Subaltern studies Italia

L’analisi e la classe - a cura di Ferdinando Dubla

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giovedì 21 gennaio 2021

PER IL GRAMSCIANO 'INTELLETTUALE COLLETTIVO'

 

estratto

per Cumpanis 100° del PCI – 2021  

https://www.academia.edu/46928267/Per_il_gramsciano_intellettuale_collettivo_100_del_PCI

Il partito dei comunisti: formazione dei quadri, linea di massa e radicamento popolare    

(ferdinando dubla)

  • Il tema centrale della formazione dei quadri: scuola di partito e/o partito come scuola
  • Nel PCI uscito dalla clandestinità, la politica di massa del 'partito nuovo' e la linea della 'democrazia progressiva' , secondo Pietro Secchia, doveva riuscire a coniugare la quantità con la qualità.  Tant'è che lo stesso Togliatti dovette sottolineare poi, nella Conferenza d'organizzazione di Firenze del 1947, l'aspetto rilevante che aveva la politica di formazione dei quadri  nel momento stesso di un'accentuata necessità di consolidare una struttura di massa ( allora il PCI, con Secchia a capo del settore organizzazione, raggiunse e negli anni seguenti addirittura aumentò, la quota di due milioni di iscritti). Insomma, proprio perché il radicamento popolare si faceva più forte, bisognava curare l'aspetto qualitativo della militanza e potenziare la coscienza di classe. 

    Un partito comunista di massa, secondo Secchia, non può non essere un partito di quadri e di massa. Per diventare un partito di quadri e di massa, bisogna costruire un partito di quadri con una linea di massa, che non rinunci per l’arte politica ad un’intenzionalità pedagogica e dunque miri coscientemente a costruire un’egemonia nella società,  ciò che permette il radicamento del partito di classe nel popolo. Questa filosofia dell’organizzazione è essa stessa una concezione politica, che si risolve poi in una determinata pratica militante.

    -cfr. P. Secchia, I quadri e le masse (1947/49), Laboratorio Politico, 1996, ora disponibile in Academia.edu - https://independent.academia.edu/FerdinandoDubla

    C’è chi imputa a questa analisi l’insufficiente ‘modernizzazione’ del PCI, un circolo vizioso tra richiesta centralistica di iniziativa e di obbedienza insieme: insomma, una ‘doppiezza nella doppiezza’. E invece la sfida per un Partito comunista è proprio quella di non venir meno alla coesione interna sui fini e tratti identitari, pur nell’incessante capacità creativa dei suoi quadri di saper rispondere adeguatamente alle fasi storico-politiche. E per questa capacità creativa, è necessario che il partito sia intellettuale collettivo, nella ricerca aperta e incessante dei suoi militanti e intellettuali 'organici' alla classe, nella discussione continua, ma infine nell'azione politica deliberata collettivamente.

    - Il PCI, gradualmente, negli anni 1954/56 e successivi, prenderà un’altra strada. Proprio quello che è stato indicato con il processo di modernizzazione, pur in maniera non lineare e in modo contraddittorio (vedi la vicenda dello Statuto dell’VIII Congresso) del Partito Comunista, ne mina le fondamenta e subordina l’intera struttura organizzativa a una linea politica finalizzata integralmente al gioco imposto dal quadro politico complessivo. In breve, se l’opera e la riflessione politica di Secchia erano mirate a dare gambe a una strategia supportata da valori, idee e princìpi del marxismo, in particolare attraverso i contributi di Lenin e Gramsci (di cui in quegli stessi anni si pubblicavano dall'editore Einaudi i Quaderni, curati dal dirigente comunista Felice Platone, - unitamente alle sue Lettere dal carcere indirizzate ai famigliari - in sei volumi, ordinati per argomenti omogenei)  con un’ottica di lavoro di massa capillare e pianificato di cui la tattica era un aspetto rilevantissimo ma coerente con quegli assunti, il PCI di Togliatti dopo il Congresso del 1951 tenderà a rendere centrale il momento tattico come preminente rispetto alle finalità strategiche e detterà modalità e tempi dell’aggiornamento e revisione dei princìpi, caratteristica progressiva nella vicenda del PCI post-togliattiano (pur con fasi diverse e con modalità affatto univoche e lineari) in particolare la perdita di una cosciente intenzionalità pedagogica per costruire l’egemonia delle classi subalterne e un’aderenza a logiche politiche deprivate di finalità strategiche. Un mutamento però che non avverrà nell’arco di un tempo breve: e le maggiori resistenze gli si porranno proprio dall’impianto e dalla struttura organizzativa, la cui “decostruzione” avrà bisogno di tempi differiti.

