupposto  quacchero e moralistico, che bisognasse documentare la realtà per denunciarla e quindi trasformarla.

Che questi presupposti di missione sociale, e politica, fossero anche nelle spedizioni di de Martino, negli Anni '50, non vi è alcun dubbio: dietro non ci sarà stato il moralismo protestante di un paese spiccatamente industriale, ma c'era invece tutto il tormento della questione meridionale, che, attraverso solo pochi attendibili scrittori o le notarili inchieste, da quelle napoleoniche a quelle postunitarie, volevano documentare una realtà: i poveri, i contadini poveri, il latifondo, la fatica, la povertà, materiale e psicologica, l'ingiustizia sociale, la mediazione del potere attraverso il clero, anch'esso sovente povero. Questo intendimento vi era dietro la facciata, apparentemente più intellettuale ed erudita, dei viaggi etnografici in Lucania, Calabria e Puglia degli anni ‘50, ai quali Pinna partecipò costantemente.

Diego Carpitella, Franco Pinna e la fotografia etnografica, in "La Ricerca Folklorica" (https://www.jstor.org/journal/ricefolk) No. 2, Antropologia visiva. La fotografia (Oct., 1980), pp. 69-74

 

Franco Pinna (1925-1978), collaborò tra il 1952 e il 1959 con Ernesto de Martino che, proprio in quegli anni, stava realizzando uno studio multidisciplinare in Lucania-Basilicata.

Lucania*-Basilicata.

*[riconducibile alla radice protoindoeuropea *leuk-. Una leggenda vuole che il nome fosse dato da un popolo diretto verso Sud (probabilmente genti centro-italiche di lingua ‘osca’) una volta giunto in una terra dalla quale si vedeva sorgere il sole, e che il nome Lucania indicasse quindi "terra della luce"].

La straordinaria Lucania nelle foto di Franco Pinna

Pinna è stato un fotogiornalista tanto atipico quanto riconoscibile nell’Italia del secondo Novecento. Fotorepoter, certo, ma anche direttore della fotografia, militante del partito comunista, nonché fondatore di una sorta di “Magnum" all'italiana, la cooperativa Fotografi Associati e, prima della sua precoce scomparsa nel ’78, uno dei fotografi di scena prediletti dal maestro Federico Fellini.

L’occasione la offre il nostro Archivio, che tra i suoi tesori conserva fotografie di Pinna scattate in Basilicata durante gli anni di collaborazione con l’etnologo Ernesto de Martino. (..)

I ritratti ambientati di Pinna fanno da commento visivo agli scritti di De Martino e soprattutto contribuiscono a diffondere, per la prima volta, un'immagine diversa e meno stereotipata del Sud Italia. Ad affascinare Pinna è in particolare il mondo della campagna, ritenuto quasi arcaico. Le scene sono ritratte con un'impronta neorealista.

cfr. LA STRAORDINARIA LUCANIA DI FRANCO PINNA NELLE FOTO DEL NOSTRO ARCHIVIO, di Fabrizio Milanesi, Touring Club Italiano, febbraio 2020, https://www.touringclub.it/notizie/archivi-touring/la-straordinaria-lucania-di-franco-pinna-nelle-foto-del-nostro-archivio

 

 

Il rapporto con de Martino fu conflittuale * ma portò alla maturazione del linguaggio stilistico di Franco Pinna, dal foto-testo al fotodocumentario tipico di “Cinema Nuovo”, rivista cinematografica italiana fondata da Guido Aristarco nel 1952 e principale strumento critico culturale del neorealismo.

* cfr. in questo blog

LE TERRE del SILENZIO nella fotografia etnografica di FRANCO PINNA

 


Leica, la macchina fotografica di Franco Pinna per le spedizioni con Ernesto de Martino, nelle tipologie 1950 (sopra) e 1956 


LA SCOPERTA FOTOGRAFICA DEL SUD ITALIA

Dalla collaborazione fra Franco Pinna e de Martino nasceranno alcuni volumi come "Sud e Magia", del 1959, e "la Terra del Rimorso" del 1961. I ritratti ambientati di Pinna fanno da commento visivo agli scritti di de Martino e soprattutto contribuiscono a diffondere, per la prima volta, un'immagine diversa e meno stereotipata del Sud Italia. Ad affascinare Pinna è in particolare il mondo della campagna, ritenuto quasi arcaico.(..)

