martedì 8 novembre 2016
La sinistra oggi e… Gramsci rivisitato da Stuart Hall
partire dai territori per avere una visione critica globale. L'attualità della lettura di Gramsci in Stuart Hall (fe.d.)
di Giancarlo Girardi - Lavoro Politico- MARX XXI Taranto
La crisi attuale in Italia è da considerarsi la crisi di un’egemonia così come affermatasi negli ultimi trenta anni in Italia con le sue peculiarità e nel mondo nel segno di un mercato come unico solutore dei problemi locali e globali. Il populismo dilagante è l’espressione più in generale di un connubio autoritario con un mercato senza regole (potrebbero esserci?) che ha fatto infine esplodere le sue contraddizioni con la crisi attuale che vede nella sua globalità forme di ritorno indietro a fascismi o nazismi. Siamo certamente giunti, è opinione largamente diffusa, alla fine di quel modello di consenso sociale ed economico nato con la signora Thatcher in Inghilterra e Reagan in America nei primi anni ottanta e presi come riferimento in Italia in chi ha sinora governato. Il metodo ancora in uso è rappresentarsi come l'immagine di un sentire comune con la presenza di tanti di noi lì al supermercato dei prodotti televisivi ed a quello più in generale in cui occorreva spendere ciò che si aveva ed ancora di più per alimentare il meccanismo di un consumo, fondamentale per tutte le produzioni. Oggi, invece, cosa sia possibile comprare è divenuto il problema di tutti i giorni, le soluzioni appaiono sempre più difficili, è in crisi quella visione dell’economia in cui c’è per tutti la possibilità di approvvigionarsi però percepita come un comune senso di libertà, di poter consumare anche di più del necessario come in un sogno. Oggi la dura realtà quotidiana appare differente, la crisi e lo scoppio di antiche e recenti contraddizioni ha rimesso in gioco tutto e tutti. Torna ancora l’idea vecchia ed autoritaria dello Stato, un attacco al sistema democratico ed alla società civile con l’uso del linguaggio della forza per risolvere a vantaggio ancora delle classi dominanti antiche questioni, far ripartire un nuovo ciclo economico per opera di chi ne porta, invece, tutte le responsabilità del presente. E’questa la sostanza del referendum di dicembre che vorrebbe affrontare la crisi di quel modello di globalizzazione che si immaginava essere il solutore di tutti i problemi dell’umanità. In Italia occorre che riprenda il rigore del metodo della lettura dei processi economici per ripartire, questa volta, dai territori avendo un’apertura ed una visione globale degli sviluppi per poterli prevenire e guidare. Condizionare, per poi governarli, i “processi produttivi” nei luoghi strategici delle decisioni, rappresentare e riunificare politicamente il mondo del lavoro di oggi, in Italia e nel mondo, recuperare il giusto ruolo alla politica rispetto al potere economico, questa la vera sfida per una sinistra unita e plurale oggi all’altezza del suo compito storico. Quando sarà lungo questo processo? La costruzione di una "egemonia alternativa" a quella di oggi, però, dipenderà da una sinistra rifondata, unita e plurale, che per prima cosa consideri se siamo in una fase di mutamento o di assestamento all’interno della stessa congiuntura. Questa domanda è sempre la premessa fondamentale, dal punto di vista gramsciano. Servirebbe una vera “ricognizione” dello stato attuale della società e dell’economia, ricominciare con una nuova fase resistente e costituente, ripartire da dove si formano i rapporti di forza: le “fabbriche vere”, non quelle del semplice consenso perché oggi il potere economico è enorme ed ha asservito completamente quello politico. Bisognerebbe, inoltre, indagare l’orientamento popolare attuale rispetto ai cambiamenti economici che stiamo vivendo, non basta “sentire” o “vedere” una ribellione. Berlusconi in passato è stato abile nella sua fondamentale ambiguità dicendo: «tutto il popolo pensa…», in realtà voleva dire: «io penso così e voglio che gli altri dicano quello che penso io... voglio raggiungere una legittimazione del consenso popolare»,( Stuart Hall). Oggi Renzi nelle sue argomentazioni usa sempre il “NOI” dimostrando di mettere in gioco il futuro della nazione ma è, in verità il suo “IO”che gli preme. E’ entrata in crisi una egemonia legata ad una concezione secondo cui tutto è possibile divenga merce e quindi consumo. Oggi occorre recuperare una visione critica, culturale e politica, una profonda “riforma intellettuale e morale” della società, avrebbe detto Gramsci. “La globalizzazione mette tutto in connessione, le multinazionali connettono i poveri che guadagnano un dollaro al giorno nel terzo mondo con i grattacieli di Manhattan”. Si è aperto un territorio nuovo e diverso. “Non dico che Gramsci non abbia niente da dire a tale proposito, ma poiché i suoi concetti sono stati elaborati all'interno dello schema nazionale, mi chiedo come possiamo noi trasferirli nel nostro contesto più globale”. “I populismi autoritari di oggi non sono più in grado di dare risposte a queste domande”, affermazione con cui chiude le sue osservazioni Stuart Hall.
Giancarlo Girardi, 8 novembre 2016
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