Subaltern studies Italia

L’analisi e la classe - a cura di Ferdinando Dubla

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mercoledì 25 marzo 2015

Il beone irresponsabile Poletti colpisce ancora: invece delle vacanze estive, che i giovani vadano a lavorar gratis per i padroni!!

C’era una volta il professor Aristogitone… Bei tempi! Ora c’è Poletti

a.ministro poletti
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Ma ’sto ministro Poletti, dove l’hanno preso? Dice che viene dal Pci, che ha fatto la gavetta e tutto. Sarà. Non ha lasciato grandi segni nella politica italiana nei primi 40 anni della sua militanza. E anche la militanza non deve aver lasciato grandi segni su di lui…

Da qualche mese, invece, i segni lui li lascia eccome. I segni, i graffi. Passerà alla storia, insieme a Renzi, come l’uomo che ha cancellato le grandi conquiste del lavoro ottenute negli anni sessanta e nell’autunno caldo. Ha cancellato lo statuto dei lavoratori, frutto di anni di battaglie di massa, dei sindacati, e anche di leader di centrosinistra molto importanti come Brodolini, Gino Giugni e Donat Cattin.  Pensare a Poletti come un uomo di sinistra davvero richiede molta fantasia. Vabbè che il Jobs Act va intestato soprattutto a Renzi, però almeno Renzi ha la giustificazione di essere, in origine, un democristiano di destra. C’è meno incoerenza nella sua biografia.

Ora però Poletti è andato oltre. Per dimostrare a tutti che lui non è un reazionario improvvisato, ma lo è in modo organico e radicato, si è lanciato nella retorica anti-giovani – cavallo di battaglia di tutti i reazionari dall’epoca dell’antica Roma – spiegando (come mi ricordo faceva sempre, quando io ero ragazzino, un generale dell’aeronautica che viveva vicino a casa mia, ottuagenario e brontolone, ma comunque meno acido dell’attuale ministro) che questi ragazzi i tre mesi di vacanza estiva proprio non se li meritano, e che farebbero bene, tutti quanti, d’estate, ad andare a lavorare, scaricare cassette o cose così. Non si è capito se vuole imporre per legge il lavoro estivo, ma sembra di sì. Le agenzie di stampa che hanno ripreso le sue dichiarazioni, non riportano frasi contro i piercing, i tatuaggi né quelle che si dicevano una volta contro i capelloni ( ma questo, forse, anche perché il ministro è un po’ capellone anche lui…).

Chissà se Poletti (che ogni tanto il ministero del lavoro dovrebbe frequentarlo ) è stato informato sulle cifre della disoccupazione giovanile in Italia. Nessun funzionario del suo ministero, evidentemente, lo ha informato che la metà dei giovani vive in disoccupazione. Anche perché una geniale riforma delle pensioni ha bloccato, per almeno 5 anni, più di un milione di posti di lavoro.

Uno può anche riderci su, pensando che ’sti ministri ora cercano un po’ tutti di imitare Renzi, e quindi di parlare di cose che ignorano, senza pensarci troppo su. Però c’è poco da ridere. Le sciocchezze di Poletti fanno anche un po’ rabbia. Che un ministro del lavoro spinga i ragazzini ad andare a lavorare più o meno gratis, per aumentare il precariato e il semischiavismo e togliere lavoro, magari, a chi la scuola l’ha lasciata per cercare un impiego, francamente non è una bella cosa. Dimostra solo che nel governo ci sono un po’ troppi dilettanti.

P.S. C’era un personaggio, straordinario, nell’”Alto Gradimento” (fantastica trasmissione radiofonica di 35 anni fa di Renzo Arbore e Gianni Boncompagni) che si chiamava professor Aristogitone. Pronunciava sempre questa frase: «Studenti, fetenti e delinquenti…». Lo interpretava Mario Marenco. Ora lo interpreta Poletti…

     

 
 
 Posted on 24 marzo 2015 by  in  with 2 Comments

sabato 14 marzo 2015

Tutto il potere ai presidi! Saranno sindaci, prefetti e manager



«Buona scuola». La svolta manageriale di Renzi non è nuova. Il suo governo, in realtà, completa un disegno imposto dalla riforma di centro-sinistra del 1997 sull'autonomia scolastica che oggi termina la sua triste parabola

