L'emblema delle
Repubbliche Sovietiche Cinesi (da Wikipedia)
Le repubbliche sovietiche cinesi del periodo 1931-1937 rappresentano un capitolo affascinante e cruciale nella storia della Cina e nella lotta rivoluzionaria del Partito Comunista Cinese (PCC). Fondate in un contesto di crescente tensione tra il governo nazionalista del Kuomintang (KMT) e le forze comuniste, queste entità territoriali sono emblematiche degli sforzi del PCC per stabilire basi solide e perseguire obiettivi rivoluzionari.
La più nota tra queste
repubbliche fu la Repubblica Sovietica Cinese, proclamata nel novembre 1931 con
capitale a Ruijin, nella provincia di Jiangxi. Sotto la guida di figure
storiche come Mao Zedong e Zhu De, questa repubblica divenne il nucleo
dell'attività comunista durante quel periodo.
Dal punto di vista
amministrativo e sociale, le repubbliche sovietiche cinesi adottarono politiche
innovative che includevano riforme agrarie, ridistribuzione della terra e
promozione dell'istruzione e dell'uguaglianza di genere. Tali misure miravano a
guadagnare il sostegno delle masse contadine, cruciali per il successo della
rivoluzione.
Tuttavia, il periodo
delle repubbliche sovietiche fu segnato da continue minacce militari. Il regime
del KMT sotto Chiang Kai-shek lanciò numerose campagne di accerchiamento mirate
a distruggere le basi comuniste. Questi attacchi culminarono nella lunga e
ardua ritirata che divenne poi nota come la Lunga Marcia, un epico spostamento
verso nord che finì per consolidare il potere di Mao Zedong all'interno del PCC.
Questo periodo si
concluse nel 1937, quando le forze comuniste e nazionaliste iniziarono a
cooperare in seguito all'invasione giapponese della Cina, formando un fronte
unito contro il comune nemico esterno. Le repubbliche sovietiche lasciarono un
impatto duraturo sulla storia politica del PCC e aprirono la strada a ulteriori
sviluppi rivoluzionari nel paese.
LA
TERRA AI CONTADINI
Snow squaderna, dentro
i confini invisibili delle aree «liberate», una realtà parallela: scuole,
accademie, teatri, un’economia che riesce nonostante tutto a stare in piedi,
una normalità alternativa che non tradisce le radici di una civiltà antica. Le
basi che visita «nello Shensi settentrionale, nel Gansu nordorientale e nel
Ningxia sudorientale» si trovano, «per uno strano ricorso storico», nella
regione «che fu culla della civiltà cinese: pressappoco in questi luoghi,
migliaia di anni fa, i cinesi si evolsero e si unirono a formare una nazione».
Non solo: la redistribuzione dei campi sottratti ai latifondisti rende tenace l’attaccamento
ai colori rivoluzionari da parte dei contadini, «orgogliosi proprietari di
terre che da poco erano state concesse loro». Perché, annota ancora Snow, «solo
per la terra qualsiasi contadino in Cina sarebbe pronto a lottare sino alla
morte»., dalla Presentazione “Cronache di un viaggio iniziatico” di Marco Del
Corona all’edizione 2016 de Il Saggiatore a Edgar Snow, “Stella rossa sulla
Cina”, formato digitale, pos.124
Snow, corrispondente
statunitense di base a Pechino, era penetrato nelle aree controllate – parole
sue – dalla «banda di tisici» di Mao Zedong, rimanendovi per mesi tra
il 1936 e il 1937. Concluse la stesura del libro il 20 luglio del 1937; e quasi
trent’anni dopo – lo dimostra l’appassionata introduzione di Enrica
Collotti Pischel all’edizione italiana – si attingeva alle sue pagine
con una devozione che, oggi, pare andare assai al di là del rispetto dovuto a
un documento storicamente rilevante. (..) La sua ammirazione per la Lunga
marcia, con cui dall’ottobre 1934 all’ottobre 1935 i comunisti sfuggirono alla
«campagna d’annientamento» dei nazionalisti di Chiang Kai-shek, diventa
tutt’uno con uno dei miti fondanti della Repubblica popolare. (dalla
presentazione di Marco Del Corona).
Edgar Parks Snow era
nato a Kansas City (Missouri) il 17 luglio 1905, morì a Eysins il 15 febbraio 1972. Altre sue
due pubblicazioni rilevanti possono essere lette in italiano:
- L'altra riva del fiume. La Cina oggi, Einaudi, 1968 su ed. or.
Gollancz, Londra, 1963
- La lunga rivoluzione, Einaudi, 1973 su ed.or. Random House, 1972
Nell’estate del 1936 il
giornalista statunitense Edgar Snow, da qualche anno inviato speciale nella
Cina di Chiang Kai-shek, intraprese un viaggio che aveva già allora il sapore
dell’epopea. Snow fu il primo occidentale a varcare il confine dei territori
controllati dai rivoluzionari di Mao Zedong, incontrandoli da vicino, accolto
come un amico nelle loro case-grotta dello Shaanxi settentrionale. Da quei nove
formidabili mesi nacque un reportage definito all’epoca «lo scoop del secolo» e
destinato a diventare celebre. In Stella
rossa sulla Cina parlano dirigenti comunisti e combattenti volontari,
contadini beneficiati dalla ridistribuzione delle terre e giovani donne
lavoratrici, che rivendicano il diritto all’autogoverno contro l’occupazione
giapponese, lottando con uno spirito di comunità e una caparbietà travolgenti.
E parla lo stesso Mao, che racconta a Snow le imprese dell’Armata rossa, le
peripezie mitiche della «Lunga marcia», la rottura con i nazionalisti del
Guomindang e i fraintendimenti con un lontanissimo Stalin, ma anche i
drammatici problemi della società cinese, le letture, l’antica fascinazione per
i pensatori occidentali, i dettagli della vita privata. Calato nella
quotidianità della rivoluzione, ammaliato dalla tempra morale dei suoi
protagonisti, Snow riuscì a segnare il primo punto di contatto con una realtà
antropologica, prima ancora che ideologica, rimasta fino ad allora misteriosa.
Riproposto dal Saggiatore con la preziosa curatela di Enrica Collotti Pischel, Stella rossa sulla Cina è una
testimonianza insuperata della genesi della Cina di Mao; un classico della
storia contemporanea, capace di illuminare l’essenza dei problemi in una
prospettiva umana autentica, con una forza narrativa che ha sedotto intere
generazioni.
Il Saggiatore, ed. 2016
su ed. originale “Living China: Modern Chinese Short Stories”, Harrap, Londra,
1936.
La frase di Mao Tse
Tung “Quando il nemico avanza, noi ci ritiriamo!” riflette una tattica militare
e strategica adottata dai comunisti cinesi durante il conflitto con il
Kuomintang (KMT) nel periodo delle basi rosse. Questo modo di pensare è parte
di una strategia più ampiamente conosciuta come \"guerra di
movimento\" o \"guerra di guerriglia\", che punta ad evitare
scontri frontali diretti con forze nemiche superiori in potenza e numero.
La tattica implica:
1. Evita il confronto
diretto: Quando di fronte a un nemico superiore o in fase di avanzata, le
truppe comuniste si ritiravano strategicamente, evitando lo scontro diretto per
non subire perdite pesanti.
2. Mobilità e
flessibilità: Ritirandosi, Mao perseguiva l'obiettivo di mantenere le sue forze
mobili e flessibili, pronte a colpire il nemico in momenti più vantaggiosi e in
posizioni più favorevoli.
3. Logoramento del
nemico: L'intento era di stancare il nemico allungandone le linee di
rifornimento e portandolo in territori dove le forze comuniste avevano maggiore
conoscenza e supporto locale.
4. Guadagnare tempo e
riorganizzare: La ritirata permetteva ai comunisti di riorganizzarsi,
raccogliere nuove risorse e reclutare ulteriori forze, aumentando le
possibilità di successo in scontri futuri.
Questa strategia
riflette una più ampia filosofia di Mao, che sottolineava l'importanza
dell'adattabilità e dell'uso di tattiche non convenzionali per superare
avversità e nemici apparentemente più forti.
(..)
dopo il nono Congresso di partito della 4 a armata rossa, svoltosi nel Fukien
occidentale nel dicembre del 1929: (..) Questo congresso aprì la via alla
costituzione del potere sovietico nel Kiangsi. L’anno dopo registrammo notevoli
successi. La regione meridionale del Kiangsi cadde quasi interamente nelle mani
dell’Esercito rosso. Così nacque il nucleo della zona sovietica centrale. (..)
Il 7 febbraio 1930 si tenne nel Kiangsi meridionale un importante congresso
(..) in questa conferenza si decise la creazione del governo sovietico
provinciale del Kiangsi. A questo nuovo programma i contadini risposero con una
calda, entusiastica adesione che ci aiutò, nei mesi che seguirono, a rendere
vane le campagne di annientamento degli eserciti del Kuomintang. (..) Sul Chingkangshan erano state adottate
quattro parole d’ordine che possono dare un’idea dei metodi della guerra
partigiana grazie ai quali si sviluppò l’Esercito rosso. Le parole d’ordine
erano: 1. Quando il nemico avanza, noi ci ritiriamo! 2. Quando il nemico si
ferma e si accampa, noi lo disturbiamo! 3. Quando il nemico cerca di evitare la
battaglia, noi attacchiamo! 4. Quando il nemico si ritira, noi lo inseguiamo!
(..) e non potevamo sperare nella vittoria se non combinando astutamente la
tattica della manovra e quella della guerriglia.
Mao Tse Tung, da
“Genesi di un comunista” (estratto Snow 1937), e.book, Gae ed., 2021, pos.
1379-1503. Cfr. Edgar Snow,
“Red star over China”, 1937, Victor Gollancz Ltd (London; UK), Random House
(New York; US).
(a cura di Ferdinando
Dubla)
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