Subaltern studies Italia

L’analisi e la classe - a cura di Ferdinando Dubla

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martedì 21 gennaio 2020

Nazionalizzazione dei settori strategici dell'economia e delle aziende che licenziano, delocalizzano e inquinano


Da anni media e padroni sono riusciti a far prevalere l’idea che il pubblico è incapace di gestire
l’economia e che solo i privati possono garantire lavoro e sviluppo.
Così sono stati svenduti ai capitalisti settori enormi dell’economia e sono stati regalati a loro decine di miliardi di euro con continui finanziamenti, sgravi fiscali e contributivi, sostenendo che costoro avrebbero così creato nuova occupazione.
Niente di più falso. Il risultato sono tre milioni di disoccupati, altri tre milioni che hanno rinunciato anche solo a cercare un lavoro che non si trova, la precarietà dilagante e continue ristrutturazioni industriali che buttano per strada centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori rubando il futuro alle loro famiglie.
E' inaccettabile che centinaia di migliaia di lavoratori siano in balia di azionisti senza scrupoli interessati esclusivamente alla massimizzazione del profitto; che ogni passaggio di proprietà comporti il massacro dei posti di lavoro; che la forza lavoro sia ridotta a merce che si compra e si getta a seconda delle dinamiche di mercato. Come è assurdo che al profitto sia consentito non solo di sfruttare il lavoro ma anche di colpire la salute e la vita stessa di lavoratori e lavoratrici.
È inaccettabile che le aziende possano devastare l'ambiente e poi cavarsela come nulla fosse!
Ma è anche perdente, dal punto di vista sindacale, come è stato fatto finora, credere di poter difendere i posti di lavoro fabbrica per fabbrica, senza una movimento di lotta unitario di tutte le lavoratrici e i lavoratori; del tutto falsi ed illusori poi l’obiettivo e la speranza dell’arrivo di un nuovo padrone, presunto salvatore. Se questo arriva, si prende tecnologie e marchi, promette e se ne va; qualche volta, al massimo, utilizza per un breve periodo una piccola parte della manodopera in condizioni di maggiore sfruttamento.
Per i dipendenti di queste aziende prima c’è il calvario di una cassa integrazione (ormai drasticamente
ridotta nella durata dalle norme del Jobs Act) e poi il precipizio nel misero sussidio di disoccupazione, anch’esso ridotto all’osso. Le norme del Jobs Act vanno quindi abrogate.
I casi Whirpool, Ilva, Embraco, Bekaert, Mercatone Uno, Conad, Alitalia, Unicredit, Autostrade
per l’Italia, sono tutti, in forme diverse, scandali sociali inaccettabili. E con essi centinaia e migliaia
di altre aziende e vertenze. E' necessaria una svolta.
Se un'azienda licenzia va nazionalizzata, a tutela del lavoro. Se inquina, la nazionalizzazione è la
premessa di una riconversione della produzione e del risanamento dell'ambiente, a tutela sia del lavoro che della salute. Se il concessionario sacrifica la sicurezza in nome del profitto, la concessione va ritirata e la gestione va nazionalizzata. In tutti i casi la nazionalizzazione deve avvenire sotto il controllo dei lavoratori stessi. Non c'è bisogno di alcun indennizzo per i grandi azionisti dopo tutti i miliardi che hanno ricevuto gratuitamente dallo stato, cioè dalle tasse dei lavoratori.
Il primo passo per costruire una risposta della classe lavoratrice è una grande assemblea di delegate/i
delle lavoratrici e dei lavoratori di tutte le aziende che sono coinvolte nei processi di ristrutturazione, di licenziamenti e di chiusura per decidere un percorso di mobilitazione comune e definire una piattaforma rivendicativa che difenda tutti i posti di lavoro.

Coordinamento nazionale delle sinistre di opposizione





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