Colpito al cuore il sistema della precarietà. La corte di giustizia europea: il governo italiano stabilizzi il personale Ata e i docenti che lavorano da più di 36 mesi con contratti a termine. Giannini rassicura: «148 mila in ruolo nel 2015 e 40 mila con un concorso». Per i sindacati è insufficiente: «La decisione riguarda anche gli altri 100 mila esclusi dal governo»
Roberto Ciccarelli su Il Manifesto (articolo integrale)
La Corte di giustizia dell’Unione Europea ha colpito
al cuore il sistema del precariato nella scuola in Italia. Con una sentenza
attesa da tempo ieri la corte di Lussemburgo presieduta dal giudice sloveno
Marko Ilesic ha dichiarato illegali i contratti di lavoro a tempo
determinato stipulati in successione oltre i 36 mesi (tre anni). Da
oggi i docenti precari e il personale Ata, che hanno superato un
concorso nel 1999, o hanno ottenuto un’abilitazione, hanno diritto ad
essere assunti nella scuola. La Corte ha riportato sui binari del diritto un
paese che ha cercato con tutti i mezzi di restare nell’illegalità con il
Dl 368 del 2001 che permette un numero illimitato di rinnovi contrattuali
solo nella scuola.
L’Italia sarà così obbligata,
pena risarcimenti milionari e decine di migliaia di ricorsi ai giudici
del lavoro, a tornare a far parte dello stato di diritto comunitario
dopo quindici anni.
La sentenza ha un valore epocale
perché vale sia per il lavoro pubblico che per quello privato. Dunque sia
per la scuola e la pubblica amministrazione sia per le imprese. Questo
significa che la riforma Poletti (la prima parte del Jobs Act) che ha cancellato
la cosiddetta «causalità» dei contratti a termine può essere considerata
non valida poiché contravviene alla direttiva europea 70 del 1999. Quella
che vieta i rinnovi dei contratti a termine oltre i tre anni,
ma che il governo Renzi non ha rispettato. Contro questa «riforma»,
i giuristi democratici, la Cgil e l’Usb hanno già presentato
una denuncia alla Commissione Europea. In caso di parere positivo, il
ricorso passerà alla Corte che, alla luce della sentenza di ieri, non potrà
che confermare il suo orientamento. Nel frattempo in Italia, i giudici
del lavoro saranno costretti ad applicare la sentenza nella scuola
o negli enti di ricerca e nella P.A.
La Corte ha smontato uno degli
alibi usati dai governi per non fare le assunzioni: quello dei concorsi pubblici.
Una rarità ormai, di recente riscoperto in maniera caotica e iniqua dal
ministero dell’Istruzione. Ebbene, i lavoratori dovranno essere assunti
subito senza aspettare l’epletamento delle procedure concorsuali.
La sentenza fa inoltre traballare
le basi sulle quali è stato costruito l’edificio della precarietà sin
dal 1997, quando il centro-sinistra di Prodi approvò il famigerato «pacchetto
Treu». Risolutivi sembrano i punti 100 e 110 della sentenza
a favore di otto docenti e collaboratori amministrativi napoletani
che hanno lavorato per il ministero dell’Istruzione per non meno di 45 mesi
su un periodo di 5 anni. Il primo stabilisce che il contratto
a tempo indeterminato è «la forma comune dei rapporti di lavoro» anche
in settori come la scuola dove il tempo determinato rappresenta «una caratteristica
dell’impiego». Il secondo punto smentisce le politiche dell’austerità con
le quali i governi hanno giustificato il blocco delle assunzioni in
tutto il pubblico impiego: il rigore del bilancio non può giustificare il
«ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo
determinato». Bisognava aspettare l’Europa per affermare la certezza di
questi principi. A tanto è arrivata la barbarie politica
e giuridica nel nostro paese.
