Subaltern studies Italia

L’analisi e la classe - a cura di Ferdinando Dubla

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lunedì 6 aprile 2015

KARL KORSCH: marxismo e filosofia (prima parte)


COMUNISMO E FILOSOFIA (1)
(Riassunto e adattamento da “Marxismo e filosofia” di Karl Korsch) 

A cura di Daniele Mansuino

Per molto tempo, l’idea che il rapporto tra marxismo e filosofia potesse costituire un problema importante ha avuto scarsa fortuna. Per i filosofi, il marxismo rappresentava un aspetto piuttosto marginale della dissoluzione della scuola hegeliana ; per i marxisti, sebbene Marx ed Engels avessero sostenuto che il socialismo scientifico raccoglieva l’eredità della filosofia classica tedesca, il marxismo non era una filosofia bensì il suo superamento e la sua soppressione ; vedremo più avanti cosa questo significhi esattamente. Fu quindi costume generale dei grandi pensatori marxisti, come Mehring, il rifiuto di ogni elucubrazione filosofica : rifiuto che, secondo loro, nei maestri Marx ed Engels avrebbe costituito la premessa delle loro opere immortali . Occuparsi di problemi filosofici veniva considerato una perdita di tempo e di energie : si aveva sempre cura di sottolineare espressamente che, ai fini della lotta di classe, il chiarimento di tali problemi era irrilevante e sempre lo sarebbe rimasto. Ma naturalmente, una simile concezione era giustificata solo a condizione che il marxismo non implicasse nessuna posizione determinata nei confronti di posizioni filosofiche di qualsiasi tipo. Questo era il punto di vista dei professori di filosofia borghesi, che affermando ciò supponevano di dire qualcosa di molto importante contro di esso, come i marxisti ortodossi affermando la stessa cosa erano convinti di dire qualcosa in suo favore . C’era una terza posizione, ed era quella di molti socialisti ottocenteschi che si proponevano di integrare il marxismo con concezioni filosofiche precedenti ; ma il fatto stesso che ritenessero necessaria una tale integrazione prova, in fondo, il loro scetticismo nei confronti del contenuto filosofico del marxismo stesso. Al punto in cui sono giunti gli studi teorici sul marxismo nel ventesimo secolo, è abbastanza facile provare che tutte queste posizioni erano segnate da una grave superficialità ; è un fatto, tuttavia, che coincidevano su un punto importante, ovvero erano contrassegnate dall’oblio del principio dialettico che era stato a suo tempo il cardine della filosofia hegeliana, e che solo il marxismo poteva fregiarsi di aver ripreso e conservato. Si potrà ovviamente interpretare questa omissione come semplice malafede, o meglio come istinto di classe che spinse la ricerca filosofica lontano da quei contenuti che avrebbero potuto gravemente pregiudicare la sua stessa esistenza ; ma se vogliamo conservare l’obbiettività necessaria a trattare il nostro argomento senza sospetti di parzialità, occorre dire che la realtà fu molto più complessa. La classe nella sua interezza , dice Marx , dalle sue basi materiali crea e dà forma a tutta una sovrastruttura di sensazioni, di illusioni, di modi di pensare e di concezioni della vita, differenti e configurate in forme peculiari , e la sua filosofia – pur essendo parte integrante della sovrastruttura – è una parte particolarmente distante dalle basi economiche materiali .
Non ci si può quindi accontentare di spiegare il mancato riconoscimento del contenuto filosofico del marxismo a partire dal suo nocciolo terreno , ovvero gli interessi di classe che esso nasconde. Occorre invece concentrarsi sulla distanza : ovvero sulle mediazioni che impedirono ai filosofi di coglierlo, almeno per stabilire se queste possano aver rivestito un peso determinante. L a risposta non può che essere affermativa : in quanto lo smarrimento dell’importanza del principio dialettico fu un’acclarata conseguenza della crisi della filosofia hegeliana un fenomeno sul quale il peso diretto della lotta tra le classi può essere definito insignificante. Tra le ragioni per cui tale fenomeno non fu mai debitamente analizzato, la principale risiede nel fatto che la filosofia hegeliana può essere compiutamente compresa solo in connessione con il reale sviluppo storico complessivo della società borghese, un tema che la filosofia borghese al suo attuale stadio di sviluppo non è in grado di cogliere con una ricerca spregiudicata e imparziale. Questo problema riguarda anche l’analisi dell’evoluzione precedente, da Kant a Hegel, che non può essere correttamente interpretata se ci si limita a considerarla come un mero periodo della storia della idee , senza tener conto delle sue implicazioni storiche. Ogni tentativo di comprendere nel suo contenuto essenziale questo grande periodo è destinato a fallire finché si trascureranno i nessi che collegano il movimento del pensiero al movimento rivoluzionario .
