sabato 26 settembre 2020
Ermeneutica ecologica e “fine del mondo”
Il paradigma produttivistico è la degenerazione del paradigma industrialista, dovuto al sistema capitalistico. E’ proprio questa degenerazione che connota il paradigma di civiltà
(in interlocuzione con Edgar Morin, Il paradigma perduto, 2020).
Esso provoca una mutazione antropologica degli esseri umani, concetto ancora più estensivo di quello pasoliniano, in quanto si esprime, molto prima che nei caratteri permanenti dell’essere biologico, nei caratteri transeunti delle espressioni culturali.
“il mito umanista dell’uomo sopra-naturale si è ricostituito al centro stesso dell’antropologia, e l’opposizione natura/cultura ha preso forma di paradigma, cioè di modello concettuale”.
“La natura non è più disordine, passività, ambiente amorfo: è una totalità complessa. L’uomo non è più un’entità chiusa in rapporto a questa totalità complessa: egli è un sistema aperto in rapporto di autonomia/dipendenza organizzatrice in seno a un ecosistema”
Edgar Morin, Il paradigma perduto, ed. Mimesis, 2020, pp.22 e 32.
- L’APOCALISSI prossima ventura: e se “la fine del mondo” (de Martino) fosse interpretata anche come crisi di un paradigma di civiltà, il collasso dell’ecosistema come psicopatologia dell’umano, indotto dalla degenerazione dell’industrialismo propria del capitalismo e dall’’arcano” della mercificazione? ~ fe.d.
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