Non è pas­sato inos­ser­vato il potere di reclu­tare i docenti con­fe­rito ai pre­sidi dal Ddl “Buona Scuola”. Alcuni dei com­menti letti sulla pagina face­book de Il Mani­fe­sto, non dis­si­mili dalle migliaia su altre pagine spe­cia­liz­zate, par­lano di «neo-feudalesimo» e «clien­te­li­smo». La for­mula usata ad esem­pio da A. G. è esem­plare nella sua durezza: «In un paese dove tutti fanno lavo­rare la moglie, gli amici, gli amici degli amici, mi sem­bra geniale: tanto par­liamo di scuola mica d’avvenire per il paese». «Que­sta è una vec­chia obie­zione – ha repli­cato all’Ansa Gior­gio Rem­bado, pre­si­dente dell’Associazione nazio­nale pre­sidi – Ma su 8 mila diri­genti sco­la­stici in Ita­lia ci può essere una mela mar­cia, ma non per que­sto biso­gna bloc­care le riforme».

I diri­genti sco­la­stici potranno sce­gliere la loro «squa­dra» indi­vi­duando i docenti che riten­gono più adatti a rea­liz­zare i piani dell’offerta for­ma­tiva (Pof). Que­sti docenti ver­ranno pescati da «albi ter­ri­to­riali» creati dagli uffici sco­la­stici regio­nali. In que­sti albi con­flui­ranno i neo-assunti dalle gra­dua­to­rie ad esau­ri­mento (Gae), 100.701 per­sone, e i vin­ci­tori dei con­corsi. Il governo ha stan­ziato 200 milioni di euro all’anno per un bonus ai docenti pro­dut­tivi. Il diri­gente sco­la­stico asse­gnerà il bonus solo al 5% degli inse­gnanti «meri­te­voli» che si saranno impe­gnati di più a rispon­dere alle linee pro­gram­ma­ti­che da lui sta­bi­lite. Pese­ranno l’impegno per­so­nale e la valu­ta­zione delle pre­sta­zioni da parte del pre­side che sen­tirà anche il parere del Con­si­glio di Istituto.

Avere vin­co­lato l’assunzione di un docente alla valu­ta­zione del suo cur­ri­cu­lum è una deci­sione ispi­rata all’idea della «chia­mata diretta» da parte dei pre­sidi. Que­sta ten­ta­zione ha una lunga sto­ria. La giunta regio­nale Lom­barda provò a isti­tuirla con For­mi­goni, ma nel 2013 la Corte Costi­tu­zio­nale boc­ciò la legge che attri­buiva alla regione e ai diri­genti sco­la­stici la scelta dei docenti (pre­cari) attra­verso con­corsi locali. La riforma ren­ziana aggira que­sta sen­tenza pro­po­nendo gli albi dai quali i pre­sidi sce­glie­ranno per­so­nal­mente i loro can­di­dato ideali.

La ten­denza a rom­pere l’articolazione demo­cra­tica degli organi sco­la­stici, accen­trando la vita sco­la­stica nella mani di un preside-manager è nata con il cen­tro­si­ni­stra e la legge Ber­lin­guer sull’autonomia sco­la­stica nel 1997. Da allora la scuola fun­ziona come un’azienda. La sua azione è ispi­rata a cri­teri di fles­si­bi­lità orga­niz­za­tiva, incen­tivi, valu­ta­zione da cui dipen­dono i fondi per gli isti­tuti. Da allora il pre­side è un mana­ger respon­sa­bile della gestione dell’offerta for­ma­tiva e del «capi­tale umano» a sua dispo­si­zione. È respon­sa­bile dei Pof che offre ai suoi clienti. Stu­denti e fami­glie scel­gono la scuola che con­corre con quelle vicine. Il centro-destra è stato orga­nico a que­sto dise­gno quando pro­pose il Ddl Aprea rima­sto let­tera morta anche per l’opposizione di stu­denti e sindacati.

È da quasi un ven­ten­nio che il diri­gente sco­la­stico si com­porta da mana­ger. Renzi com­pleta que­sta para­bola: gli attri­bui­sce un potere eco­no­mico (minimo) ma soprat­tutto quello ammi­ni­stra­tivo di sce­gliere il suo «staff». I docenti saranno l’esercito di riserva a dispo­si­zione di una casta di mana­ger. La «Buona Scuola» è un mix di neo­li­be­ri­smo e auto­ri­ta­ri­smo, un mar­chion­ni­smo molecolare.

