Subaltern studies Italia

L’analisi e la classe - a cura di Ferdinando Dubla

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giovedì 15 settembre 2011

La scuola Arrigoni non s’ha da fare


Non è lotta al terrorismo palestinese impedire ai bambini di avere una scuola. Eppure l’esercito israeliano che governa i territori occupati della Cisgiordania, a pochi giorni dall’inaugurazione dell’anno scolastico, programmata per oggi, ha deciso che nel villaggio di Ras al Auja (deserto nella Valle del Giordano, alle porte di Jericho), scuole non devono essercene, men che meno se intitolate alla memoria di “Vittorio Arrigoni”. Piccole storie di soprusi quotidiani che fanno comprendere bene quale sia il clima in Israele e Palestina alla vigilia del voto all’Onu, previsto la prossima settimana, sulla nascita dello Stato libero e indipendente palestinese.

Il 25 aprile ero a Ras al Auja, quando un gruppo di volontari internazionali partecipò alla posa della prima pietra della scuola che avrebbe dovuto chiamarsi “Vittorio Arrigoni”. Erano passati soltanto pochi giorni dalla tragica fine del volontario italiano, ucciso nell’altra Palestina, a Gaza: due palestinesi, appartenenti a un famigerato gruppo salafita, sono adesso sotto processo, la prossima udienza è fissata il 22 settembre. Quella del 25 aprile fu una mattinata di festa nella Valle del Giordano, con i bambini che osservavano felici la cerimonia dei più grandi, quello spostare da una parte all’altra i mattoni cantando Bella ciao, omaggio ad Arrigoni e ai volontari italiani presenti. I bambini non capivano, chiedevano. “Sarà una scuola”, era la risposta, “dove potrete fare meglio le cose che adesso fate nelle tende”. Già, non capivano, perché per loro la scuola è sempre stata una tenda, niente di più.

Ma la piccola struttura in muratura non sarà mai terminata per la decisione dell’esercito israeliano, che nella mattinata del 7 settembre ha cominciato a smantellare tutto, portando via anche i due grandi caravan che la comunità palestinese della Valle avrebbe utilizzato come aule in supporto alla struttura. “Zona militare chiusa”, non si passa e non si può costruire nulla, questa è la triste realtà della cosiddetta zona C dei Territori occupati. Della gioia di quella mattinata, condivisa dall’ex europarlamentare italiana Luisa Morgantini, alla guida della delegazione italiana di volontari presente, e dal governatore di Jericho Majed Al Fityani, non rimane altro che la polvere del deserto.

“Sono sorpreso dall’azione militare di Israele – dice ora Al Fityani –, noi dobbiamo provvedere all’educazione dei nostri figli, mettendoli nelle migliori condizioni possibili. Ma come possiamo farlo? È impossibile costruire qualsiasi tipo di struttura nella zona C”.

Quale processo di pace può ripartire, come invocano gli Stati Uniti di Obama, motivando così l’annunciato veto all’Onu sullo Stato di Palestina dichiarato unilateralmente? Impedire la nascita di una scuola, di quella scuola tanto simbolica per l’intitolazione ad “Arrigoni”, in un’area così remota e desertica, è solo un piccolo frammento di una realtà difficile, ma spiega molto bene quanto si sia lontani dalla pace in Medio Oriente.



Giampiero Calapà,Il Fatto Quotidiano, 15 settembre 2011

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