Ieri il governo Renzi ha provato a fare il vago. La risposta
del ministro dell’Istruzione Stefania Giannini era prevedibile: la
«buona scuola» prevede l’assunzione dei 148 mila docenti precari nelle graduatorie
ad esaurimento e il concorso per 40 mila nel 2015. Tutto a posto
allora? Per nulla. La sentenza della Corte chiarisce la fondamentale
discriminazione compiuta dal governo ai danni di almeno altre 100 mila persone
che non verranno assunte a settembre, pur avendone i titoli. Si
tratta dei docenti abilitati Pas e Tfa, oltre che del personale Ata
(almeno 15 mila). La maggior parte ha lavorato più di 36 mesi nella scuola.
Si parla di 70 mila, ma anche di 100 mila.
Sui numeri
non c’è certezza perché manca un censimento serio, l’unico strumento per
procedere ad un vero piano per le assunzioni. La sentenza è infine un
colpo tremendo, anche finanziario, alla politica degli annunci
dell’esecutivo. Se, com’è prevedibile, continuerà sulla sua strada, allora
dovrà prepararsi a pagare milioni di euro in risarcimenti. Nei tribunali
italiani giacciono almeno diecimila ricorsi in attesa della sentenza della
Corte. Da oggi i processi di moltiplicheranno a dismisura
e si concluderanno con una condanna. Renzi si trova davanti a questa
alternativa: assumere fino a 300 mila persone nella scuola, oppure iniziare
a pagargli i danni.
Tutti
i sindacati della scuola stanno affilando le armi giuridiche.
L’Anief, che tra i primi ha iniziato a percorrere questa strada,
prepara una valanga di nuovi ricorsi per imporre il pagamento degli scatti di
anzianità ai precari, nonché le loro mensilità estive per un totale di 20
mila euro. «È una pagina storica – ha detto Marcello Pacifico, presidente
Anief – Ora è assodato che non esistono ragioni oggettive per discriminare
chi è stato assunto a tempo determinato nella scuola dal 1999». La
Gilda di Rino Di Meglio ha recapitato una diffida al governo. Se entro dicembre
non avvierà la stabilizzazione dei precari percorrerà fino in fondo la
via giudiziaria.
«La questione
precariato è esplosiva – sostiene Massimo Di Menna della Uil Scuola –
Conferma la miopia di una gestione del personale attenta al risparmio anziché
al rispetto dei diritti dei lavoratori». Piero Bernocchi dei Cobas chiama
alla mobilitazione contro il governo che, come i precedenti, preferirà
pagare le multe piuttosto che rispettare il diritto: «Con il suo piano Renzi
voleva espellere il 50% dei docenti mettendo precari contro precari, fasce
contro fasce. Non c’è riuscito. Ora bisogna estendere questa conquista
a tutto il pubblico impiego». «Non bisogna illudere i precari,
non possono aspettare gli anni del dibattimento nelle aule legali —
sostiene Cristiano Fiorentini(Usb) — La sentenza non determina assunzioni
immediate. Ci vuole una norma per la stabilizzazione».
«Il
governo ha sostenuto che la Cgil difende i lavoratori stabili
e discrimina quelli precari — sostiene Mimmo Pantaleo, segretario
Flc-Cgil — La sentenza della Corte di Giustizia europea sulla scuola ha
ribaltato questa falsità e dimostra come il nostro sindacato si stia
battendo per i precari. Questa sentenza rafforza le ragioni dello
sciopero generale del 12 dicembre». Giunta all’indomani dell’approvazione
alla Camera del Jobs Act, la sentenza colpisce uno dei pilastri della
riforma targata Renzi-Poletti: vieta cioè di rinnovare infinite volte il
contratto a termine: «Ora devono scegliere — continua il sindacalista
— O affrontano migliaia di ricorsi, e li perderanno, oppure stabilizzano
tutti i precari e non solo quelli iscritti nelle graduatorie
a esaurimento».
La sentenza
della Corte Ue è uno di quei «casi in cui diciamo meno male che l’Europa
c’è — ha commentato la segretaria Cgil Susanna Camusso — Non c’è dubbio
che questa sentenza sia un precedente per i precari della P.A. e sul
decreto Poletti. Il governo deve rispondere sul fatto che non procede alla
stabilizzazione dei precari».
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