David Lazzaretti o Davide Lazzaretti (Arcidosso, 6 novembre 1834 – Bagnore, 18 agosto 1878) è stato un predicatore italiano.
Operò nella Toscana di
fine XIX secolo, particolarmente nella zona del Monte Amiata. Per il suo
visionarismo e per la sua tragica fine, è stato chiamato il Cristo dell'Amiata
(o profeta dell'Amiata). Al suo nome è legato quello del cosiddetto
Giurisdavidismo (o Chiesa Giurisdavidica). Figlio di poveri contadini, mutò il
proprio cognome da Lazzeretti in Lazzaretti, in riferimento non solo al
personaggio evangelico, ma anche a quello del romanzo di Giuseppe Rovani “Manfredo Pallavicino”, un Lazzaro Pallavicino preteso discendente dei re
taumaturghi di Francia. Ad Arcidosso, nel grossetano, alle pendici del versante
occidentale dal monte Amiata, ai margini dei grandi boschi e alle vallate che
gradualmente scendono verso la Maremma, dal 1870 al 1872, con il consenso delle
autorità ecclesiastiche in rotta con lo Stato unitario, fondò tre istituti religiosi,
i cui edifici di riferimento furono costruiti sulle pendici del monte Labbro.
Il suo visionarismo socialista si assumeva il compito di guidare l'umanità
verso l'era dello Spirito Santo, improntata alla legge di Diritto dopo che si
erano concluse l'era del Padre, caratterizzata dalla legge di Giustizia da
quando Mosè aveva ricevuto i comandamenti, e l'era del Figlio, ovvero Gesù e
l'era della legge di Grazia. La sua comunità, chiamata Giurisdavidica, ossia
del diritto di Davide, sembrò assumere i caratteri di un socialismo mistico e
utopistico: egli prese le difese della Comune di Parigi e raccolse consensi
anche da figure che, nella Chiesa, avevano posizioni sociali favorevoli ai ceti
più deboli e diseredati, come Giovanni Bosco, che lo ospitò e lo sostenne. Nel
marzo 1878 la Chiesa cattolica, per mano del Sant'Uffizio, lo condannò come
eretico, lo scomunicò e mise all'Indice i suoi scritti; ma egli proseguì la sua
attività e si proclamò "Cristo Duce e Giudice", affermando di essere
venuto a completare la rivelazione cristiana. La mattina del 18 agosto 1878,
pochi mesi dopo la morte di Pio IX e l'ascesa al papato di Leone XIII, egli
guidò una processione che dal Monte Labbro, ribattezzato monte Labaro, scese
verso Arcidosso. Ad attenderli vi era però una pattuglia di carabinieri e un
militare sulla cui presenza si nutrono tuttora perplessità mai chiarite. Fu
proprio questo militare, un certo Pellegrini, che colpì a morte David. Altri
spari furono diretti sulla processione inerme, facendo tre morti e circa
quaranta feriti. Fu poi trasportato alle Bagnore, un villaggio nei pressi di
Santa Fiora, dove morì. Il suo cadavere
fu sepolto a Santa Fiora in terra sconsacrata, ma venne poco dopo prelevato
dall'antropologo Cesare Lombroso, il fondatore dell'antropologia criminale, che
aveva ottenuto le sue spoglie per i propri studi, volti a ricercare nel
Lazzaretti l'origine organica di una follia criminale. Ciò che rimane di quel
corteo variopinto (bandiere, labari, gonfaloni, vesti, tuniche) che Lazzaretti
predispose per un ingresso in Arcidosso, fu, unitamente ad altri reperti,
conservato per circa un secolo nel lascito che Cesare Lombroso aveva destinato
al Museo di antropologia criminale di Torino, e trasferito, successivamente,
almeno in parte, nel Centro studi David Lazzaretti di Arcidosso.
rielaborazione estratto
da Wikipedia di #SubalternStudiesItalia
Il libro
- Nello Nanni, Vita e pensiero di David Lazzaretti. Il profeta della terza era, C&P Adver Effigi, 2014
/scheda/
Pietro Clemente cit.
prefazione
Una vita religiosa sembra dirci Anna Innocenti Periccioli deve arrivare al
cuore e alla mente senza il filtro della ragione o della teologia, affidarsi
all’accoglienza e alla comprensione umana del limite, all’emozione e allo
stupore. (..) Una esperienza biografica dentro la storia ma dotata di un’aura ‘
metastorica’, vissuta con la capacità di chi cerca di stare nella storia come
se non ci stesse, come se dovesse in essa affermare un altro tempo, ritorcere
il tempo del secolo a favore di quello della luce del messaggio. (..)
