ANTONIO GRAMSCI: dall’EGEMONIA CULTURALE come concetto politico all’EGEMONIA della CULTURA come concetto storico
« La cultura è organizzazione, disciplina del proprio io interiore; è presa di possesso della propria personalità, e conquista di coscienza superiore, per la quale si riesce a comprendere il proprio valore storico, la propria funzione nella vita, i propri diritti, i propri doveri. »
[Socialismo e cultura, Il Grido del Popolo, 29 gennaio 1916]
Cultura, non
è possedere un magazzino ben fornito di notizie, ma è la capacità che la nostra
mente ha di comprendere la vita, il posto che vi teniamo, i nostri rapporti con
gli altri uomini. Ha cultura chi ha coscienza di sé e del tutto, chi sente la
relazione con tutti gli altri esseri.
Antonio Gramsci - Quaderni dal carcere
- Antonio
Gramsci, L’egemonia culturale - Historica, 2022
(si tratta
di un’antologia di passi scelti con introduzione e a cura di Francesco Giubilei)
/scheda casa
ed./
In questo volume tratto dai celebri Quaderni del carcere, Gramsci tratteggia la sua idea di egemonia culturale: un dominio frutto di assenso, persuasione e vicinanza da parte degli intellettuali organici al popolo-nazione. Al comando della società, persone specializzate e “funzionali”, in grado di soddisfare le esigenze fondamentali della massa popolare creando una direzione intellettuale e morale scevra da astrattismi e legata alla realtà. È attraverso la valorizzazione della cultura, la coesione tra teoria e pratica, l’importanza del consenso e il ripensamento del ruolo dell’intellettuale come trait d’union di questi elementi, che il concetto di egemonia culturale gramsciano ha modo di prendere forma e svilupparsi appieno. /
- Le
contingenze storico-politiche suggeriscono anche di affrontare il tema come da
titolo da noi premesso: infatti la categoria gramsciana di egemonia culturale
ha la duplice valenza di carattere politico come competizione tra cultura
dominante e culture subalterne, tra filosofia liberale e filosofia della
prassi, così come della conformazione del senso comune di massa e dei
condizionamenti per l’autodeterminazione; e carattere storico, molto attuale
oggi, come critica al dominio dei rapporti di produzione capitalistici sulle
altre forme di espressione del lavoro e della creatività sociali.
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L’investimento pubblico qualificato nella cultura e nella ricerca, così come nelle espressioni creative delle arti, nelle strutture e istituzioni documentaristiche e librarie, è la migliore garanzia per l’emancipazione sociale e liberazione collettivi, per un migliore presente e un giusto futuro. Se la quantità è data dalle forze produttive, e dunque condizioni di lavoro senza sfruttamento e in relazioni collaborative, la qualità è data dalla cultura e dalla formazione, come ci hanno insegnato prima Marx poi Antonio Gramsci. (fe.d.)
dall'antologia
E' lo stesso Gramsci ad affermare che in Marx sono contenuti "in nuce" il concetto di egemonia e la teoria del consenso, ma si deve ad Engels la loro centralità nel dibattito interno al movimento operaio a partire dalla Seconda Internazionale. Ci riferiamo in questo caso all' egemonia del proletariato che verrà poi, a inizio Novecento, adottata dai bolscevichi : "Sarà nel dibattito russo che il concetto di egemonia, implicito in molti altri protagonisti del marxismo secondinternazionalista, a partire da Eduard Bernstein, entrerà a far parte definitivamente del lessico del movimento operaio, nella formula dell' egemonia del proletariato".
[cfr. G.Cospito, Egemonia. Da Omero ai Gender Studies, Il Mulino, 2021, ndr].