”La fattucchiera di Colobraro”, foto scattata nell’ottobre 1952  è una delle piu’ celebri foto di Pinna, diventata poi rappresentativa dell’intero movimento neorealista italiano. La sua somiglianza alla ”vecchia dormiente” presente nel logo dei Subaltern studies internazionali,  è davvero significativa. (foto in fondo alla pagina)

Foto e riti del mondo antico: Pinna, de Martino e la fattucchiera

Nel 1952 Franco Pinna, collaborando alle indagini condotte da Ernesto de Martino nell’entroterra della Lucania, realizzò una serie di fotogrammi nei quali ritrasse Maddalena La Rocca, fattucchiera del piccolo centro isolato di Colobraro, a pochi chilometri da Matera: il ritratto, potente e nero, di un’anziana vedova vestita a lutto, i cui giovani figli e il marito le erano stati strappati dall’ultimo conflitto mondiale. La fotografia in questione fu pubblicata in: Ernesto de Martino, “Sud e magia”, Milano,1959. 



Una madre culla il figlio nella "naca", la caratteristica culla di Albano di Lucania (1952) / foto Franco Pinna 




Ernesto de Martino sale verso Albano di Lucania in groppa ad un mulo guidato da un contadino del posto. È l’11 agosto 1956.  Della spedizione fa parte anche Franco Pinna, giovane fotografo trentenne, che seguiva l’antropologo partenopeo dal 1952. Sardo d’origine, romano d’adozione, Pinna inaugurò la fotografia etnologica in Italia., ma non solo. Oltre che con de Martino, con cui i rapporti si deteriorarono dopo la pubblicazione de “La terra del rimorso” nel 1961, in cui non vennero citati i suoi crediti (lo stesso de Martino aveva fatto con Scotellaro dieci anni prima), collaborò con il regista Federico Fellini. Realizzerà infatti le foto di scena del capolavoro felliniano “Giulietta degli spiriti” nel 1965. 



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lunedì 13 gennaio 2025

ERMENEUTICA GRAMSCIANA - Blocco storico e classi subalterne

 


Filosofia e coscienza di classe - per un'ermeneutica gramsciana

Nel Luckács di “Storia e coscienza di classe” del 1923, Gramsci vede il rischio specularmente opposto a quello del ‘Saggio Popolare’ di Bucharin (1925) - idealismo - determinismo meccanicista, critica che configura il suo di storicismo, non assoluto, ma dialettico; + (ciò è ampiamente dimostrato dal concetto di ‘blocco storico’ come elaborato da H.Portelli nel suo saggio tradotto e pubblicato in Italia da Laterza nel 1973, anni fecondi per gli studi gramsciani, anche fuori dalle pastoie accademiche, più stringenti sul piano politico) + 

cfr. Ferdinando Dubla (a cura di), Alle origini del gramsciano "blocco storico" - Il raccordo della "questione meridionale" con il tema dei subalterni del Quaderno 25 di Gramsci in

http://ferdinandodubla.blogspot.com/2024/12/alle-origini-del-gramsciano-blocco.html

la coscienza di classe’ deve costruirsi con l’intenzionalità pedagogica del ‘moderno Principe’, cioè il soggetto politico rivoluzionario. Questa formazione progressiva ma non lineare (‘molecolare’ rimanda a pervasità diffusa di elementi che si sedimentano nella coscienza in profondità) che passa dalla coscienza critica e dalla coscienza politica, è fondamento teoretico della filosofia della prassi, perchè tende alla risoluzione dialettica del nesso coscienza/ideologia.

Secondo Marx e Gramsci, gli uomini prendono coscienza dei conflitti economici nel terreno delle ideologie e non è la coscienza che determina la vita reale, ma la vita reale che determina l’”astrazione determinata” della coscienza. Pertanto struttura (“i modi di produzione” nell’Ideologia Tedesca) e sovrastruttura (la produzione delle idee e della cultura) costituiscono un insieme interdipendente. Ciò configura lo storicismo di Gramsci (ma anche di Marx) come dialettico,

cfr. in questo blog:

Storicismo dialettico

Diventa fondamentale dunque l’elaborazione analitica del ‘blocco storico’, che, sviluppando l’interdipendenza strutturale e sovrastrutturale, pone il tema dell’alleanza ‘organica’ per l’unificazione dei gruppi subalterni.

- Il libro di Hugues Portelli “Gramsci e il blocco storico” edito in Italia da Laterza nel 1973 (ed.or.1971) è un testo che ha molto influenzato la critica gramsciana negli anni '70 e '80 del secolo scorso ed è di un autore di formazione cattolica.



* Hugues Portelli, nato il 22 dicembre 1947 a Costantina (Algeria), è un giurista, professore di diritto e scienze politiche e politico francese.

Laureato in scienze politiche, è stato professore all'Università Panthéon-Assas (Parigi II). Impegnato in politica, prima con il Partito Socialista poi con i “Républicains“, è stato in particolare senatore della Val-d'Oise dal 2004 al 2017 e sindaco di Ermont dal 1996 al 2020.

Dal 2019 è preside della facoltà di scienze sociali ed economiche dell'Istituto cattolico di Parigi e presidente dell'Accademia cattolica di Francia.