     

    • La dialettica dell'intenzionalità pedagogica e il 'general intellect'
    Abbiamo bisogno di un partito comunista giovane, in quantità e qualità:  giovane e moderno in tutti i sensi.  Ma proprio per questo, ancora più ancorato alla memoria storica, come veicolo continuo e prezioso di bilancio delle esperienze del movimento operaio, nazionale e internazionale, e dei comunisti in particolare.

    - Il partito come strumento di emancipazione costante della rappresentatività di classe, un partito che si modifica interpretando correttamente la realtà e le sue incessanti trasformazioni, ma che non perde mai la bussola dei suoi principi fondanti (in un corretto rapporto tattica/strategia),  perché, oltre la sua ragion d'essere, la sua identità, così perderebbe sia il ruolo di scuola formativa, nel senso pedagogico gramsciano dell’autoistruzione dell’’intellettuale collettivo’ [nel partito si organizzano le lotte, ci si confronta, si impara insieme e si cresce insieme - così oggi va interpretata e vissuta anche la categoria leninista di avanguardia cosciente] sia il fascino dei suoi ideali di superamento dello 'stato delle cose esistente', e cioè della barbarie capitalista. 
    Se noi dunque non curiamo l'aspetto della formazione degli stessi militanti, se non miriamo al rafforzamento della memoria storica che ci ha generato e può farci sviluppare nel futuro prossimo, se noi non rendiamo lo strumento-partito anche una delle agenzie di formazione (delle giovani generazioni, soprattutto) che, in modo aggregante e nella forma del laboratorio di ricerca continua ('intellettuale collettivo' è concetto che rimanda alla potenza dell'ideologia come materialità)  sia fonte preziosa ed inesauribile di sviluppo dello spirito critico nei confronti di tutte le agenzie di formazione falsamente pluralistiche della società in cui dominano gli oligopoli mass-mediologici pubblici e privati,  e conseguentemente  sviluppi   anticorpi che non ci isolino dalla società, anzi,  entrino in sintonia con le condizioni materiali di vita quotidiana di larghe, larghissime masse popolari,  ebbene, noi rischiamo di perdere le sfide presenti e future.
    Oltre la coesione, il partito comunista deve avere l’autodisciplina come fine dell’unità della classe.
    E nella migliore tradizione comunista, i quadri principalmente si autoformano nelle vertenzialità diffuse, nelle battaglie concrete per difendere e sostenere i bisogni delle masse, oltre che, naturalmente, con lo studio sistematico di  un bagaglio storico/culturale che sia in grado di trasmettere la memoria, la faccia vivere e palpitare nel presente, la renda attuale permettendole di respirare l'aria della contemporaneità: abbattere i deteriori sensi comuni che la borghesia, come classe dominante, rende dominanti nel corpo sociale, elaborare analisi destrutturanti del senso comune e metterle in relazione con l'esperienza concreta tra la comunità dei comunisti, comunità 'fraterna' per antonomasia, dove il comunismo è anche uno stile di vita.
    L’intenzionalità pedagogica è rivolta dunque all’interno del partito stesso, ma il partito esso stesso diventa strumento di emancipazione all’esterno, per costruire gramscianamente l’egemonia, innanzitutto sul piano dello smascheramento analitico delle false apparenze e illusioni dell’ideologia e della prassi concreta con cui si sostanzia il dominio economico, politico, culturale, delle classi dominanti. La selezione dei quadri è al contempo frutto e risultato della lotta di classe, ma è anche funzionale all’organizzazione della stessa su larga scala, in un processo dialettico che rende l‘alfabetizzazione politica lo strumento culturale più efficace per interpretare la realtà e dunque modificarla strutturalmente, in profondità, nelle ‘trame minute’ del conflitto sociale.
    E' l'unica traduzione possibile, in termini politici (e gramsciani) della contraddizione tra l'appropriazione privata del 'general intellect' e l'individuo sociale che costruisce il socialismo con l'appropriazione collettiva dei mezzi e degli strumenti di quella intelligenza, che Marx ha individuato nei 'Grundrisse' (cfr. K.Marx, Lineamenti fondamentali della critica dell'economia politica, 1857-1858, 2 voll., trad. di Enzo Grillo, Firenze, La nuova Italia, 1968-1970, ora anche nella traduzione dell'ed. Pgreco, 2012).
    - Il cimento dell’oggi è duro, ma ci siano da sprone le asprezze  e le tragiche sofferenze di chi, prima e meglio di noi, per questo nome e per l’ideale del socialismo, ha patito discriminazioni, emarginazioni, torture, sino al sacrificio della vita, come nella Resistenza antifascista.
    Concetto Marchesi, sull’Unità del 20 gennaio 1952:
    “Un saggio ministro diceva a un giovane incrudelito imperatore romano: ‘Per quanti avversari tu possa uccidere, non ucciderai mai il tuo successore’. Questo impazzito imperialismo capitalistico, per quanti strumenti di rovina possa accumulare nei cantieri della morte, non distruggerà mai il suo successore, che oggi ha un nome solo: socialismo.”
    Non ci sarà mai socialismo senza un grande partito comunista.

