estratto
per Cumpanis 100° del PCI – 2021
https://www.academia.edu/46928267/Per_il_gramsciano_intellettuale_collettivo_100_del_PCI
Il partito dei comunisti: formazione dei quadri, linea di massa e radicamento popolare
(ferdinando dubla)
Nel
PCI uscito dalla clandestinità, la politica di massa del 'partito nuovo' e la linea della
'democrazia progressiva' , secondo Pietro Secchia, doveva riuscire a coniugare la
quantità con la qualità. Tant'è che lo stesso Togliatti dovette
sottolineare poi, nella Conferenza d'organizzazione di Firenze del
Un
partito comunista di massa, secondo Secchia, non può non essere un partito di
quadri e di massa. Per diventare un partito di quadri e di massa, bisogna
costruire un partito di quadri con una linea
di massa, che non rinunci per l’arte politica ad un’intenzionalità
pedagogica e dunque miri coscientemente a costruire un’egemonia nella
società, ciò che permette il radicamento
del partito di classe nel popolo. Questa filosofia dell’organizzazione è essa
stessa una concezione politica, che
si risolve poi in una determinata pratica militante.
-cfr.
P. Secchia, I quadri e le masse (1947/49),
Laboratorio Politico, 1996, ora disponibile in Academia.edu -
https://independent.academia.edu/FerdinandoDubla
C’è chi imputa a questa analisi l’insufficiente
‘modernizzazione’ del PCI, un circolo vizioso tra richiesta centralistica di
iniziativa e di obbedienza insieme: insomma, una ‘doppiezza nella doppiezza’. E
invece la sfida per un Partito comunista è proprio quella di non venir meno
alla coesione interna sui fini e tratti identitari, pur nell’incessante
capacità creativa dei suoi quadri di saper rispondere adeguatamente alle fasi
storico-politiche. E per questa capacità creativa, è necessario che il partito
sia intellettuale collettivo, nella ricerca aperta e incessante dei suoi
militanti e intellettuali 'organici' alla classe, nella discussione continua,
ma infine nell'azione politica deliberata collettivamente.
- Il PCI, gradualmente, negli anni 1954/56 e successivi, prenderà un’altra strada. Proprio quello che è stato indicato con il processo di modernizzazione, pur in maniera non lineare e in modo contraddittorio (vedi la vicenda dello Statuto dell’VIII Congresso) del Partito Comunista, ne mina le fondamenta e subordina l’intera struttura organizzativa a una linea politica finalizzata integralmente al gioco imposto dal quadro politico complessivo. In breve, se l’opera e la riflessione politica di Secchia erano mirate a dare gambe a una strategia supportata da valori, idee e princìpi del marxismo, in particolare attraverso i contributi di Lenin e Gramsci (di cui in quegli stessi anni si pubblicavano dall'editore Einaudi i Quaderni, curati dal dirigente comunista Felice Platone, - unitamente alle sue Lettere dal carcere indirizzate ai famigliari - in sei volumi, ordinati per argomenti omogenei) con un’ottica di lavoro di massa capillare e pianificato di cui la tattica era un aspetto rilevantissimo ma coerente con quegli assunti, il PCI di Togliatti dopo il Congresso del 1951 tenderà a rendere centrale il momento tattico come preminente rispetto alle finalità strategiche e detterà modalità e tempi dell’aggiornamento e revisione dei princìpi, caratteristica progressiva nella vicenda del PCI post-togliattiano (pur con fasi diverse e con modalità affatto univoche e lineari) in particolare la perdita di una cosciente intenzionalità pedagogica per costruire l’egemonia delle classi subalterne e un’aderenza a logiche politiche deprivate di finalità strategiche. Un mutamento però che non avverrà nell’arco di un tempo breve: e le maggiori resistenze gli si porranno proprio dall’impianto e dalla struttura organizzativa, la cui “decostruzione” avrà bisogno di tempi differiti.
- La dialettica dell'intenzionalità
pedagogica e il 'general intellect'
Abbiamo
bisogno di un partito comunista giovane, in quantità e qualità: giovane e moderno in tutti i sensi. Ma proprio per questo, ancora più
ancorato alla memoria storica, come veicolo continuo e prezioso di
bilancio delle esperienze del movimento operaio, nazionale e
internazionale, e dei comunisti in particolare.
-
Il partito come strumento di emancipazione
costante della rappresentatività di classe, un partito che si modifica
interpretando correttamente la realtà e le sue incessanti trasformazioni, ma
che non perde mai la bussola dei suoi principi fondanti (in un corretto
rapporto tattica/strategia), perché, oltre la sua ragion d'essere, la sua
identità, così perderebbe sia il ruolo di
scuola formativa, nel senso pedagogico gramsciano dell’autoistruzione
dell’’intellettuale collettivo’ [nel partito si organizzano le lotte, ci si
confronta, si impara insieme e si cresce insieme - così oggi va interpretata e
vissuta anche la categoria leninista di avanguardia
cosciente] sia il fascino dei suoi ideali di superamento dello 'stato delle
cose esistente', e cioè della barbarie capitalista.
Se
noi dunque non curiamo l'aspetto della formazione degli stessi militanti, se
non miriamo al rafforzamento della memoria storica che ci ha generato e può
farci sviluppare nel futuro prossimo, se noi non rendiamo lo strumento-partito
anche una delle agenzie di formazione (delle giovani generazioni, soprattutto) che,
in modo aggregante e nella forma del laboratorio di ricerca continua ('intellettuale collettivo' è concetto
che rimanda alla potenza dell'ideologia come materialità) sia fonte
preziosa ed inesauribile di sviluppo dello spirito critico nei confronti di
tutte le agenzie di formazione falsamente
pluralistiche della società in cui dominano gli oligopoli mass-mediologici
pubblici e privati, e conseguentemente sviluppi
anticorpi che non ci isolino dalla società, anzi, entrino in sintonia con le condizioni
materiali di vita quotidiana di larghe, larghissime masse popolari, ebbene, noi rischiamo di perdere le sfide presenti
e future.