Del 1974 è il suo “Gramsci et la question religieuse“, con prefazione di Jean-Pierre Cot. Fu pubblicato da Mazzotta in Italia nel 1977.

IV. di copertina

Lo sviluppo di una direzione culturale delle classi subalterne, non più "amorfe e arretrate", è possibile, ancor più quando il blocco storico dominante subisce una crisi profonda. Secondo Portelli quello di Gramsci è il solo vero tentativo marxista di porre globalmente la questione del passaggio al socialismo nei paesi occidentali.

"In realtà, nel rapporto tra struttura-sovrastruttura, la questione sta nell'individuazione del nesso che determina la loro unità.

Il "nesso organico" è dialettico per il tramite degli intellettuali

"Questo nesso, che Gramsci definisce organico, corrisponde a una concreta, determinata organizzazione sociale. Prendendo in esame un blocco storico, vale a dire una situazione storica complessiva, è possibile distinguere al suo interno, da un lato, una struttura sociale - le classi - direttamente determinata dal rapporto delle forze produttive, e, dall'altro, una sovastruttura ideologica e politica. Il legame organico tra questi due elementi è assicurato da certi strati sociali, che hanno la funzione di operare non al livello economico, ma al livello sovrastrutturale: gli intellettuali."

Portelli, op. cit., pag. XI

a cura di Ferdinando Dubla, Subaltern studies Italia





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sabato 11 gennaio 2025

NEI GRUPPI SUBALTERNI, LA COSCIENZA

 


Nei gruppi subalterni, per l’assenza di iniziativa storica, la disgregazione è piú grave, è piú forte la lotta per liberarsi da principii imposti e non proposti autonomamente, per il raggiungimento di una coscienza storica autonoma. Come si formerà? Come ognuno dovrà scegliere gli elementi che costituiranno | la coscienza autonoma?

Cfr. Antonio Gramsci, "Quaderni dal carcere", Q.8, 153, ed. dig. Einaudi su ed. 1975, pag. 1412

 

Il mondo popolare subalterno costituisce, per la società borghese, un mondo di cose più che di persone”.

E. de Martino, “ Intorno a una storia del mondo popolare subalterno”, su Società nr.3/1949

 

Ma quando il «subalterno» diventa dirigente e responsabile dell’attività economica di massa, il meccanicismo appare a un certo punto un pericolo imminente, avviene una revisione di tutto il modo di pensare perché è avvenuto un mutamento nel modo sociale di essere. I limiti e il dominio della «forza delle cose» vengono ristretti perché? perché, in fondo, se il subalterno era ieri una cosa, oggi non è piú una cosa ma una persona storica,

Cfr. Antonio Gramsci, op.cit., Q. 11, 12, pag.1747 


COSCIENZA E IDEOLOGIA

Gramsci riflette sul rapporto tra coscienza e ideologia presente in Marx già dall’Ideologia Tedesca (IT) [1845-1846, ma pubblicata in URSS nel 1932 nel V volume (I sezione) della MEGA (l’edizione delle opere complete di Marx ed Engels, la Marx Engels Gesamtausgabe), a cura di Vladimir V. Adoratskij] secondo cui gli uomini prendono coscienza dei conflitti economici nel terreno delle ideologie, e che non è la coscienza che determina la vita, ma la vita che determina la coscienza. Pertanto struttura (“i modi di produzione” nell’IT) e sovrastruttura (la produzione delle idee e della cultura) costituiscono un insieme interdipendente. Ma il passo di Marx cui Gramsci fa spesso riferimento è tratto dalla «Prefazione» a ‘Per la critica dell’economia politica’, e suona, nella traduzione utilizzata da Gramsci: «Dal cambiamento della base economica risulta, presto o tardi, uno sconvolgimento di tutta la enorme soprastruttura. Quando si fa l’esame di tali rivoluzioni, occorre sempre distinguere il rivolgimento materiale – che può essere accertato con la precisione propria delle scienze naturali – nelle condizioni economiche della produzione – dallo sconvolgimento delle forme giuridiche, politiche, religiose, artistiche o filosofiche, ideologiche insomma, nelle quali gli uomini prendono coscienza del conflitto e nel cui ambito lottano tra loro». Il passo è stato tradotto da Gramsci nei suoi esercizi di traduzione. V. ‘Quaderni del carcere’, ed. Einaudi 1975, Appendice, pp. 2358-2360.

 

La 'catarsi'

La formazione ‘molecolare’ della coscienza di classe non può che partire da una coscienza critica. Critica dell’ideologia dominante, in questo caso definibile come ‘falsa coscienza’. La ‘falsa coscienza’ produce una ‘doppia subalternità’: infatti il termine indica l’assoggettamento ideologico, usato per descrivere il modo in cui i vari gruppi subalterni della società accettano, assimilano e anzi difendono o promuovono attivamente idee che in ultima analisi agiscono contro i loro stessi interessi concreti e materiali. La formazione della coscienza di classe, consapevolezza del ruolo sociale e progettazione del rovesciamento rivoluzionario degli assetti dominanti, cresce come ‘ideologia’, cioè come concezione del mondo e della storia. Per cui ‘ideologia’, specularmente, diventa l’intelletto motore della coscienza, e questa, della prassi rivoluzionaria. Avviene quella che Carlos Nelson Coutinho ha definito “catarsi”, un “processo attraverso il quale una classe operaia supera i propri interessi economico-corporativi e si eleva a una dimensione universale (attraverso la mediazione del nazionalpopolare); ossia è il momento nel quale la classe smette di essere un puro fenomeno economico per convertirsi in un soggetto cosciente della storia”,

(C.N.Coutinho,  De Rousseau a Gramsci - Ensaios de Teoria Política, Boitempo,  p.161), sebbene i vari gradi di coscienza che i gruppi subalterni presentano, in quanto ‘disgregati’, spetta al soggetto politico rivoluzionario riunificare nella contesa egemonica.

 

"La classe che dispone dei mezzi della produzione materiale dispone con ciò, in pari tempo, dei mezzi della produzione intellettuale, cosicché ad essa in complesso sono assoggettate le idee di coloro ai quali mancano i mezzi della produzione. Le idee dominanti non sono altro che l'espressione ideale dei rapporti materiali dominanti, sono i rapporti materiali dominanti presi come idee: sono dunque l'espressione dei rapporti che appunto fanno di una classe la classe dominante, e dunque sono le idee del suo dominio". 

Marx - Engels, Opere Complete  1845-1846,  Editori Riuniti, 1972, Roma, vol. V pp. 44, 46.

Fu Engels ad usare per la prima volta il termine ‘falsa coscienza’ nell’accezione di assorbimento passivo di quello che poi Gramsci indicherà come ‘senso comune’ deleterio, ma  nello stesso tempo è un’accettazione che opera attivamente ovviamente nella diffusione di massa: "un processo che è compiuto, è vero, dal cosiddetto pensatore con coscienza, ma con una falsa coscienza". [Marx e Engels, Opere Complete (Carteggio 1893-1895), Engels a Mehring, Editori Riuniti, 1977, Roma, vol. L pag. 109].

 

"Legato alla contradditorietà della coscienza è il concetto di ideologia, di cui Gramsci coglie l'oscillazione semantica tra verità e distorsione e che sarà oggetto di un intenso dibattito nel marxismo prima e dopo la pubblicazione nel 1932 dell' Ideologia tedesca di Marx ed Engels.

Gramsci parte dall'affermazione di Marx nella Prefazione del '59 - che ribadisce in varie note dei Quaderni - secondo cui le ideologie sono il terreno in cui "gli uomini prendono coscienza dei conflitti economici". Nello stesso modo in cui distingue coscienze diverse, distingue anche tra ideologie organiche e ideologie arbitrarie, e opta per la prassi intesa come filosofia e come concezione organica del mondo, in una formula che acquisterà un posto preciso nel dibattito marxista, di cui Gramsci non poteva ovviamente essere pienamente consapevole.

Gramsci sostiene che l'ideologia, in quanto aspetto centrale della sovrastruttura, è un campo di lotta  - una "lotta incessante" (Q.3, 56, 337) - e, al suo centro, la filosofia della prassi come "piena coscienza delle contraddizioni" (Q.11, 62, 1487), come lotta e come volontà che può dar vita alla cultura, al senso comune, alla visione del mondo, alla "norma dell'azione collettiva" e quindi alla storia (Q.10, 17, 1255). "

Massimo Modonesi, Gramsci e il soggetto politico- Subalternità, autonomia, egemonia, Bordeaux ed., 2024, pag.68

 

- Si potrebbe dire che la coscienza rivoluzionaria che sfida l’egemonia del potere dominante, è anch’essa un processo ‘molecolare’ che si forma progressivamente: una coscienza che sfida il senso comune e le apparenze fenomeniche del sistema capitalista è coscienza critica che si alimenta della propria posizione di classe. L’”odio generico” che è presente anche nella coscienza politica, si trasforma in coscienza di classe. La spinta di questa trasformazione è il soggetto politico rivoluzionario.

 

LA COMPRENSIONE CRITICA DI SE STESSI

avviene quindi attraverso una lotta di «egemonie» politiche, di direzioni contrastanti, prima nel campo dell’etica, poi della politica, per giungere a una elaborazione superiore della propria concezione del reale. La coscienza di essere parte di una determinata forza egemonica (cioè la coscienza politica) è la prima fase per una ulteriore e progressiva autocoscienza in cui teoria e pratica finalmente si unificano. Anche l’unità di teoria e pratica non è quindi un dato di fatto meccanico, ma un divenire storico, che ha la sua fase elementare e primitiva nel senso di «distinzione», di «distacco», di indipendenza appena istintivo, e progredisce fino al possesso reale e completo di una concezione del mondo coerente e unitaria. Ecco perché è da mettere in rilievo come lo sviluppo politico del concetto di egemonia rappresenta un grande progresso filosofico oltre che politico-pratico, perché necessariamente coinvolge e suppone una unità intellettuale e una etica conforme a una concezione del reale che ha superato il senso comune ed è diventata, sia pure entro limiti ancora ristretti, critica.

Antonio Gramsci, Quaderni dal carcere, Q. 11, 12, cit., pag. 1744 e passim.

Le relazioni umane nel sistema capitalista, in un paradigma di civiltà basato sul feticismo delle merci (categoria marxiana del libro I de “Il Capitale”) sono intossicate dalla mediazione del denaro, che intossica anche le coscienze. Bisogna sfidare senso comune e conformismo di massa, in quanto la ‘falsa coscienza’, termine utilizzato da Engels nel suo carteggio con Mehring, legittima il potere della classe dominante. La formazione ‘molecolare’ di una coscienza critica di classe è la possibilità stessa di sovvertire la ‘formazione economico-sociale’ delle varie e dinamiche conformazioni che assume il sistema per riprodurre il suo dominio politico e sovrastrutturale. La possibilità di una contesa egemonica, come annota argutamente Gramsci, parte dunque da qui. Ed è una possibilità rivoluzionaria.

a cura di Ferdinando Dubla, Subaltern studies Italia

 

vedi anche in questo blog

 

LA FORMAZIONE ‘MOLECOLARE’ DELLA COSCIENZA DI CLASSE IN ANTONIO GRAMSCI

 

 

TORNIAMO A GRAMSCI. E AL SOGGETTO POLITICO. RIVOLUZIONARIO. 





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mercoledì 8 gennaio 2025

LA FORMAZIONE ‘MOLECOLARE’ DELLA COSCIENZA DI CLASSE IN ANTONIO GRAMSCI

 



Vi è in Gramsci piena consapevolezza che la dimensione molecolare è centrale per la comprensione dei processi di incorporazione del senso comune e in definitiva per lo studio dei rapporti di forza che fabbricano la realtà e costituiscono il terreno della trasformazione. La sua attenzione è rivolta allo studio minimale delle forme incorporate della statualità nel quotidiano, per comprendere la vita intima dello Stato, l’efficacia politico-fisica della sua permanente attività culturale.

Giovanni Pizza: Gramsci e de Martino. Appunti per una riflessione.

in Quaderni di teoria sociale nr.13/2013, Morlacchi ed. 2013, pp. 106-107 e passim, cfr. LE ANTROPOLOGIE PARALLELE (le affinità elettive tra Gramsci e de Martino), http://ferdinandodubla.blogspot.com/2020/07/le-antropologie-parallele-le-affinita.html

 

“L'inizio dell'elaborazione critica è la coscienza di quello che è realmente, cioè un conosci te stesso, come prodotto del processo storico finora svoltosi che ha lasciato in te stesso un'infinità di tracce accolte senza beneficio d'inventario. Occorre fare inizialmente un tale inventario.," 

QdC, A.Gramsci, Q.11, §12, pag.1737

 

Rispetto alla ‘coscienza critica’ resa ‘storica’, già elaborata da Antonio Labriola, determinata ma non esaurita dalle e nelle condizioni materiali

 “Per noi sta, cioè, indiscusso il principio, che non le forme della coscienza determinano l'essere dell'uomo, ma il modo d'essere appunto determina la coscienza (Marx). Ma queste forme della coscienza, come son determinate dalle condizioni di vita, sono anch'esse la storia.(..) 

[Il socialismo scientifico] non è più la critica soggettiva applicata alle cose, ma è il ritrovamento dell’autocritica che è nelle cose stesse. La critica vera della società è la società stessa.” 

Antonio Labriola, Del materialismo storico, Dilucidazione preliminare. III.VII.,1896 - cit. da Edizione nazionale delle opere, a cura di Davide Bondì e Luigi Punzo, Bibliopolis, 2021

Per “molecolare” Gramsci intende ‘diffuso’, ‘in profondità’, ‘progressivo’

“L’interferenza e l’influenza «molecolare» può avvenire nello stesso seno di una nazione, tra diversi strati ecc.; una nuova classe che diventa dirigente innova come «massa»; il gergo dei mestieri ecc. cioè delle società particolari, innovano molecolarmente.”, Q. 6 §71 (pag.1126)

 

“Il trasformismo come «documento storico reale» della reale natura dei partiti che si presentavano come estremisti nel periodo dell’azione militante (Partito d’Azione). Due periodi di trasformismo: 1) dal 60 al 900 trasformismo «molecolare», cioè le singole personalità politiche elaborate dai partiti democratici d’opposizione si incorporano singolarmente nella «classe politica» conservatrice-moderata (caratterizzata dall’avversione a ogni intervento delle masse popolari nella vita statale, a ogni riforma organica che sostituisse un’«egemonia» al crudo «dominio» dittatoriale). Q. 8 §36, pag.1343.

