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"Non ho nulla da rimproverare alla mia coscienza perché ho agito sempre per costrizione e non per libera scelta; ma la società non ha voluto accogliermi nel suo seno. Mi consegno alla giustizia dopo aver invano sognato per me e per voi un mondo più giusto e più umano. Il mio nome echeggia tragicamente in tutta la Provincia: sappiate però che don Ciro è innocente di tanti delitti che gli sono addossati. Addio!"
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Don Ciro, tra due fila di soldati, seguiva il cataletto incedendo a testa alta e quasi noncurante di quanto accadeva intorno. Ovunque soldati in assetto di guerra e perfino qualche cannone... Sugli archi della caserma sventolavano, in alto, la bianca bandiera borbonica e, al di sotto in stridente contrasto, la bandiera nera dei Decisi. Don Ciro, dopo aver allontanato ancora un sacerdote, fu condotto davanti agli archi e, nonostante le sue rimostranze, bendato e con le spalle rivolte al plotone. Un silenzio gelido si stese sulla piazza e risuonarono sferzate le parole della sentenza letta da un sottufficiale prima che l'ordine di fuoco venisse impartito. La luna in quel momento si fece spazio tra le fredde nuvole di febbraio e sovrappose il suo colore funereo ai lumi e alle fiaccole; le campane mandavano all'intorno rintocchi di morte. Atterrita e spaurita, la gente attese come una liberazione il suono della tromba: una scarica di fucileria laceró il silenzio della sera dissolvendo il mito di don Ciro Annicchiarico.
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Da: Rosario Quaranta ~ Un prete brigante - Don Ciro Annicchiarico (1775-1818)
ed. Del Grifo, 2005
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