Oltre
la coesione, il partito comunista deve avere l’autodisciplina come fine
dell’unità della classe.
E
nella migliore tradizione comunista, i quadri principalmente si autoformano nelle
vertenzialità diffuse, nelle battaglie concrete per difendere e sostenere i
bisogni delle masse, oltre che, naturalmente, con lo studio sistematico di un bagaglio storico/culturale che sia in
grado di trasmettere la memoria, la faccia vivere e palpitare nel presente, la
renda attuale permettendole di respirare l'aria della contemporaneità:
abbattere i deteriori sensi comuni che la borghesia, come classe dominante,
rende dominanti nel corpo sociale, elaborare analisi destrutturanti del senso
comune e metterle in relazione con l'esperienza concreta tra la comunità dei
comunisti, comunità 'fraterna' per antonomasia, dove il comunismo è anche uno
stile di vita.
L’intenzionalità
pedagogica è rivolta dunque all’interno del partito stesso, ma il partito esso
stesso diventa strumento di emancipazione all’esterno, per costruire gramscianamente
l’egemonia, innanzitutto sul piano
dello smascheramento analitico delle false apparenze e illusioni dell’ideologia
e della prassi concreta con cui si sostanzia il dominio economico, politico,
culturale, delle classi dominanti. La selezione dei quadri è al contempo frutto
e risultato della lotta di classe, ma è anche funzionale all’organizzazione
della stessa su larga scala, in un processo dialettico che rende
l‘alfabetizzazione politica lo strumento culturale più efficace per
interpretare la realtà e dunque modificarla strutturalmente, in profondità,
nelle ‘trame minute’ del conflitto sociale.
E'
l'unica traduzione possibile, in termini politici (e gramsciani) della
contraddizione tra l'appropriazione privata del 'general intellect' e l'individuo
sociale che costruisce il socialismo con l'appropriazione collettiva dei mezzi
e degli strumenti di quella intelligenza, che Marx ha individuato nei
'Grundrisse' (cfr. K.Marx, Lineamenti fondamentali della critica
dell'economia politica, 1857-1858, 2 voll., trad. di Enzo Grillo,
Firenze, La nuova Italia, 1968-1970, ora anche nella traduzione dell'ed. Pgreco,
2012).
-
Il cimento dell’oggi è duro, ma ci siano da sprone le asprezze e le tragiche sofferenze di chi, prima e
meglio di noi, per questo nome e per l’ideale del socialismo, ha patito
discriminazioni, emarginazioni, torture, sino al sacrificio della vita, come
nella Resistenza antifascista.
Concetto
Marchesi, sull’Unità del 20 gennaio 1952:
“Un saggio ministro
diceva a un giovane incrudelito imperatore romano: ‘Per quanti avversari tu
possa uccidere, non ucciderai mai il tuo successore’. Questo impazzito
imperialismo capitalistico, per quanti strumenti di rovina possa accumulare nei
cantieri della morte, non distruggerà mai il suo successore, che oggi ha un
nome solo: socialismo.”
Non
ci sarà mai socialismo senza un grande partito comunista.
fe.d.
- nota
- Tra gli interventi sul ruolo educatore del partito sulla falsariga gramsciana cfr. M. Spinella, Scuole e corsi di partito: sviluppo e prospettive, in «Rinascita», 1952, n. 11, pp. 632-634; Id., La scuola centrale di partito, in «Rinascita», 1948, n. 8, pp. 324,325; Id., Il problema dei quadri nei ‘Quaderni del carcere’, in «Rinascita», 1953, n. 3, pp. 162-166; P. Secchia, L’arte dell’organizzazione, in «Rinascita», 1945, n. 12, pp. 267-269, Id., Palmiro Togliatti organizzatore, in «Rinascita», 1948, n. 8, pp. 285-288.
- Il 'frammento sulle macchine' degli appunti per “Il Capitale” di
Marx, noti come Grundrisse (Lineamenti fondamentali di critica
dell’economia politica, composti tra il 1857 e il 1858) ha avuto diverse
interpretazioni (ermeneutiche) in chiave di riattualizzazione, che, come nel
caso di Antonio Negri (già a partire da “Marx oltre Marx. Quaderno di lavoro
sui Grundrisse”, Feltrinelli, Milano 1979) lo hanno pregiudizialmente collocato
nel versante cripto-critico del marxismo, tra ribellismo indistinto, slancio
utopico e pensiero oscuro. In realtà quel frammento contiene due categorie
importantissime per l’analisi delle strutturali contraddizioni del sistema
capitalista: il “general intellect” e l’individuo sociale. Se il complessivo
sapere dell’intelligenza sociale (non solo i mezzi di produzione, ma la
conoscenza ad essi connessi, la cultura, l’arte e la scienza, capitale fisso
dell’intera umanità) non viene condiviso, l’appropriazione privata del “general
intellect” colliderà con le esigenze e i bisogni di natura sociale di tutti gli
individui.
E’ una fondamentale contraddizione di sistema, strutturale e
sovrastrutturale. Coniugata con l’elaborazione dell’”intellettuale
collettivo” nella riflessione di Gramsci, essa squaderna tutta la sua attualità
oggi, nell’era pandemica, dove la proprietà privata della scienza e della
tecnica, nei sistemi capitalistici, si scontra con il benessere sociale.
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