Roberto Ciccarelli su Il Manifesto del 14_03_2015

venerdì 13 marzo 2015

La 'pessima' scuola di Renzi: Ecco cosa ne pensiamo noi studenti

Studenti e studentesse del Liceo delle Scienze Umane (F. De Sanctis) Manduria (TA)

-Dilauro Stefano 3 as/um
"I professori devono conoscere le discipline del sapere,non il preside"

Galianni Martina,Quaranta Teresa,Lenti Erika 3 as/um
"La democrazia è partecipazione,non comando. La vera riforma della scuola dev'essere svolta da noi studenti e dai docenti,con la partecipazione delle famiglie,non dagli incompetenti!"

-Dimaggio Flavia 3 as/um
"Classi pollaio,politici polli. La scuola siamo noi"

-Pompigna Virginia 3 as/um
"Un corpo docente di raccomandati"

Dinoi Michele 3 as/um
"Il sapere è libero,teniamolo fuori dalle catene dell'ignoranza."


mercoledì 11 marzo 2015

Mario Alighiero Manacorda: l'uomo onnilaterale (la pedagogia di Marx)



L’UOMO ONNILATERALE --- Mario Alighiero Manacorda ---

[..] In Marx l’ambito pedagogico, implicito tanto negli scritti “filosofici” giovanili quanto in quelli “economici”, coinvolgeva tutto il suo pensiero. Si tratta infatti del problema dell’uomo, del suo rapporto con la natura e coi suoi simili nel dominarla e umanizzarla per produrre la propria vita materiale e spirituale, e della sua storia, che attraverso la divisione del lavoro lo ha portato, da una “disponibilità” naturale a ogni attività, alla disumana “unilateralità” tanto del capitalista quanto dell’operaio. Eppure, proprio per dominare la totalità delle moderne forze produttive occorre lo sviluppo di una “totalità di uomini totalmente sviluppati” o, come anche dice, allaseitig, che ho tradotto alla lettera con “onnilaterali”: dunque, un “ricupero”, al più alto livello consntito dallo sviluppo storico, della disponibilità originaria. Si trattava dunque di capire come formare quest’uomo onnilaterale. E possiamo dire, con un po’ di schematismo, che Marx affronta la tematica pedagogica da due punti di vista: il principio socialista dell’unione di istruzione e lavoro, e il principio liberale della libertà dell’istruzione. Lavoro e libertà: due principi naturalmente associabili e perciò inscindibili. Non a caso, per l’uno e per l’altro, Marx, intransigente critico della società capitalistica borghese, tanto nel Capitale quanto nei dibattiti politici nell’Internazionale non esitava a richiamarsi all’esempio della società liberale inglese e americana del suo tempo, in cui ritrovava un modello concreto delle sue speranze. Del resto, non potè forse il maggiore lettore italiano di Marx a fine Ottocento, Antonio Labriola, richiesto dai suoi studenti alla Sapienza, intercalare ai suoi corsi di marxismo, senza cambiare tono, un seminario sull’idea di libertà? Questo intreccio di liberalismo e comunismo è oggi, per me, il punto centrale di una positiva rilettura di Marx dopo le idiozie che sul suo conto si sono dette per più di un secolo. Nel suo essere stato in cerca di una “libertà maggiore” è il segreto del marxismo, las grande “ideologia” moderna di liberazione dell’uomo dalla disuguaglianza, dallo sfruttamento, dall’oppressione, dalla “alienazione”. Spero che ciò risulti chiaramente dalla lettura che io facevo di lui oltre quarant’anni fa. […]

 da Al lettore, sta in M.A.Manacorda, Marx e l’educazione, Armando, 2008, pp.14-15, raccolta già presente in Il marxismo e l’educazione, Editori Riuniti, 1966

domenica 1 marzo 2015

Domanda intelligente sull'inconscio

 

L’inconscio è intelligente o stupido?

