San Mauro Forte è un piccolo paese della provincia di Matera ricco di storia, tradizioni, lotte popolari e, importante, perché nel 1940 fu teatro della prima rivolta contro il fascismo avvenuta nel Mezzogiorno d’Italia.
Il 30 Marzo di quell’anno vennero notificati 500 avvisi di pagamento per contributi agricoli che contenevano errori madornali: are scambiate per ettari, terreni a pascolo riportati come seminativi, cartelle recapitate a più persone della stessa famiglia.
Alla notizia che stavano per essere notificati nuovi avvisi, centinaia di contadini si riunirono in Piazza Caduti e decisero di marciare verso il Municipio per occuparlo.
Giunti presso la sede municipale distrussero gli avvisi non ancora notificati e recisero i fili del telegrafo e del telefono. Nonostante il tentativo di interrompere le vie di comunicazione, la notizia della sommossa giunse ai Carabinieri della vicina Stigliano che diede immediatamente l’allarme.
Il giorno seguente il paese venne invaso da Carabinieri e Poliziotti che identificarono i capi della rivolta: ventitrè contadini furono invitati a presentarsi nella caserma di Via Sergente Piccinni e tredici di essi vennero lì rinchiusi. Fu allora che il resto dei dimostranti, accorsi in centinaia davanti alla porta del presidio militare, ne reclamò con forza la liberazione. Ai militi presenti all’interno della caserma, a scopo intimidatorio, fu ordinato di sparare. Alcuni dei sessanta colpi di moschetto andarono a segno e sul selciato rimasero un morto e cinque feriti, uno dei quali morì qualche giorno dopo in ospedale.
Nei giorni successivi decine di dimostranti furono arrestati e condotti nel carcere di Matera, alcune donne incinte partorirono nel carcere. Dopo il processo e 13 mesi di ingiusta detenzione fu il provvedimento di amnistia di Palmiro Togliatti del 1948 a porre fine al loro calvario. I fatti di San Mauro ebbero una forte risonanza politica e vennero considerati un’anticipazione dell’Italia che stava per nascere.
Il popolo sammaurese si rese protagonista di un evento straordinario; l’eco raggiunse la Russia di Stalin che, attraverso un comunicato lanciato da Radio Mosca, definì San Mauro Forte «il paese dei rivoluzionari». Negli anni successivi, nonostante generosi tentativi di tenerne vivo il ricordo, un muro di silenzio si è alzato intorno ai fatti del 30 e 31 Marzo del 1940. Come unici testimoni sono rimasti la porta puntellata della caserma da dove partirono i colpi e due vie del paese intitolate a Francesco Lavigna e Sante Magnante, i due contadini feriti a morte durante lo scontro.
È stato Ulderico Pesce, noto attore e regista teatrale, che avvalendosi degli atti processuali ha fatto riemergere la storia dall’oblio ricostruendo in maniera dettagliata gli accadimenti di quelle giornate.
L’attore e la sua compagnia, intrepretando i ruoli di quattro rivoltosi, hanno dato luce a un evento che per intensità e spessore travalica i confini del piccolo paese lucano. Con la traduzione teatrale di Ulderico Pesce, lo «Sciopero del 1940» di colpo riacquista il valore storico e politico che si merita.
Per anni, si è ritenuto che fossero state le cartelle esattoriali calcolate in maniera truffaldina da esattori senza scrupoli a scatenare la rabbia dei contadini. Gli atti processuali ci dicono, invece, che i fatti del Marzo ’40 non furono la reazione scomposta della folla a un calcolo sbagliato di imposte da pagare; non riconoscere ad essi la giusta valenza significa offendere la memoria degli uomini e delle donne che ne furono protagonisti.
Il racconto di Ulderico Pesce ristabilisce la verità su quanto profonde erano le radici di quel sommovimento e sulle responsabilità del regime fascista per aver ridotto i contadini in condizioni di miseria, tanto da suscitare in essi un incontenibile sentimento di ribellione che finì per coinvolgere tutti i ceti sociali. Non solo contadini, ma barbieri, sarti, artigiani, commercianti, pur non avendo terre e cartelle da pagare, divennero i capi della rivolta.
La presenza in quegli anni a San Mauro Forte della confinata comunista Maria Derin e del suo legame con alcuni rivoltosi lascia, inoltre, pochi dubbi sull’esistenza di un intreccio politico e riaccende, il ricordo del comunismo romantico dei nostri padri e dei nostri nonni, contadini analfabeti che divennero, poi, protagonisti delle grandi battaglie per la terra.
Il governo fascista, attraverso coloro che diedero l’ordine di sparare, commise un grosso errore : sui volti di quei contadini non vi era il segno dell’eversione e della violenza, ma solo quello della miseria. Questa la ragione, a distanza di tanti anni, per affermare che quella che viene chiamata «La rivolta del 1940 a San Mauro Forte» rappresenta un pezzo di storia importante dell’Italia democratica.
Si intitola San Mauro Forte, la rivolta del 1940, lo spettacolo teatrale che Ulderico Pesce, non nuovo a reinterpretazioni della storia lucana, ha scritto e dirige ispirandosi alla «prima rivolta antifascista» d’Italia. Gli attori sono tutti lucani: oltre a Pesce (che interpreta la figura di Mauro Sanchirico, sarto e clarinettista nella banda del paese che, strappando le bollette inviate ai contadini, diede avvio alla rivolta), Lara Chiellino interpreta Antonia Miccio, contadina analfabeta arrestata ingiustamente e costretta a partorire nel carcere di Matera; Eva Immediato è invece Maria Di Biase «a‘ Brigantessa», mentre Amalia Palermo fa la parte di Rosa Di Biase. La storia è accompagnata dai musicisti del Conservatorio di Matera Giuseppe D’Amico, Monica Petrara, Giovanni Catenacci, Erminia Nigro, Giuseppe Pace, Domenico Di Nella
Nessun commento:
Posta un commento