Nei sistemi filosofici di quest’epoca effettivamente rivoluzionaria nel suo movimento storico la rivoluzione è depositata ed espressa nella forma del pensiero (…). Solo due popoli hanno preso parte a questa grande epoca della storia mondiale di cui la filosofia della storia coglie l’intima essenza : il popolo tedesco e quello francese, per quanto siano opposti o proprio a causa della loro opposizione. Interiormente, le rimanenti nazioni non vi hanno preso parte ; vi hanno però partecipato politicamente, sia i loro governi sia i popoli. In Germania questo principio si è espresso impetuosamente come pensiero, spirito, concetto, in Francia come realtà effettiva ; ciò che di reale si è prodotto in Germania appare invece come violenza di circostanze es teriori e come reazione ad essa (…). La Francia ha il senso del reale, del giungere a compimento, perché in quel paese l’idea trapassa immediatamente in azione, è così che laggiù gli uomini si sono rivolti praticamente alla realtà. Ma per quanto la libertà in sé sia concreta, laggiù essa fu applicata al reale nella sua astrattezza senza prima venir sviluppata ; e far valere le astrazioni nella realtà, significa distruggere la realtà. Il fanatismo della libertà, dato in mano al popolo, divenne terribile. In Germania lo stesso principio ha impegnato l’interesse della coscienza ma è stato sviluppato solo sul piano teorico… In queste frasi di Hegel è espresso il principio che permette di cogliere l’essenza del suo pensiero : quel nesso dialettico tra filosofia e realtà, per cui ogni filosofia non può essere altro che la sua epoca espressa nel pensiero . La classe borghese, che dopo la metà del diciannovesimo secolo cessò definitivamente di essere rivoluzionaria nella sua prassi , perse anche nel pensiero la capacità di comprendere nel loro reale significato i nessi dialettici tra gli sviluppi ideali e quelli storici, e in particolare tra filosofia e rivoluzione. Alla conclusione della filosofia classica tedesca, che era stata l’espressione ideologica del movimento rivoluzionario della borghesia, si sostituisce il suo trapasso nella nuova scienza che d’ora in avanti apparirà, sulla scena della storia delle idee, come l’espressione del movimento rivoluzionario della classe operaia. In realtà, per comprendere il nesso tra i due fenomeni non è strettamente necessario adottare un punto di vista marxista : è sufficiente collocarsi in una prospettiva dialettica. Risultano allora evidenti non solo i nessi tra l’idealismo tedesco e il marxismo, ma soprattutto la loro interiore necessità ; comprendiamo allora che il rapporto che li collega può essere considerato analogo a quello tra i movimenti rivoluzionari espressi dalle due classi, borghesia e proletariato. Per quanto riguarda in particolare la teoria marxista, il suo sorgere non può essere scollegato dal sorgere del movimento proletario : solo se presi assieme i due lati formano la totalità concreta del processo storico. La situazione che rende tanto difficile la comprensione corretta del rapporto tra marxismo e filosofia dipende appunto da questo, che solo il travalicare i limiti del punto di vista borghese trasforma il contenuto del marxismo in oggetto comprensibile, e nello stesso tempo sembra portare alla soppressione dell’oggetto in quanto filosofico.
Marx ed Engels erano ben lontani dal voler erigere una nuova filosofia, pur essendo ben consapevoli del nesso storico esistente tra il loro materialismo e la filosofia precedente, soprattutto il sistema hegeliano. Ma questa origine filosofica formale non significa che esso sia rimasto una filosofia anche nella sua forma autonoma e nel suo ulteriore sviluppo . A partire dal 1845 hanno caratterizzato il loro punto di vista come non più filosofico , e la loro critica nei confronti della filosofia può essere considerata analoga alla critica marxista dello Stato : la quale non è orientata contro una forma storica di Stato in particolare ma contro lo Stato in generale, perché l’idea stessa di Stato corrisponde allo Stato borghese, e la sua soppressione corrisponde al fine ultimo della società comunista. Analogamente inconciliabile viene considerato il contrasto tra la concezione realistica del marxismo e le ciance ideologiche non solo della filosofia in generale, ma di qualunque sistema di pensiero che non sia in grado di trascendere l’idealismo borghese. Ora, in che modo questa soppressione della filosofia fu realizzata concretamente ? E come dobbiamo immaginarla : come un singolo atto legato alla sentenza di condanna espressa da Marx ed Engels nei suoi confronti, o come nel caso della soppressione dello Stato – alla stregua di un processo storico rivoluzionario lungo e complesso, che passa attraverso fasi differenziate ? E in questo caso : quali dovranno essere i rapporti i rapporti tra marxismo e filosofia fintantoché la sua soppressione non sarà ultimata ?

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