 
Nel 1992, sull’Ame­ri­can Jour­nal of Psy­cho­logy, apparve un lavoro che ebbe un grande impatto:“L’inconscio è intel­li­gente o stu­pido?” Da allora la ricerca sulla pos­si­bi­lità del pro­cessi incon­sci di svol­gere fun­zioni sofi­sti­cate ha avuto uno svi­luppo note­vole. Sulla rivi­sta dell’Accademia Nazio­nale delle Scienze degli Stati Uniti, è stato pub­bli­cato recen­te­mente uno stu­dio, inti­to­lato «Leg­gere e fare arit­me­tica non con­scia­mente», che dimo­stra come fun­zioni men­tali di alto livello ( pro­ces­sare un numero di parole e risol­vere equa­zioni arit­me­ti­che) non richie­dono la coscienza.
A uno sguardo distratto, lo stu­dio può appa­rire come con­ferma della teo­ria psi­coa­na­li­tica dell’inconscio. In realtà esplora la coscienza subli­mi­nale, la quale se ha un legame con i con­cetti freu­diani, ce l’ha con quello del «pre­con­scio»: il pen­siero che, restando sullo sfondo, è e, al tempo stesso, non è pre­sente nella coscienza, in attesa di allog­giare pie­na­mente in essa.
Il dato inte­res­sante nei risul­tati otte­nuti dai stu­diosi ame­ri­cani, è la dimo­stra­zione che il pen­siero pre­con­scio non è un pen­siero poten­ziale in attesa di entrare in azione e pren­dere forma reale nel momento oppor­tuno, ma un insieme di pro­cessi subli­mi­nali che sot­ten­dono il pen­siero cosciente, lavo­rando, in gran parte, con le sue stesse moda­lità. Per­ve­niamo solo par­zial­mente alla con­sa­pe­vo­lezza dei pro­cessi logici con cui rap­pre­sen­tiamo, e ordi­niamo, il nostro rap­porto con la realtà.
Il limite di que­sto approc­cio alla cono­scenza dei pro­cessi men­tali incon­sci, è l’assunto che si pos­sano misu­rare sulla base della loro equi­pa­ra­zione, sul piano for­male, con quelli con­sci. Ciò che si misura in que­sto modo è la dif­fe­renza tra la con­sa­pe­vo­lezza e la coscienza. La seconda include un fun­zio­na­mento logico subli­mi­nale che estende il campo del pen­siero preconscio.
L’inconscio come lo inten­dono gli psi­coa­na­li­sti, è un pen­siero che non tiene conto del prin­ci­pio di non con­trad­di­zione (o a è b o a non è b).Nei nostri pro­cessi men­tali con­flui­scono moda­lità di rap­pre­sen­ta­zione con­sce che rispet­tano il prin­ci­pio di con­trad­di­zione e moda­lità incon­sce che non lo rispet­tano. Que­ste ultime cor­ri­spon­dono al pen­siero con­scio di un bam­bino che comu­nica con i gesti (inclusi quelli sonori) ma non sa ancora par­lare. Tale pen­siero, che con l’avvento della parola ini­zia ad essere rimosso e a diven­tare incon­scio, per­si­ste fino all’età di cin­que anni (la soglia in cui si fer­mano i nostri ricordi) con­vi­vendo, tem­po­ra­nea­mente, con il pen­siero logico desti­nato a sosti­tuirlo. Il pen­siero misto che rap­pre­senta la realtà in accordo e, al tempo stesso, in con­tra­sto con il prin­ci­pio di non con­trad­di­zione, soprav­vive nella dimen­sione oni­rica del sonno e della veglia, dove incon­scio e coscienza/preconscio si com­pe­ne­trano. Que­sto pen­siero, che si dif­fonde nella coscienza, men­tre una sua parte resta immersa nell’inconscio, è il luogo di ispi­ra­zione e tra­sfor­ma­zione crea­tiva dei pro­cessi cogni­tivi logici, dove l’apertura sog­get­tiva alla vita incon­tra le con­di­zioni ogget­tive della realtà.
Il pen­siero oni­rico sor­regge la coscienza, la fa sus­si­stere nella sua forma subli­mi­nale e in quella con­sa­pe­vole, col­mando le lacune del pen­siero logico. Se, da una parte, i pro­cessi logici oltre­pas­sano la coscienza in senso stretto, dall’altra, in modo più signi­fi­ca­tivo, la coscienza oltre­passa i con­fini della rap­pre­sen­ta­zione logica delle cose, sfu­man­doli. L’inconscio non è «intel­li­gente» (né tan­to­meno stu­pido). Imprime nel pen­siero un movi­mento che tra­sforma l’intelligenza com­pu­ta­zio­nale, che pro­cessa parole e numeri, in intel­li­genza del vivere.

da Verità nascoste. La rubrica settimanale su Il Manifesto di Sarantis Thanopulos del 27 febbraio 2015