     

    fe.d.

     

    • nota

     - Tra gli interventi sul ruolo educatore del partito sulla falsariga gramsciana cfr. M. Spinella, Scuole e corsi di partito: sviluppo e prospettive, in «Rinascita», 1952, n. 11, pp. 632-634; Id., La scuola centrale di partito, in «Rinascita», 1948, n. 8, pp. 324,325; Id., Il problema dei quadri nei ‘Quaderni del carcere’, in «Rinascita», 1953, n. 3, pp. 162-166; P. Secchia, L’arte dell’organizzazione, in «Rinascita», 1945, n. 12, pp. 267-269, Id., Palmiro Togliatti organizzatore, in «Rinascita», 1948, n. 8, pp. 285-288.

    - Il 'frammento sulle macchine' degli appunti per “Il Capitale” di Marx, noti come Grundrisse (Lineamenti fondamentali di critica dell’economia politica, composti tra il 1857 e il 1858) ha avuto diverse interpretazioni (ermeneutiche) in chiave di riattualizzazione, che, come nel caso di Antonio Negri (già a partire da “Marx oltre Marx. Quaderno di lavoro sui Grundrisse”, Feltrinelli, Milano 1979) lo hanno pregiudizialmente collocato nel versante cripto-critico del marxismo, tra ribellismo indistinto, slancio utopico e pensiero oscuro. In realtà quel frammento contiene due categorie importantissime per l’analisi delle strutturali contraddizioni del sistema capitalista: il “general intellect” e l’individuo sociale. Se il complessivo sapere dell’intelligenza sociale (non solo i mezzi di produzione, ma la conoscenza ad essi connessi, la cultura, l’arte e la scienza, capitale fisso dell’intera umanità) non viene condiviso, l’appropriazione privata del “general intellect” colliderà con le esigenze e i bisogni di natura sociale di tutti gli individui.

    E’ una fondamentale contraddizione di sistema, strutturale e sovrastrutturale. Coniugata con l’elaborazione dell’”intellettuale  collettivo” nella riflessione di Gramsci, essa squaderna tutta la sua attualità oggi, nell’era pandemica, dove la proprietà privata della scienza e della tecnica, nei sistemi capitalistici, si scontra con il benessere sociale.



    Antonio Gramsci (1891/1937)

    il simbolo del PCd'I (1921)

    il simbolo del PCI come disegnato da R.Guttuso nel 1953


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