Lo studio dell’organizzazione scolastica e la ricerca del principio educativo sono qui strettamente intrecciati. E’ evidente la complessità dell’atteggiamento di Gramsci verso l’attivismo: per lui, tanto l’autoritarismo gesuitico quanto lo spontaneismo roussoiano sono storicamente superati, e il problema è dunque di trovare un nuovo rapporto tra l’una e l’altra esigenza educativa. Della concezione puerocentrica, che risale a Rousseau e che ha però dato luogo a curiose involuzioni, egli non accetta né l’innatismo, che suppone presenti per natura in ciascuno inclinazioni già formate verso questa o quella attività, né lo spontaneismo, rispettoso di un autonomo “sgomitolamento” di queste inclinazioni: accetta però in pieno la richiesta di una partecipazione attiva del ragazzo, in quanto soggetto del processo educativo. Anzi, se nella prima fase un certo conformismo o dogmatismo o coercizione (dinamici!) sono indispensabili, poi, sulla base di una personalità già formata attraverso questo rigoroso tirocinio, si può e si deve passare al massimo di autonomia. La sua conclusione è che “tutta la scuola unitaria è scuola attiva, mentre la scuola creativa è una fase, il coronamento della scuola attiva”.
giovedì 10 marzo 2016
M.A.MANACORDA: IL PERCORSO FORMATIVO GRAMSCIANO
IL PERCORSO FORMATIVO
GRAMSCIANO
dal dogmatismo
dinamico alla creatività, autodisciplina intellettuale, autonomia morale
di Mario Alighiero Manacorda
La soluzione “razionale” della
crisi, quale Gramsci la intravede, consiste nella creazione di una scuola unica di base, che sia culturale
e disinteressata, cioè non professionale, ma tale da contemperare con la
capacità di operare intellettualmente anche la capacità di operare
“manualmente” (dove “manualmente” viene subito precisato, coerentemente con le
osservazioni iniziali sulla scientifizzazione delle attività pratiche, come
“tecnicamente, industrialmente”). Dunque, lo sviluppo sociale (tecnico
produttivo e scientifico), che ha determinato la crisi del principio culturale
e educativo, e che non ha portato finora a una soluzione razionale ma ha
soltanto sviluppato “spontaneamente” le contraddizioni, se guidato da una
coscienza e da una volontà politica, che ovviamente debbono essere non di
singoli individui, ma dei gruppi sociali direttamente coinvolti nella crisi,
può sboccare in una soluzione razionale.
A questo punto Gramsci definisce
meglio l’ipotesi di questa scuola unica intellettuale e manuale, la cui
enunciazione improvvisa al termine della nota sull’attivismo trova qui le
motivazioni profonde su cui si fondava. Essa dovrà configurarsi come una scuola integrale, un collegio-scuola
– anche se inevitabilmente ciò non potrà farsi se non gradualmente e perciò, da
principio, solo per delle elites – e dovrà avere dormitori, refettori,
biblioteche, sale per lavori di seminario, laboratori, ecc.; preceduta da
istituzioni prescolastiche non puramente assistenziali, ma educative, essa sarà
nell’insieme più breve dei corsi liceali attuali, consentendo ai ragazzi di
terminare i corsi a quindici-sedici anni, per poi passare o, attraverso
l’orientamento professionale, a scuole specializzate professionali, o a studi
superiori. Essa si configurerà tutta come scuola attiva e libera dalle forme
tradizionali di disciplina, solleciterà al massimo la partecipazione degli allievi.
Tuttavia questo attivismo – che Gramsci, come qui appare chiaro, ha respinto
soltanto nelle sue “curiose involuzioni” innatiste e spontaneiste – comporterà
nei suoi primi gradi un inevitabile dogmatismo o conformismo, non potrà, cioè,
rinunciare a proporre contenuti culturali attraverso rigorose metodologie: si
tratterà tuttavia di un dogmatismo “dinamico”, ben diverso dalla coercizione
“brutale” di cui egli ha parlato a proposito dei gesuiti e dell’americanismo di
Ford e Taylor. Nei gradi successivi, cioè al termine ormai della
preadolescenza, questa scuola sarà non
solo attiva ma anche creativa, con illimitata autodisciplina intellettuale e
autonomia morale.Lo studio dell’organizzazione scolastica e la ricerca del principio educativo sono qui strettamente intrecciati. E’ evidente la complessità dell’atteggiamento di Gramsci verso l’attivismo: per lui, tanto l’autoritarismo gesuitico quanto lo spontaneismo roussoiano sono storicamente superati, e il problema è dunque di trovare un nuovo rapporto tra l’una e l’altra esigenza educativa. Della concezione puerocentrica, che risale a Rousseau e che ha però dato luogo a curiose involuzioni, egli non accetta né l’innatismo, che suppone presenti per natura in ciascuno inclinazioni già formate verso questa o quella attività, né lo spontaneismo, rispettoso di un autonomo “sgomitolamento” di queste inclinazioni: accetta però in pieno la richiesta di una partecipazione attiva del ragazzo, in quanto soggetto del processo educativo. Anzi, se nella prima fase un certo conformismo o dogmatismo o coercizione (dinamici!) sono indispensabili, poi, sulla base di una personalità già formata attraverso questo rigoroso tirocinio, si può e si deve passare al massimo di autonomia. La sua conclusione è che “tutta la scuola unitaria è scuola attiva, mentre la scuola creativa è una fase, il coronamento della scuola attiva”.
Dall’Introduzione di
Mario Alighiero Manacorda a A.Gramsci,
L’alternativa pedagogica, Editori Riuniti, ed. 2012, pp. 30/31 [prima ed.
La nuova Italia, 1972]
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento