giovedì 16 luglio 2015
SULL’ULTIMO BERLINGUER (1979-84)
Da Guido Liguori, Berlinguer
rivoluzionario - Il pensiero politico di un comunista democratico, Carocci,
2014, pp.131-32
L’unica forma della democrazia non poteva essere “spingere un
bottone”. Ogni epoca – sosteneva Berlinguer – vedrà “la naturale tendenza dell’uomo
a discutere, a riunirsi, ad associarsi”, anche se cambieranno le forme. Ogni
epoca avrà “i suoi movimenti e le sue associazioni”. Infatti, “i movimenti
pacifisti, i movimenti ecologici, quelli che, in un modo o nell’altro,
contrastano la omologazione dei gusti e il conformismo: chi avrebbe saputo
immaginarli quaranta o anche venti anni
fa?”. Naturalmente sarà “compito dei
partiti (..) quello di adeguarsi ai tempi e alle epoche”. La loro tenuta si
sarebbe misurata dalla “loro capacità di rinnovarsi”, ma sempre senza recidere
le radici. Fra questi due poli muoveva la ricerca del ‘secondo Berlinguer’, in
un lavoro non di corto respiro, non schiacciato sulla politica immediata, alla
ricerca di ‘pensieri lunghi’, senza trascurare “il coraggio di una Utopia che
lavori sui ‘tempi lunghi’”, sempre con l’obiettivo del socialismo, qui definito
“la direzione consapevole e democratica, quindi non autoritaria, non
repressiva, dei processi economici e sociali con il fine di uno sviluppo
equilibrato, della giustizia sociale e di una crescita del livello culturale di
tutta l’umanità”.
Le citazioni sono da E. Berlinguer, Orwell sbagliava, in l’Unità,
18 dicembre 1983
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