 

La coscienza ‘critica’, che può essere spontanea e ribelle, per istinto di classe e interessi materiali,  riferiti alle condizioni materiali dell’esistenza, non è ancora ‘coscienza di classe’.

È odio «generico«

“ancora di tipo «semifeudale», non moderno, e non può essere portato come documento di coscienza di classe: ne è appena il primo barlume, è solo, appunto, la posizione negativa e polemica elementare: non solo non si ha coscienza esatta della propria personalità storica, ma non si ha neanche coscienza della personalità storica e dei limiti precisi del proprio avversario. (Le classi inferiori, essendo storicamente sulla difensiva, non possono acquistare coscienza di sé che per negazioni, attraverso la coscienza della personalità e dei limiti di classe dell’avversario: ma appunto questo processo è ancora crepuscolare, almeno su scala nazionale)., Q.3, §46, pag.389.

 

- Le classi inferiori sono i gruppi subalterni, come approfondirà nel Quaderno 25, la cui “difesa allarmata” può essere risolta solo con la “vittoria permanente”, cfr. Q. 25, §2, Ai margini della storia, 1934, pag. 2841. È infatti proprio uno sviluppo della nota 14 presente nel Quaderno 3 (1930).

 

“È il problema che modernamente si esprime in termini di partito o di coalizione di partiti affini: come si inizia la costituzione di un partito, come si sviluppa la sua forza organizzata e di influenza sociale ecc. Si tratta di un processo molecolare, minutissimo, di analisi estrema, capillare, la cui documentazione è costituita da una quantità sterminata di libri, di opuscoli, di articoli di rivista e di giornale, di conversazioni e dibattiti a voce che si ripetono infinite volte e che nel loro insieme gigantesco rappresentano questo lavorio da cui nasce una volontà collettiva di un certo grado di omogeneità, di quel certo grado che è necessario e sufficiente per determinare un’azione coordinata e simultanea nel tempo e nello spazio geografico in cui il fatto storico si verifica. (..) Dopo la formazione del regime dei partiti, fase storica legata alla standardizzazione di grandi masse della popolazione (comunicazioni, giornali, grandi città ecc.) i processi molecolari avvengono piú rapidamente che nel passato, ecc.“, Q.8 §195, pag. 1439.

Gramsci su Lukacs 


György Lukács, filosofo ungherese (1885-1971) autore di un’opera fondamentale nel marxismo come “Storia e coscienza di classe” del 1923 e il sardo Antonio Gramsci (1891-1937) il più importante filosofo marxista italiano di statura internazionale, autore dei Quaderni scritti nelle carceri fasciste dal 1929 al 1935. Entrambi analizzano ‘la coscienza’, in quanto quella critica e di classe permette la trasformazione rivoluzionaria per la società comunista.

"È da studiare la posizione del prof. Lukacz verso la filosofia della praxis. Pare che il Lukacz affermi che si può parlare di dialettica solo per la storia degli uomini e non per la natura. Può aver torto e può aver ragione. Se la sua affermazione presuppone un dualismo tra la natura e l’uomo egli ha torto perché cade in una concezione della natura propria della religione e della filosofia greco-cristiana e anche propria dell’idealismo, che realmente non riesce a unificare e mettere in rapporto l’uomo e la natura altro che verbalmente. Ma se la storia umana deve concepirsi anche come storia della natura (anche attraverso la storia della scienza) come la dialettica può essere staccata dalla natura? Forse il Lukacz, per reazione alle teorie barocche del Saggio popolare, è caduto nell’errore opposto, in una forma di idealismo."

Cfr. Quaderno 11 (XVIII), Nota 1 § 34, pag.1795, tema ripreso da Quaderno 4 (XIII), §77 - 77 bis.

Le citazioni di Gramsci sono tratte dall'ed.dig. Einaudi su ed. 1975 curata da Valentino Gerratana.

