Un ottimo saggio breve di Claudio Bazzocchi sulla critica di Antonio Gramsci alla teoria della degenerazione oligarchica di R.Michels (che pure oggi sembra avverarsi). Perché il partito dei comunisti dovrebbe esserne immune: se funziona come intellettuale collettivo. Una lettura gramsciana che ancora parla all'attualità. [fe.d]
Uno dei più acuti studiosi italiani di Gramsci, Leonardo Paggi, recensisce su Il Manifesto il lavoro di Michele Prospero "La scienza politica di Gramsci", Bordeaux ed. (fe.d.)
(..) Dinanzi all’incapacità del pensiero liberaldemocratico classico di dire una parola sulla crisi della democrazia che stiamo vivendo, i Quaderni di Gramsci, che Norberto Bobbio volle tanto tenacemente mandare in soffitta, continuano ad avere un singolare potere di illuminazione sul presente. Oggi valutiamo meglio l’effetto disarmante di una visione della democrazia che si costruiva nella più completa ignoranza del legame di ferro tra potere economico e potere burocratico che la mondializzazione e lo stesso sviluppo del processo di integrazione europeo stava già allora saldando.
La lettura dei testi gramsciani che Prospero ci propone è legittimamente, ossia senza alcuna sollecitazione dei testi, orientata all’esperienza dell’oggi. Si può dire che in essa si definisce la prospettiva critica con cui egli guarda alla crisi italiana nel suo volume immediatamente precedente Il nuovismo realizzato. L’antipolitica dalla Bolognina alla Leopolda, Bordeaux. Con particolare efficacia il capitolo intitolato «La rivoluzione passiva» suggerisce come nello smantellamento progressivo del partito politico, sempre incoraggiato e promosso dai poteri costituiti, si debba cogliere il tratto distintivo di una «crisi organica» che dall’inizio degli anni Novanta arriva, con le elezioni del febbraio 2013, al crollo del bipartitismo, assunto come principio fondante della seconda repubblica, per approdare (provvisoriamente!) all’Opa (offerta pubblica di acquisto) di Renzi sul Partito democratico.(..)
Il ciclo populista genera un politico sempre più fragile e aleatorio, in cui il carisma di carta pesta inventato dai media si mescola con la degenerazione trasformista e con un discorso pubblico sempre più svuotato di ogni contenuto reale. Le affinità tra questi diversi episodi sono indubbiamente impressionanti. E tuttavia la fedeltà allo spirito della analisi gramsciana impone la ricerca di differenze che indiscutibilmente permangono. Con i leaderismo di Berlusconi si cementa una nuova destra di governo estranea e aggressivamente contrapposta a tutta la precedente storia repubblicana. Con il leaderismo di Grillo si esprime la protesta di vasti ceti popolari nei confronti di un sistema politico che ha abbassato drammaticamente il livello delle proprie prestazioni, disattendendo sistematicamente le aspettative della società civile. Con i leaderismo di Renzi giunge a conclusione la involuzione programmatica e politica del Partito democratico (a sua volta ultima metamorfosi del vecchio Pci) che è definitivamente precipitata nell’autunno del 2011 con il consenso dato alla formazione del governo Monti.(..)"
integralmente su Il Manifesto, 9/07/2016
http://ilmanifesto.info/alla-ricerca-di-un-politico-neller…/
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