martedì 29 ottobre 2019
La scuola al bivio
Massimo Baldacci è ordinario di Pedagogia generale e sociale all'Università di Urbino. Profondo studioso della filosofia di Gramsci e della sua pedagogia, ha scritto un fondamentale testo, Oltre la subalternità. Praxis ed educazione in Gramsci, ed. Carocci, 2017, in cui analizza l'intento pedagogico in tutta l'opera di Gramsci e in particolare nei 'Quaderni'. E' direttore della rivista Erikson Pedagogia più didattica, da cui riprendiamo l'editoriale del nr. 1 vol.5 (aprile 2019).
--------- La dittatura del mercato, la scuola-azienda piegata alle logiche neoliberiste, oppure la scuola della Costituzione, finalizzata alla formazione omnilaterale di cittadini democratici.
Oggi la scuola è arrivata a un bivio: da un lato il mercato, che la spinge sulla strada della concorrenza e dell’efficienza; dall’altro lato la democrazia, che la indirizza verso l’emancipazione umana. E la scuola deve scegliere quale via prendere.
L’odierna rivoluzione economica (globalizzazione, nuove tecnologie produttive, ecc.) crea una forte pressione sulla scuola, per indurla a dare priorità alla preparazione dei futuri produttori, mettendo in secondo piano la formazione generale. Questa pressione si colloca nel quadro di una supremazia dell’ideologia neoliberista, che fa del mercato il principio organizzativo di tutta la vita sociale. La democrazia assume così un ruolo secondario, ridotto entro i limiti compatibili con gli imperativi del mercato. Tramonta, cioè, il connubio paritario su cui si erano rette le società occidentali: il mercato assume una posizione predominante; la democrazia – benché formalmente conservata – tende a svuotarsi. In questo contesto, la richiesta della preparazione dei produttori adeguati all’economia basata sulle tecnologie avanzate porta a trascurare l’esigenza della formazione dei nuovi cittadini.
La scuola si trova così a un bivio: dalla crisi in cui versa può uscire solo compiendo una scelta storica, le cui conseguenze saranno cruciali per il futuro. La responsabilità che ne deriva è perciò grande. La metafora del bivio riprende quella usata da Maritain in Education at the Crossroads (1943). La scelta prospettata allora era quella tra la democrazia e il totalitarismo. Oggi la democrazia è di fronte a una nuova minaccia, benché morbida e seducente: la dittatura del mercato. Pertanto la scuola è nuovamente di fronte a un bivio: deve scegliere se formare un uomo unilaterale, il produttore competente ma politicamente disimpegnato e conformista, o l’uomo completo: cittadino partecipe e produttore al tempo stesso.
Si tratta d’una alternativa tale da non ammettere un compromesso, che risulterebbe inevitabilmente velleitario. La logica del mercato è ormai vista come prioritaria, e l’educazione tende così a ridursi alla formazione dell’imprenditore di se stesso, piegandosi a un principio eteronomo e unilaterale, incapace di assicurare il pieno sviluppo individuale. Eteronomo, poiché la persona non è vista come un fine in sé, ma come un mezzo per la crescita economica. Unilaterale, in quanto la formazione si limita al produttore, trascurando il cittadino.
Vista l’egemonia del neoliberismo, ci si deve però chiedere se è ancora possibile una scuola diretta alla piena emancipazione umana, alla crescita intellettuale e morale. In questo senso, un riferimento ineludibile è rappresentato dalla Carta Costituzionale, i cui valori fondamentali sono quelli della democrazia, del lavoro e del pieno sviluppo della persona.
Col neoliberismo si va diffondendo l’opinione secondo cui la Costituzione sarebbe ormai anacronistica, superata da una realtà storico-sociale che vede la sovranità dei mercati, per cui occorrerebbe ridimensionare la vita democratica a livelli compatibili con gli imperativi del sistema. A questo proposito, parafrasando Habermas (Il discorso della modernità, Roma-Bari, 1988), si può asserire che la realizzazione di una Scuola della Costituzione non è tramontata, è solo incompiuta. Si tratta di un compito etico-politico che sta ancora di fronte a noi. L’egemonia del neoliberismo non è né completa né definitiva. L’egemonia si dà sempre nel quadro di un conflitto tra prospettive diverse, e perciò è sempre precaria (Gramsci, Quaderni del carcere, Torino, 1975). Il rischio è che una prolungata supremazia del pensiero unico neoliberista riesca a colonizzare la cultura dell’educazione (Bruner, La cultura dell’educazione, Milano, 1997). Occorre, perciò, tenere desta una battaglia culturale di lungo corso, capace di ostacolare la diffusione del credo neoliberista. Contro l’idea triste di una scuola-azienda, piegata al mercato, occorre rammentare costantemente che vi è un’altra possibilità: una Scuola della Costituzione, capace di realizzare uno sviluppo completo della persona (sia come cittadino, sia come produttore), e promuovere una crescita civile e democratica del Paese.
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