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LO SGUARDO DEL BRACCIANTE di MINERVINO in Ernesto de MartinoLa civiltà dello spirito era la civiltà dell’Italia democristiana del 1948, quella in cui nel luglio si era consumato l’attentato a Togliatti, in cui una mobilitazione popolare senza precedenti aveva comunque affermato il protagonismo della vituperata civiltà del materialismo, quella aborrita dal clericalismo politico uscito vincitore dalle elezioni del 18 aprile. La civiltà dello spirito era il manto ideologico con cui la parte conservatrice, quando non apertamente reazionaria, della società italiana, rivestiva l’esercizio di un dominio che voleva svilupparsi in egemonia tramite i “valori” superiori in quanto trascendenti l’umano e suoi bisogni. Il 1948 è anche l’anno che consacra definitivamente l’etnologo e filosofo de Martino come interlocutore internazionale della cultura antropologica, con la pubblicazione, in gennaio, introdotta da Cesare Cases, de Il mondo magico: l’analisi del fenomeno della magia ricollocava anche il rapporto tra storia, natura, cultura ed esseri umani.
E’ in questo contesto che de Martino, nell’estate di quell’anno, consegna all’Avanti! una riflessione antropologico-filosofica che cerca di svelare l’arcano del ritrovato fervore spirituale della cultura dominante, e lo fa con uno sguardo semplice, quello del bracciante di Minervino, nelle Murge pugliesi.
Ernesto de Martino, La civiltà dello spirito, Avanti!, 18 agosto 1948, in Id. Scritti minori su religione, marxismo e psicoanalisi, a cura di R. Altamura e P. Ferretti, NER, Roma, 1993, pp.115/117.
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