Subaltern studies Italia

L’analisi e la classe - a cura di Ferdinando Dubla

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giovedì 19 agosto 2021

ORIGINI, AUTORI e SVILUPPI del collettivo dei Subaltern studies e il riferimento a GRAMSCI

 

da Su alcuni sviluppi del concetto di "Società politica" : Uno sguardo ai Subaltern Studies

di Tito Marci,

 

FA PARTE DI

Sociologia : rivista quadrimestrale di scienze storiche e sociali: XLX, 2, 2016

- riproduciamo dal paragrafo 3 “L’influenza di Gramsci nei Subaltern Studies indiani”, stralcio e note 20 e 21


- Subaltern Studies, nome che indica, al contempo, un gruppo di storici e una collana di volumi dedicata allo studio delle classi subalterne (20) . Il riferimento a Gramsci, come si può ben capire, è già nel nome del collettivo e rimanda essenzialmente al numero 25 dei Quaderni del carcere, intitolato, appunto, Ai margini della storia (Storia dei gruppi sociali subalterni) (21).

20) Il Collettivo dei Subaltern Studies, formatosi all’inizio degli anni Ottanta in India attorno all’Università di Delhi, costituisce una delle scuole fondamentali degli studi culturali sviluppatisi in India (insieme a quelle del Centre for the Study of Developing Societies e del Centre of Contemporary Studies). Riunito intorno allo storico Ranajit Guha, si era posto, fin dai suoi esordi, il fine di ricostruire la storia del subcontinente indiano, dando ascolto e voce ai subalterni, che la storiografia dominante - quella di stampo eurocentrico dei colonizzatori britannici da un lato, e quella dell’élite nazionalista dall’altro - avevano in qualche modo occultato. Secondo Guha e gli altri membri del gruppo originale - tra cui Partha Chatterjee, Gyanendra Pandey, Shahid Amin, David Arnold,David Hardiman e Dipesh Chakrabarty, a cui presto se ne aggiungeranno altri, quali Gayatri C. Spivak e Bernard Cohn - tutti i resoconti della storia indiana risultavano incompleti e parziali, perché non trattavano del ruolo essenziale svolto nella formazione della nazione dai movimenti autonomi delle masse ‘subalterne’. Guha illustra chiaramente la situazione nel saggio On Some Aspectsof the Historiography of Colonial India, specie di ‘manifesto programmatico’ che, nel 1982, apre il primo volume della collana Subaltern Studies. Writings on South Asian History and Society, pubblicazione ufficiale dell’omonimo collettivo di Delhi, oggi arrivata al dodicesimo volume. Il collettivo, formatosi in India, si è presto espanso, attraverso gli studi postcoloniali, in tutta l’area anglosassone, ed è diventato un filone intellettuale riconosciuto a livello internazionale specialmente da quando Edward W. Said ha agevolato, con una sua introduzione, la pubblicazione negli Stati Uniti di un’antologia dei loro scritti (R. GUHA, G. C. SPIVAK(eds.), Selected Subaltern Studies, New York-Oxford, Oxford University Press, 1988), tradotto poi anche in Italia con una presentazione di S. Mezzadra (R. GUHA, G. C. SPIVAK, Subaltern Studies. Modernità e (post)colonialismo, con Introduzione di E. W. Said, Verona, Ombre corte, 2002). Gramsci e lo stesso Said, insieme ad una lettura eterodossa del marxismo, costituiscono in qualche modo i punti di partenza del discorso subalterno formulato dal Collettivo indiano - il primo in quanto iniziatore di una direttrice del marxismo occidentale a cui gli studiosi indiani fanno continuo riferimento, il secondo, che pure si rifà al pensiero gramsciano, in quanto caposcuola del discorso postcoloniale orientalista (il suo Orientalism è del 1978); un discorso che Guha e gli altri studiosi riprendono ed approfondiscono ulteriormente. Molteplici, infatti, sono i punti di riferimento dei diversi membri del collettivo: si rifanno, ad esempio, a Frantz Fanon e a storici come Edward P. Thompson, Eric Hobsbawm e Carlo Ginzburg; si confrontano con lo strutturalismo, il post-strutturalismo e il decostruzionismo, ovvero, con Roland Barthes, Michel Foucault e Jacques Derrida. Da qui, ragionando per problemi concreti, i loro interessi si aprono a nuove tendenze e orientamenti di pensiero - il femminismo, gli studi di genere, quelli legali - contribuendo così a realizzare, in maniera intertestuale e interculturale, un’analisi genealogica problematica e complessa degli attuali processi della globalizzazione. Per quanto riguarda la ricezione e la discussione italiana di tale indirizzo di studio si segnalano, tra gli altri, S. MEZZADRA, La condizione postcoloniale. Storia e politica nel presente globale, Verona, Ombre corte, 2008; AA.VV., Saperi in Polvere. Una introduzione agli studi culturali e postcoloniali, Verona, Ombre corte, 2012 e L. CANGEMI, L’elefante e la metropoli. L’India tra storia e globalizzazione, Bari, Dedalo, 2012.

21) Ricordava Hobsbawm: “La fiorente scuola storica di ‘studi subalterni’ che ha il suo centro a Calcutta sostiene che l’influenza gramsciana sia tuttora in espansione. Gramsci è sopravvissuto alle congiunture politiche che furono alla base del suo primo successo internazionale. È sopravvissuto allo stesso movimento comunista europeo” (E. J. HOBSBAWM, Gramsci in Europa e in America, Roma-Bari, Laterza, 1995, pp. IX-X).

 

SOCIOLOGIA - Rivista quadrimestrale di Scienze Storiche e Sociali dell'Istituto Luigi Sturzo, diretta da Andrea Bixio. 

Tito Marci è attualmente Preside della Facoltà di Scienze Politiche, Sociologia, Comunicazione della “Sapienza” Università di Roma e Professore Ordinario di Sociologia giuridica presso il Dipartimento di Scienze Politiche dello stesso Ateneo. Professore visitatore in diverse università Indiane e relatore in seminari, conferenze e convegni in università degli Stati Uniti d’America, del Messico e della Turchia.


 di Tito Marci vedi anche “Verso una concezione «costituente» della cittadinanza. Critica dei Subaltern studies e nuovi modelli di partecipazione politica”, Sociologia, nr.2/2013

https://www.ibs.it/verso-concezione-costituente-della-cittadinanza-ebook-tito-marci/e/9788849257755







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