Cfr. anche

http://ferdinandodubla.blogspot.com/2020/12/coscienza-critica.html


http://ferdinandodubla.blogspot.com/2020/06/la-conquista-della-coscienza-di-classe.html

 

La riflessione di Gramsci ispirerà una delle categorie più importanti della filosofia di Paulo Freire

[ Conscientização ] La "coscientizzazione" in Paulo Freire

 

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lunedì 6 gennaio 2025

IL CORAGGIO DELL’ UTOPIA “CONCRETA”

 

Gli ideali dell'anarchismo di Errico Malatesta e il comunismo libertario della 'next revolution'

«Io sono abolizionista e ritengo che una società che immagini di poter fare a meno del carcere sia una società dotata di grande maturità. Non dobbiamo dare per scontato che serva una struttura di quel tipo. Occorre ridurre al minimo l’uso del carcere e potenziare le misure alternative per dare la possibilità di inserirsi in un contesto territoriale, sociale, di comunità reintroducendo le persone a una vita reale». 

Ilaria Salis

Quello che afferma la compagna Salis, attivista libertaria dell’antifascismo militante, è il coraggio dei nostri ideali socialisti: l’utopia che diventa concreta attraverso l’azione politica. Ciò che sembra impossibile, diventa un traguardo raggiungibile attraverso una prassi rivoluzionaria. Le rivoluzioni, infatti, le hanno realizzate nella storia minoranze organizzate contro il senso comune veicolato dalle classi dominanti, come argomentava Gramsci, purchè avanguardie vere in senso leninista, cioè che sappiano coniugare le insorgenze con l’organizzazione, l’oggettività delle condizioni materiali con la soggettività politica della trasformazione rivoluzionaria.

“Siete dei sognatori”: no, siamo realisti, si rispose nel ‘68, vogliamo l’impossibile, dobbiamo cercarlo l’impossibile per renderlo possibile. Il giustizialismo e il forcaiolismo non sono mai stati ideali del socialismo, ma suoi avversari. / fe.d.

 

GIACOBINISMO, ANARCHISMO E LENINISMO e la ‘sinistra alla vaccinara’

 

Il settimanale anarchico Umanità Nova, fondato da Errico Malatesta e la rivista Jacobin Italia

 https://jacobinitalia.it

sono una sorsata d’aria pura nel panorama che ci circonda dei media liberal liberisti-giustizialisti con la coda alla vaccinara di certa ‘sinistra’ manettona e ormai priva di qualunque ideale anche a medio respiro oppure i soloni della geopolitica ‘strategica’. Personalmente ricordano la necessità storica del superamento della diatriba anarchismo-comunismo in nome dell’autodeterminazione popolare e dei subalterni, del giacobinismo nella dialettica spontaneità/organizzazione, insorgenza/rivoluzione nell’esperienza concreta del leninismo [se fosse possibile, conieremmo l’espressione più precisa di leninianismo (cioè “la lettera di Lenin”) ma purtroppo ortosintatticamente è orribile].

Un autore che si inserisce nel solco degli studi subalterni in Italia è Errico Malatesta da Santa Maria Capua Vetere. L’anarchico italiano, infatti, è autore di ‘dialoghi’ fondamentali per l’analisi subalternista e non solo per l’Italia, ma per statura internazionale-internazionalista,  in particolare “Al cae` - Discutendo di rivoluzione e anarchia“, e “Fra contadini”, entrambi editi da Fiaccola editrice nel 1972, ma oggi leggibili in edizione digitale in pdf (cfr. http://isole.ecn.org/ponte/mediateca/caff.pdf).

#subalternstudiesitalia ha già dedicato ad Errico Malatesta scritti e analisi.

vedi:

ERRICO MALATESTA: ISTRUZIONE E CULTURA ARMA DI CIVILTÀ PER GLI OPPRESSI

 

I DIALOGHI DI ERRICO MALATESTA SULLA PROSSIMA RIVOLUZIONE

 

Secretior philosophia. E oggi, Vanini può parlare?

 

 

LA COMMUNE è THE 'NEXT REVOLUTION'

 

 

 

 

Errico Gaetano Maria Pasquale Malatesta (Santa Maria Capua Vetere, 4_dicembre) 1853– Roma, 22 luglio 1932) è stato un anarchico e scrittore italiano, tra i principali teorici del movimento anarchico.

AMBROGIO. “Leggi severe ci vogliono e severamente applicate. Ma non basta. Colla forza soltanto non si tiene a lungo il popolo soggetto, massime coi tempi che corrono. Bisogna opporre propaganda, bisogna persuadere la gente che noi abbiamo ragione. (..) PROSPERO. “Che, che! Bisogna evitarla ad ogni costo la propaganda, soocare la stampa, con o senza o magari contro la legge... AMBROGIO. -- Questo sı`, questo sı`.

PROSPERO. -- Impedire ogni riunione, sciogliere tutte le associazioni, mandare in carcere tutti quelli che pensano...”