Nello Nanni cit.
Introduzione
Il Lazzaretti, antropologicamente, aveva scarsi legami con il secolo in cui
visse: come giustamente una volta notò Padre Ernesto Balducci, non era l’uomo
dei cento anni, ma piuttosto l’uomo dei mille anni. Non poteva essere compreso
con l’ottica consueta della storiografia, perché non era un personaggio
storico, ma metastorico, i cui punti di riferimento cioé, attingendo ad un
passato anche molto remoto, sfioravano il presente per proiettarsi nel futuro:
in parole semplici, un profeta. Nei secoli del materialismo e della supponenza
scientifica, come poteva essere apprezzato il messaggio di un barrocciaio, la
cui formazione culturale, per di più, apparteneva ad una società arcaica come
quella dei pastori e dei contadini Amiatini?
Gramsci, Lazzaretti e i subalterni
L’opera «fondamentale» sul Lazzaretti è quella di Giacomo Barzellotti, che nella 1° e 2a edizione (presso Zanichelli) era intitolata Davide Lazzaretti e che fu ampliata e in parte modificata nelle successive edizioni (Treves) col titolo Monte Amiata e il suo Profeta. + (..) libro del Barzellotti, che ha servito a formare l’opinione pubblica italiana sul Lazzaretti, sia niente altro che una manifestazione di patriottismo letterario (– per amor di patria! – come si dice) che portava a cercar di nascondere le cause di malessere generale che esistevano in Italia dopo il 70, dando, dei singoli episodi di esplosione di tale malessere, | spiegazioni restrittive, individuali, folcloristiche, patologiche ecc. La stessa cosa è avvenuta piú in grande per il «brigantaggio» meridionale e delle isole. (..) Gli uomini politici non si sono occupati del fatto che l’uccisione del Lazzaretti è stata di una crudeltà feroce e freddamente premeditata (in realtà il Lazzaretti fu fucilato e non ucciso in conflitto: sarebbe interessante conoscere le istruzioni riservate mandate dal governo alle autorità): neanche i repubblicani se ne sono occupati (ricercare e verificare) nonostante che il Lazzaretti sia morto inneggiando alla repubblica (il carattere tendenzialmente repubblicano del movimento, che era tale da poter diffondersi tra i contadini, deve aver specialmente contribuito a determinare la volontà del governo di sterminarne il protagonista), forse per la ragione che nel movimento la tendenzialità repubblicana era bizzarramente mescolata all’elemento religioso e profetico. Ma appunto questo miscuglio rappresenta la caratteristica principale dell’avvenimento perché dimostra la sua popolarità e spontaneità. (..) le masse rurali, in assenza di partiti regolari, si cercavano dirigenti locali che emergevano dalla massa stessa, mescolando la religione e il fanatismo all’insieme di rivendicazioni che in forma elementare fermentavano nelle campagne. (..) Il dramma del Lazzaretti deve essere riannodato alle «imprese» delle cosí dette bande di Benevento, che sono quasi simultanee: i preti e i contadini coinvolti nel processo di Malatesta pensavano in modo molto analogo a quello dei Lazzarettisti, come risulta dai resoconti giudiziari (cfr per es. il libro di Nitti sul Socialismo Cattolico dove giustamente si accenna alle bande di Benevento: vedere se accenni al Lazzaretti). In ogni modo, il dramma del Lazzaretti è stato finora veduto solo dal punto di vista dell’impressionismo letterario, mentre meriterebbe un’analisi politico-storica. (..)
+ cfr. Antonio Gramsci, Quaderni dal carcere, Q.25 par.1 (ed.Gerratana, Einaudi; 1975, pp. 2279-2283)
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Giacomo Barzellotti, David Lazzaretti di Arcidosso
(detto il santo), Bologna: Zanichelli, 1884 (nuova ed. con il titolo: Monte Amiata
e il suo profeta, Milano: Fratelli Treves, 1909)
Privilegiando l'antropologia criminale come la pseudo-scienza classista di
Cesare Lombroso e come per il brigantaggio meridionale, scrive Gramsci, anche
per Lazzaretti è mancato un approccio di studio storico-politico che avrebbe
potuto evidenziare le materiali condizioni di vita delle popolazioni nella
costruzione di uno Stato unitario fondato sulla disuguaglianza e su un modello
di sviluppo forgiato da una classe dirigente post-risorgimentale che ha
lasciato volutamente i gruppi subalterni ai margini della storia.
a cura di Subaltern Studies Italia
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