L’inconscio è intelligente o stupido?
Nel 1992, sull’
American Journal of Psychology, apparve
un lavoro che ebbe un grande impatto:“L’inconscio è intelligente
o stupido?” Da allora la ricerca sulla possibilità del processi
inconsci di svolgere funzioni sofisticate ha avuto uno sviluppo
notevole. Sulla rivista dell’Accademia Nazionale delle Scienze degli
Stati Uniti, è stato pubblicato recentemente uno studio,
intitolato «Leggere e fare aritmetica non consciamente», che
dimostra come funzioni mentali di alto livello ( processare un
numero di parole e risolvere equazioni aritmetiche) non richiedono
la coscienza.
A uno sguardo distratto, lo studio può apparire come conferma
della teoria psicoanalitica dell’inconscio. In realtà esplora la
coscienza subliminale, la quale se ha un legame con i concetti
freudiani, ce l’ha con quello del «preconscio»: il pensiero che,
restando sullo sfondo, è e, al tempo stesso, non è presente nella
coscienza, in attesa di alloggiare pienamente in essa.
Il dato interessante nei risultati ottenuti dai studiosi
americani, è la dimostrazione che il pensiero preconscio non è un
pensiero potenziale in attesa di entrare in azione e prendere forma
reale nel momento opportuno, ma un insieme di processi subliminali
che sottendono il pensiero cosciente, lavorando, in gran parte, con
le sue stesse modalità. Perveniamo solo parzialmente alla
consapevolezza dei processi logici con cui rappresentiamo,
e ordiniamo, il nostro rapporto con la realtà.
Il limite di questo approccio alla conoscenza dei processi
mentali inconsci, è l’assunto che si possano misurare sulla base
della loro equiparazione, sul piano formale, con quelli consci. Ciò
che si misura in questo modo è la differenza tra la
consapevolezza e la coscienza. La seconda include un
funzionamento logico subliminale che estende il campo del pensiero
preconscio.
L’inconscio come lo intendono gli psicoanalisti, è un pensiero
che non tiene conto del principio di non contraddizione (o a è b o
a non è b).Nei nostri processi mentali confluiscono modalità di
rappresentazione consce che rispettano il principio di
contraddizione e modalità inconsce che non lo rispettano. Queste
ultime corrispondono al pensiero conscio di un bambino che
comunica con i gesti (inclusi quelli sonori) ma non sa ancora parlare.
Tale pensiero, che con l’avvento della parola inizia ad essere
rimosso e a diventare inconscio, persiste fino all’età di cinque
anni (la soglia in cui si fermano i nostri ricordi) convivendo,
temporaneamente, con il pensiero logico destinato a sostituirlo.
Il pensiero misto che rappresenta la realtà in accordo e, al tempo
stesso, in contrasto con il principio di non contraddizione,
sopravvive nella dimensione onirica del sonno e della veglia, dove
inconscio e coscienza/preconscio si compenetrano. Questo pensiero,
che si diffonde nella coscienza, mentre una sua parte resta immersa
nell’inconscio, è il luogo di ispirazione e trasformazione
creativa dei processi cognitivi logici, dove l’apertura soggettiva
alla vita incontra le condizioni oggettive della realtà.
Il pensiero onirico sorregge la coscienza, la fa sussistere
nella sua forma subliminale e in quella consapevole, colmando le
lacune del pensiero logico. Se, da una parte, i processi logici
oltrepassano la coscienza in senso stretto, dall’altra, in modo più
significativo, la coscienza oltrepassa i confini della
rappresentazione logica delle cose, sfumandoli. L’inconscio non è
«intelligente» (né tantomeno stupido). Imprime nel pensiero un
movimento che trasforma l’intelligenza computazionale, che
processa parole e numeri, in intelligenza del vivere.
da Verità nascoste. La rubrica settimanale su
Il Manifesto di
Sarantis Thanopulos del 27 febbraio 2015
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