- Ambrogio è un magistrato. Prospero un “grasso borghese in tinto di economia politica ed altre scienze”. Personaggi di ‘Al cae` - Discutendo di rivoluzione e anarchia.’, dialoghi scritti dall’anarchico italiano Errico Malatesta, oggi leggibili anche in formato digitale per Ortica editrice, 2014, da cui cit.



Errico Malatesta in due fasi della sua vita: a sx è arrestato il 5 aprile 1877 come uno dei capi della banda del Matese, insieme a Carlo Cafiero. A dx direttore a Milano del settimanale Umanità Nova nel 1920.

Nello stesso anno fu arrestato e recluso nel carcere di San Vittore. Iniziò, insieme ai dirigenti libertari Armando Borghi e Corrado Quaglino, uno sciopero della fame che ne minò le condizioni fisiche, riducendolo quasi in fin di vita; lo sciopero venne sospeso dopo la strage del Diana (che Malatesta condannò) avvenuta il 23 marzo 1921 nel teatro Kursaal Diana di Milano, con 21 morti e 80 feriti. Liberato, fu fortemente impressionato dalle conseguenze umane e politiche della strage e pubblicò un articolo su Umanità Nova nel quale stigmatizzava gli atti di violenza indiscriminati:

Qualunque sia la barbarie degli altri, spetta a noi anarchici, a noi tutti uomini di progresso, il mantenere la lotta nei limiti dell'umanità, vale a dire non fare mai, in materia di violenza, più di quello che è strettamente necessario per difendere la nostra libertà e per assicurare la vittoria della causa nostra, che è la causa del bene di tutti,

da Umanità Nova, 8 settembre 1921.

 

I dialoghi di Malatesta sono intenzionalmente pedagogici e mirano a combattere la doppia subalternità, quella della posizione di classe, le materiali condizioni di vita e quella del passivo senso comune veicolato dalle classi dominanti parassitarie che coniano stereotipi e credenze e le trasformano in leggi di natura ‘immutabili’. Per cui, per questa via, sarebbe preclusa proprio dalla subalternità la strada alla rivolta.




“I signori che ci hanno levato tutto, dopo che ci han costretti a lavorare come bestie per guadagnare un tozzo di pane, mentre essi coi sudori nostri vivono senza far niente di buono, nelle ricchezze e nella crapula, dicono poi che noi, per essere uomini onesti, dobbiamo sopportare volentieri la nostra posizione e vederli ingrassare alle nostre spalle senza nemmeno fiatare. Se invece ci ricordiamo che siamo uomini anche noi, e che chi lavora ha diritto di mangiare, allora siamo farabutti; i carabinieri ci portano in carcere, e i preti per giunta ci mandano all’inferno.”

“hanno ridotto il popolo allo stato di un gregge di montoni che si lascia tranquillamente tosare e scannare. E voi vi mettete, coi signori per darci addosso?! Non basta che essi abbiano dalla loro il governo, il quale, essendo fatto dai signori e pei signori, non può non appoggiarli; bisogna dunque che i nostri stessi fratelli, i lavoratori, i poveri, si scaglino contro di noi perché vogliamo ch’essi abbiano pane e libertà”. 

Errico Malatesta, Fra contadini. Dialogo sull’anarchia. La fiaccola ed. 1972, cit. da ed. digit. Ortica, 2021, pag.4

“Che direste voi se i signori si volessero impadronire dell’aria per servirsene essi, e darne a noi soltanto un pochino e della più puzzolente, facendocela pagare con stenti e sudori? E la sola differenza tra la terra e l’aria è che per la terra hanno trovato il modo d’impossessarsene e dividersela tra di loro, e per l’aria no; che se ne trovassero il mezzo, farebbero dell’aria quello che hanno fatto colla terra.”

“La storia c’insegna che le condizioni del lavoratore sono state sempre miserabili e che, tale e quale come ora, chi ha lavorato senza sfruttare gli altri, non solo non ha mai potuto fare economie, ma non ne ha avuto nemmeno abbastanza per cavarsi la fame. Guardate gli esempi che avete sotto gli occhi: tutto quello che di mano in mano i lavoratori producono non va forse nelle mani dei padroni che stanno a guardare? Oggi uno compra per pochi soldi un pezzo di terra incolto e paludoso; vi mette degli uomini a cui dà appena tanto da non morir di fame d’un tratto, e resta ad oziare in città. Dopo alcuni anni, quel pezzo inutile di terra è diventato un giardino e costa cento volte quello che costava in origine. I figli del padrone, che erediteranno questo tesoro, diranno che essi godono per i sudori del loro padre, ed i figli di quelli che hanno realmente lavorato e sofferto, continueranno a lavorare e a soffrire.”

“Se i poveri s’intendono, sono essi i più forti.” “che danno si risentirebbe se sparissero i signori? Sarebbe come se sparissero le cavallette.”, ivi, pag. 12 





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