transizione
dalla teoria alla pratica dell'insorgenza armata in Italia
fonte
diretta Tonino Paroli - scrittura di Giovanni Bianconi
L'appuntamento
- organizzato da gente che ama il vino e la buona cucina, e che proprio di
fronte ai bicchieri di rosso ha ascoltato i primi discorsi politici e costruito
le sue teorie - è fissato per luglio presso la locanda Da Gianni, a Costa Ferrata, un piccolo centro ai piedi
dell'Appennino poco fuori Reggio Emilia, gestita da un conoscente di Paroli. Da
Gianni si mangia e si può anche dormire nelle stanze attrezzate al piano di
sopra, e il salone utilizzato di solito per battesimi e matrimoni può
tranquillamente ospitare l'assemblea del centinaio di militanti arrivati da
Milano, da Trento, da Roma e da altre città.
A
pochi chilometri dal grappolo di case allineate lungo la Provinciale, che non
compare nemmeno sulla carta topografica, l'unica insegna stradale avvisa che ci
si trova a Pecorile, il paese prima venendo da Reggio. Dopo, non ci sono più
cartelli. E allora, per chi giunge da fuori, il convegno si tiene a Pecorile.
L'ospite
è stato avvisato che si tratta di un incontro tra studenti ed operai, e non
sospetta che tra loro qualcuno già favoleggia di lotta armata e clandestinità.
Del resto in quel periodo è abbastanza normale che i giovani trascorrano le
loro giornate a discutere di politica, anzichè solo di donne e motori.
Per
dormire, i "convegnisti" si arrangiano nelle stanze della locanda e
nei posti rimediati qua e là dai compagni di Reggio, anche presso le famiglie
del luogo che per poche lire sono ben liete di mettere qualche letto a
disposizione di ragazzi e ragazze arrivati con gli zaini e i sacchi a pelo.
Per
mangiare e bere non ci sono difficoltà. La cucina è quasi sempre in funzione, e
per tre intere giornate e serate, nel lungo salone abituato a lauti banchetti e
danze parentali si dibatte di politica mentre i camerieri del ristorante vanno
e vengono senza dare peso alle relazioni e agli interventi che si susseguono al
tavolo principale.
Nella
sua relazione introduttiva, il "compagno della Pirelli" Renato Curcio
espone la necessità di organizzare ancora meglio i servizi d'ordine in
"nuclei capaci di intervenire nelle varie città, laddove lo scontro
richiedesse una presenza dura". Non ancora con le armi da fuoco, ma con i
mezzi della guerriglia urbana tradizionale: bastoni, molotov, bulloni.
Al
di là dei discorsi ufficiali, nei capannelli e nelle riunioni
"volanti" cominciano però a circolare nuove ipotesi, più radicali e
decise: "Unire la prassi politica con quella della guerra di lunga durata
contro lo Stato e le strutture che fanno da freno alle istanze degli operai e
del proletariato, che dovrà necessariamente passare per una fase anche
violenta". A farsi carico di questa necessità, si teorizza, dev'essere
un'avanguardia che avrà il compito di gettare le basi della "guerra
civile", a cominciare dalle grandi
metropoli dove si annidano le fabbriche, il cuore della rivolta.
"E'
lì la nostra giungla, il nostro Vietnam", pensa e dice Tonino, che non
perde una battuta del dibattito innaffiato di progetti e di Lambrusco.
Dagli
interventi pubblici e meno pubblici emergono tre anime all'interno del
convegno. La prima, più "movimentista", privilegia lo scontro di
massa su larga scala , tutto interno al movimento e senza una guida organizzata;
la seconda, sponsorizzata da Curcio, ipotizza un graduale passaggio alla
resistenza armata a partire dalle fabbriche, attraverso nuclei ristretti ma
sempre collegati con la massa e le "realtà di base"; la terza prevede
un'ulteriore, immediata militarizzazione dei gruppi che prelude alla
clandestinità, anche rompendo i rapporti col movimento.
Alla
fine del convegno, fra baci, abbracci e pugni chiusi, i partecipanti si lasciano
senza aver deciso nulla di concreto, ma Tonino e una parte dei compagni di
Reggio scelgono di rimanere in contatto con Curcio e gli altri della
"seconda posizione". Senza
recidere però i legami con la terza, sostenuta da alcuni milanesi che fanno
capo a Corrado Simioni, un ex socialista che aveva dato vita a un nuovo
Collettivo di operai e studenti e che con le sue teorie avrebbe fondato, sulle
ceneri di Sinistra Proletaria, un gruppo chiamato Superclan.
da
Giovanni Bianconi, Mi dichiaro
prigioniero politico -Storie delle Brigate Rosse, Einaudi, 2003. pp.16-18.
Giovanni
Bianconi (1960) è giornalista del Corriere
della Sera
La Stampa, 24 ottobre 1991 - di Vincenzo
Tessandori
Uno dei testi, secondo la
testimonianza di Paroli, più letti e consultati ai tempi del convegno di Costa
Ferrata (luglio_agosto 1970)
Il ristorante ‘da Gianni’ oggi a
Costa Ferrata (RE)
Presentazione:
PROLETARI “CON” RIVOLUZIONE - ‘ali’ di piombo in occidente
a cura di Subaltern studies Italia
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