In Lenin il concetto e il termine ricorrono per la prima volta in occasione della Rivoluzione del 1905, momento storico in cui si avverte il bisogno da parte del proletariato di prendere il comando della lotta politica alleandosi con i contadini. Il proletariato deve perciò svolgere la "funzione di egemone nella rivoluzione popolare". Con la formula egemonia del proletariato , Lenin afferma che "l'idea dell'egemonia costituisce una delle tesi di fondo del marxismo" ed è una premessa necessaria per il superamento dello status quo capitalistico-borghese. Dopo la sconfitta della Rivoluzione del 1905, un gruppo di intellettuali marxisti dà vita a una corrente denominata Vpered (Avanti) che pone enfasi sul carattere culturale della battaglia per l'egemonia. Principale rappresentante è Aleksandr Bogdanov che afferma: "Il bolscevismo non è solo un fenomeno politico, ma anche socioculturale. (...) Per quelli tra noi che intendono l'organica inseparabilità della politica dagli altri aspetti della vita ideologica della società , che si fondono su un'unica e identica base sociale, sarebbe assurdo e innaturale considerare il proletariato in grado di raggiungere l'egemonia politica, senza riconoscere la sua egemonia generale-culturale".
[cfr. A. Bogdanov, Mezhdu chelovekom i mashinoi [Tra uomo e macchina], Mosca 1918, pp. 9–15, ndr].
La necessità di creare una "nuova cultura proletaria" da contrapporre a quella passata borghese è alla base del Proletkul't, l'organizzazione culturale proletaria fondata prima della Rivoluzione d'Ottobre, che ha affiancato i bolscevichi nella lotta per l'egemonia del proletariato non solo da un punto di vista politico-militare ma anche artistico e culturale durante gli anni della guerra civile russa (1918-1921). Sia Lenin sia Plechanov dedicano un'attenzione particolare all'aspetto discorsivo della lotta per l'egemonia , intesa come studio delle tecniche di persuasione.
Il concetto di egemonia è presente anche negli scritti dell'italiano Antonio Labriola, ma è a gramsci che si deve la sua organizzazione e un ruolo fondamentale spetta, inoltre, all'attività del Partito comunista italiano che, come egli scrive nel 1920, "dovrà collocare la classe operaia nelle coscienze delle moltitudini e nella realtà politica delle istituzioni di governo, come classe dominante e dirigente". Così, nei Quaderni dal carcere, redatti tra il 1929 e il 1935, l'egemonia diventa il filo conduttore dell'intera ricerca gramsciana rappresentando un concetto comparso già nel Primo quaderno e, come riporta Cospito, declinabile in varie forme:
"E' politica, politico-intellettuale, sociale, politico-sociale, civile, intellettuale e morale, etico-politica, culturale, economica, commerciale e finanziaria. l'aggettivo egemonico si trova legato ai seguenti termini: apparato, atteggiamento, attività, azione, carattere, cerchia, costruzione culturale/ideologica, dominio, elemento, esponente, fase, fattore, forza, funzione, influenza, manifestazione, nazione, posizione, pressione, principio/principii, punto di vista, quistione, sistema, stato/stati, vita storica; a questi si aggiungono, nelle Lettere dal carcere, momento e unità morale. Va poi considerato l'uso, meno frequente, dell'aggettivo egemone a denotare nei Quaderni: classe, cultura, forza militare/politica, gruppo, sociale/territoriale, nazione, potenza, raggruppamento, razza, Stato; in altre occasioni egemone è usato come sostantivo o in forma avverbiale (egemonicamente). [cfr. G.Cospito, op.cit., pag.102]
Ciò significa che l'egemonia culturale non deve essere contrapposta a quella politica e, con il passare degli anni, il pensiero si evolve estendendo il concetto non più solo al proletariato ma a qualsiasi classe o gruppo sociale, sancendo non una presa di distanza dalla tradizione marxista e leninista quanto un allargamento del concetto stesso di egemonia.
[da Antonio Gramsci, L'egemonia culturale, cit., pp. 11-14]
- Quello che manca in questo studio antologico è lo stretto rapporto che intercorre tra la categoria di egemonia e la riforma intellettuale e morale, più in generale la prospettiva della necessaria transizione al socialismo. Infatti, la “riforma intellettuale e morale" è inscritta nella più complessiva concezione socialista e libertaria della democrazia. Centrale, al riguardo, il Quaderno 13.
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