Subaltern studies Italia

L’analisi e la classe - a cura di Ferdinando Dubla

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domenica 9 marzo 2014

Liste elettorali, legalità ed idiozia


Giunge in queste ore la notizia che lo scrittore Andrea Camilleri si sarebbe già ritirato dalla “Lista Tsipras” a causa della candidatura, nella stessa lista, di Luca Casarini, ex leader dei “disobbedienti” veneti, ex esponente molto mediatizzato del “movimento No Global” di inizio millennio, ex ecc.

La ragione di questo ritiro ci permette di stigmatizzare – con tutta la determinazione di cui siamo capaci – il più idiota dei “luoghi comuni” che affligge i “movimenti della società civile” da un ventennio a questa parte. La “lista Tsipras” - senza che il leader di Syriza ne sapesse probabilmente granché – si era data come principio di ammissione delle candidature quello della “fedina penale immacolata”, in omaggio al dogma “legalitario” in uso anche presso il Movimento Cinque Stelle. E il povero Casarini, in effetti, qualche condanna l'ha avuta. Per ragioni che ci hanno visti sempre solidali, anche se fortemente critici con la sua linea politica, culturale e quant'altro.

Sta di fatto che la “garanzia” a Casarini è stata data, sembra, da Tsipras in persona, a sua volta ex esponente dei No Global nel suo paese, che proprio non poteva capire perché un titolo di merito – l'aver contrastato il neoliberismo imperante anche e soprattutto nelle piazze – si dovesse trasformare in una ragione di esclusione dalla vita istituzionale. E quindi Casarini resta candidato, mentre Camilleri si ritira.

Come mossa di campagna elettorale è un vero capolavoro. E altre probabilmente ne arriveranno nelle prossime settimane, vista la disomogeneità totale del caravanserraglio mal allineato dietro il nome del leader greco.

Non siamo parte di quel “trenino” a là Gambardella, quindi ci concentriamo sul dato di fondo, politico e culturale insieme: il tabù della “condanna penale” a prescindere dal tipo di “reato” commesso.

Sappiamo benissimo da dove proviene questo cancro del pensiero “movimentista civile”: da un ventennio berlusconiano che ha azzerato le capacità critiche dei critici del Caimano, nel solco delle idiozie seminate a piene mani da Repubblica e zone limitrofe. Un ventennio in cui – vista l'assoluta incapacità o volontà di delineare un'opposizione programmatica e valoriale al neoliberismo (in parte rappresentato dallo stesso Berlusconi, in parte anche maggiore impersonato dal “centrosinistra”) - le uniche “ragioni unificanti” dell'opposizione a Berlusconi sono state trovate nella sua dichiarata indifferenza alle regole del condice penale come di quello civile, ma persino di quelle del galateo e fors'anche dello stare a tavola (se ricordiamo qualcosa delle “serate eleganti” di Arcore).

Ma criticare il Cavaliere perché “illegale” e contrapporglisi in nome della “legalità” è la morte della capacità di pensare. Nonché fonte di divertenti contraddizioni: tipo il “falso in bilancio”, ad un certo punto depenalizzato e trasformato in illecito amministrativo. Immaginiamo quanti “civilissimi movimentatori” si siano buttati a commettere quello che – grazie al Caimano – non era più un reato... Del resto, se il capofila di questo “pensiero” è De Benedetti...

Un intero movimento politico-elettorale si è formato su questa base, i Cinque Stelle. Senza farsi neppure un problema dell'avere come leader assoluto – e anche parecchio dispotico – un “pregiudicato” come Beppe Grillo (condannato per omicidio colposo in un incidente stradale da lui provocato). Anche qui si vede in azione la morte del pensiero. Ora il leader massimo del M5S ha aggiunto una nuova condanna – quella a 4 mesi per aver infranto i sigilli alla baita dei No Tav – e tutti i suoi seguaci possono sperimentare dal vivo quanto idiota sia quella “preclusione”. In effetti, qualcuno dei suoi gli ha subito scritto benedicendolo per questa “medaglia” conquistata sul campo. Ma senza accorgersi di star sostenendo qualcosa di innominabile nell'ambito del “pensiero grillino”.

Paradossi apparenti, frutto di un modo di ragionare che impedisce di ragionare.

La nostra posizione è nota e semplice: a noi interessa sapere se una persona che deve assumere un ruolo è degna di fiducia e all'altezza di quel ruolo. Non ci piacciono i bimbiminchia che arrivano “vergini” ai ruoli di responsabilità. Probabilmente sono servi del potere, corrotti ancora prima di arrivarvi, "raccomandati" con relazioni personali "intense" con uno o più capicordata.

Per sapere se è "degno", l'unico modo serio è averne verificato le capacità nel vivo del conflitto, sociale e politico. Se ha saputo prendersi delle responsabilità, avere iniziativa, risolvere problemi, mantenere l'equilibrio anche nelle situazioni difficili, lavorare in modo disinteressato e senza sprecare risorse collettive... per noi va bene.

Se nel corso della sua esperienza conflittuale è stato magari denunciato, picchiato, arrestato o condannato... Per noi è un titolo di merito. Ops, l'abbiamo detto: siamo meritocratici!

Caro Camilleri, Montalbano ci darebbe ragione...

Dante Barontini (Contropiano)

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