è, a mio parere, un capolavoro assoluto di tutti i tempi. Attribuibile ad un artista geniale, Epigonos di Pergamo, dell'omonima scuola "barocca" della meravigliosa città dell'Asia Minore, capitale dell'Ellenismo durante la dinastia degli Attalidi, la scultura sta alla pari della Pietà michelangiolesca. Non è solo la sofferenza di un eroe di guerra, pur piegato e sconfitto, ma che promana dignità e orgoglio, il sentimento prevalente. Esso, il GALATA che muore, è il tramonto di una civiltà intera, quella classica greca, quella della potenza delle polis che avevano piegato persino il MOLOCH persiano. Ma al tramonto politico e civile, corrisponde la massima diffusione della cultura di quella civiltà, la sua eternità umana nella imperitura memoria del tempo. Le splendide forme del GALATA infatti sono classiche, riconducibili, con stile ricamato e generoso, a Prassitele, a Policleto, allo stesso Fidia. L'eroe è nudo, è tutto umano, la sua pena non ha più la consolazione degli dei. È pietà, ma profana, laica, umanistica, senza il filtro simbolico-religioso di Michelangelo.
mercoledì 27 settembre 2017
ELLENISMO (2) in critica d'arte -- IL GALATA MORENTE E LE MADRI DELL'UMANITÀ (Dublicius)
è, a mio parere, un capolavoro assoluto di tutti i tempi. Attribuibile ad un artista geniale, Epigonos di Pergamo, dell'omonima scuola "barocca" della meravigliosa città dell'Asia Minore, capitale dell'Ellenismo durante la dinastia degli Attalidi, la scultura sta alla pari della Pietà michelangiolesca. Non è solo la sofferenza di un eroe di guerra, pur piegato e sconfitto, ma che promana dignità e orgoglio, il sentimento prevalente. Esso, il GALATA che muore, è il tramonto di una civiltà intera, quella classica greca, quella della potenza delle polis che avevano piegato persino il MOLOCH persiano. Ma al tramonto politico e civile, corrisponde la massima diffusione della cultura di quella civiltà, la sua eternità umana nella imperitura memoria del tempo. Le splendide forme del GALATA infatti sono classiche, riconducibili, con stile ricamato e generoso, a Prassitele, a Policleto, allo stesso Fidia. L'eroe è nudo, è tutto umano, la sua pena non ha più la consolazione degli dei. È pietà, ma profana, laica, umanistica, senza il filtro simbolico-religioso di Michelangelo.
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