Carlo Levi (1902-1975)
E
ripensando a lui mi tornava davanti agli occhi la sua figura, perché io ho
avuto la fortuna, molto giovane, ragazzo, di conoscere e anche di frequentare
qualche volta Antonio Gramsci quelle volte, poche, in cui quasi sempre in
compagnia di Gobetti io andai, poco più che adolescente, alla sede dell’”Ordine
Nuovo”, a Torino, difesa allora dai fili spinati nel cortile e dagli operai
torinesi armati. Quella sede che sembrava una fortezza delle speranze e della
volontà e della libertà in mezzo alla selva della barbarie fascista che
imperava nelle strade, quella sede che non fu mai occupata dai fascisti e che
rimase intatta fino alla fine. Ricordo nella medesima stanza della redazione,
Gramsci che ci accoglieva con un sorriso, Gobetti ed io, (Gobetti era redattore
dell’”Ordine Nuovo”, redattore teatrale). Di Gobetti, Gramsci proprio nelle
pagine finali del suo celebre scritto sulla Questione
meridionale, ha scritto un elogio e ha lasciato agli amici di Gobetti,
quasi con voce di un legato o di un testamento, una responsabilità, che, spero,
di non aver tradito mai. Ora io quasi non ricordo di che cosa mai parlassimo,
tanti anni sono passati,ma ricordo soprattutto la sua figura che veramente
faceva vibrare l’aria attorno. Ricordo il fuoco nero dei suoi occhi e l’energia
vitale, estrema, sublime, che irradiava attorno a lui. L’intensità unica della
capacità di amore e anche della capacità di odio e di volontà rivoluzionaria
che si leggeva nella sua figura. Io credo veramente che non ho mai visto uomini
con un viso che rappresentasse in questo modo la personalità totale, così
intensa, e associo in questo alla figura di Gramsci quella di Gobetti che anche
egli aveva in un modo diverso una pari intensità,una pari vitalità,una pari
profonda volontà rivoluzionaria.
Erano
uomini che in altri tempi si sarebbero detti composti della materia dei santi, questi
santi laici che da soli riescono a muovere il mondo e spostarlo e a creare
veramente l’avvenire, e, anche se quello che allora potessimo aver detto (c’era
una differenza di età, piccola, ma grandissima, perché non avevo ancora 16 o 17
anni, e Gramsci credo aveva allora 30 anni all’incirca), se anche non ricordo
gli argomenti di cui c’eravamo in quelle rare volte trattenuti, ricordo in
maniera straordinaria questa energia palese in ogni atto e in ogni pensiero, questa
energia che dava al pensiero un valore assoluto, perentorio e insieme critico, questa
energia che per me colora ancora oggi ogni suo scritto e che fa sì che leggendo
una qualunque pagina di Gramsci io ci ritrovo questo fuoco vitale, anche al di
là della lettera del testo, anche al di là di quella che può essere l’occasione
o il particolare contenuto del pensiero.
dal
discorso a braccio di Carlo Levi al cinema-teatro Impero di Matera sul tema “Gramsci e il Mezzogiorno, oggi”, 27 aprile
1967, cfr. C.Levi, Gramsci e il
Mezzogiorno, oggi, “Basilicata”, XI, 5-6, maggio-giugno 1967, pp. 22-26
Levi,Carlo
Gramsci e il Mezzogiorno oggi , Basilicata, June, 1967, 5-6 pp. 22-26
Text of the speech given on the occasion of the commemoration of the 30th
anniversary of the death of Gramsci (Matera). Reprinted with
the title «Gramsci e il Mezzogiorno» in Contadini e Luigini. Testi e disegni
di Carlo Levi. A cura di Leonardo Sacco. Quaderni di «Basilicata», n. 2,
Roma-Matera: Basilicata editrice, 1975, pp. 67-72. Also reprinted with the
title «Il metodo della libertà» in Emigrazione, 4 (1977), pp. 10-15.
dipinto di Levi "in morte di Rocco Scotellaro" (1954)
Nessun commento:
Posta un commento