Subaltern studies Italia

L’analisi e la classe - a cura di Ferdinando Dubla

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venerdì 3 agosto 2018

PER UN NUOVO MERIDIONALISMO


un’ interessante analisi di Piero Sansonetti su “Il dubbio” (3 agosto 2018) che potrebbe rendersi funzionale alla necessaria ripresa del pensiero meridionalista, nel solco del marxismo e dell’elaborazione gramsciana. (fe.d.) 

[parziale]
Negli ultimi diciotto anni, ci dice la Svimez, quasi due milioni di giovani meridionali hanno abbandonato il nostro paese. Qualcuno è andato al Nord, moltissimi all’estero.
Due milioni vuol dire un po’ più di una intera Regione, come la Calabria o come la Sardegna. Capite? una intera Regione che scompare. E vuol dire quasi il 10 per cento della popolazione meridionale. Siccome però questi migranti sono quasi tutti giovani tra i 18 e 30 anni, la percentuale è molto, molto superiore: quasi la metà dei giovani meridionali è in fuga.
Se andate in vacanza al Sud, provate a fare una gita nei paesini di montagna, della Sicilia, della Calabria, dell’Abruzzo. Sono bellissimi. Bellissimi ma vuoti.
Sono ancora “vivi” perché fino a trent’anni fa, nonostante l’emigrazione, ci abitavano moltissime persone. Ora sono quasi deserti, silenziosi. Poche decine di residenti, tutti vecchi, un ufficio postale, i locali del comune, un droghiere, un bar che vende le sigarette e forse una trattoria quasi sempre senza clienti.
Il rapporto della Svimez, uscito l’altro giorno, mette i brividi. Il Sud, da quando è iniziata la crisi, è su una china che non sembra avere fine. La crescita del Pil, nonostante una ripresa tra il 2015 e il 2017, è a meno 10 per cento, mentre al Nord è al meno 4 per cento. Il che vuol dire che in questi pochi anni il divario tra Nord e Sud è ancora aumentato. E per il 2019 si prevede un’ulteriore frenata dello sviluppo al Mezzogiorno, compensata da un aumento al Nord. Investimenti pubblici per il Sud zero, i privati ci hanno messo qualche soldo tra il 2015 e il 2017 poi si sono ritirati.
Voi capite che considerare la questione meridionale quasi come una questione minore è una follia. Stando ai numeri nudi e crudi scopriamo che il fenomeno dell’emigrazione è quantitativamente quasi uguale al fenomeno dell’immigrazione. Eppure di immigrazione si parla moltissimo, si discute di come fermarla, viene posta al centro di tutte le discussioni politiche, presentata come l’emergenza delle emergenze. Sebbene i dati ci dicono che l’aumento degli immigrati non ha prodotto grandi danni, anzi ci ha salvati, in questi anni, dal crollo demografico, e ha portato risorse indispensabili alle casse dello Stato. E quando si propongono alla discussione questi numeri, in molti rispondono che il problema è quello di sostituire l’immigrazione con l’aumento delle nascite, mettendo a punto delle forti strategie di sostegno alla famiglia.
Sarà anche vero. E non voglio qui addentrarmi nella discussione ( che considero un po’ surreale) sulla sostituzione etnica, che è lo spauracchio dei sovranisti. Voglio solo far osservare che aumentare le nascite, per esempio al Sud, potrebbe non servire niente se poi la metà o più di quelli che nascono, a sedici anni se ne scappa via.

Il danno irreversibile che l’emigrazione ha procurato al Sud è incalcolabile. La perdita di forza lavoro giovane, di intelligenze, di sapere, ha ridotto molti paesi e città e province e in una condizione di povertà e di disperazione. Non solo mancano i soldi, manca lo Stato, mancano le strutture, mancano le scuole, le università, i musei, ma mancano le intelligenze e le braccia. Cioè manca l’umanità: tutto. Intelligenze e braccia sono andate a lavorare per il Nord, o per gli stranieri, e il prezzo sociale ed economico pagato dal Sud è mostruoso. Una cosa è pagare una tassa, una casa è regalare i propri figli. Naturalmente se vogliamo parlare di colpe dobbiamo chiamare in causa tutti. I partiti di sinistra e di destra, i giornali, le Tv, tutta l’informazione, gli imprenditori ( quelli del Sud, apatici, quelli del Nord, rapaci ed egoisti, che sono scesi al Mezzogiorno solo per raccattar sussidi e poi sono spariti), i sindacati, la magistratura, i prefetti. In questi decenni c’è stata come una specie di grande alleanza tra tutti questi soggetti che ha avuto come risultato l’impoverimento del Sud e la perdita di prospettive. I partiti hanno tagliato i fondi ( specie da quando la Lega Nord ha assunto un peso molto grande nella politica italiana, cioè dalla fine degli anni ottanta), e hanno rinunciato a sviluppare ricerca sociale e strategia. Il meridionalismo, che era stato uno dei punti forti dell’elaborazione teorica dei grandi partiti negli anni sessanta, è scomparso. Messo al bando. Voi sapete chi è Pasquale Saraceno? Forse si, ma se facciamo un sondaggio tra gli italiani credo che almeno il 90 per cento confesserà di non averlo mai sentito nominare. 
L’informazione non ha mosso un dito per raccontare il Sud e rappresentarne le ragioni. Del resto c’è un dato che colpisce: le direzioni e i centri produttivi di tutte le Tv, tutte le radio, tutti i quotidiani e tutti i settimanali nazionali, risiedono al Nord. Tutte. Sotto Roma, zero. E’ immaginabile che un paese dove esiste un Meridione che non è in grado di produrre nemmeno un grammo di informazione, possa essere un paese equilibrato dal punto di vista territoriale? Tutti noi conosciamo le idee del Nord sul Sud. Nessuno conosce quelle del Sud sul Nord. E in questo modo il nordismo diventa senso comune, il sudismo diventa spazzatura. E alla fine la questione meridionale si riduce alla questione criminale, alla lotta alla mafia. E’ giustissimo combattere la mafia, ma pensare che la lotta alla mafia possa sostituire un “piano”, una “strategia” per il Sud, è come pensare che per governare bene una azienda, prendiamo la Fiat, bisogna mettere i metal detector all’uscita. la lotta alla mafia è stata una specia di scusa, per la politica. Una scusa per ignorare il Sud. e spesso ha prodotto danni, invece che sollievo, ha bloccato lo sviluppo, ha creato nuove ingiustizie.




http://ildubbio.news/ildubbio/2018/08/03/sud-mandato-alla-deriva/


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