Negli appunti de “La
fine del mondo” di Ernesto de Martino, scritti dopo la pubblicazione de “La
terra del rimorso” del 1961 e fino al 1965, anno della sua morte, sottotitolati
“Contributo all'analisi delle apocalissi culturali”, tema centrale in quegli anni
delle sue indagini di natura antropologico-filosofica; poi classificati,
riordinati e interpretati dalla sua allieva Clara Gallini con la supervisione
iniziale di Angelo Brelich per la prima edizione Einaudi del 1977, molti (+)
hanno visto una ‘cesura’ nella riflessione dell’etnologo partenopeo, una vera e
propria ‘rottura filosofica’ con il lavoro di ricerca precedente, in
particolare con l’inchiesta antropologica sulle popolazioni contadine del
Mezzogiorno. Lo stesso Gramsci verrebbe ‘reinterpretato’ (insieme a Marx e al
marxismo). In realtà non si tratta di nessuna ‘rottura’, difficile da concepire
in un autore che spese tutta la sua vita in quello studio: piuttosto si tratta
di un allargamento dello sguardo, presente già nell’anteriore coscienza filosofica
demartiniana, storicista eretico perchè dialettico, antinaturalista e ora più
compiutamente antipositivista e conseguentemente antideterminista. I troppi
-ismi utilizzati poi, potrebbero far velo alla comprensione, perchè di quello
sguardo l’antropologo volle utilizzare uno dei suoi cardini principali, e cioè
l’”ethos del trascendimento”. Che integra la filosofia della prassi gramsciana
rendendola cogente e attiva nella ricerca dei percorsi di liberazione
rivoluzionaria dei subalterni, piuttosto che implicarla nelle metafisiche
dell’astrattezza ontologica. / fe.d.
+ per un’introduzione sommaria a questo dibattito
cfr. Book Forum, Ernesto De Martino - La fine del mondo, a cura di Antonio
Maria Pusceddu e Antonio Fanelli, Annuario Università di Cagliari, Vol. 10, n°
2, dicembre 2021: 49-109 link:
https://ojs.unica.it › anuac › article › download
Riproponiamo l’articolo scritto per L’analisi e la classe dell’agosto 2021 e
che parte da una lettura filologica del testo demartiniano.
Il Gramsci di de Martino ne “La fine del mondo” -
cfr. su questo blog:
http://ferdinandodubla.blogspot.com/2021/08/il-gramsci-di-de-martino-ne-la-fine-del.html
Il robusto filo che
riconnette gli appunti de "La fine del mondo" alla ricerca antropologica sul
campo, tra i contadini lucani e le ritualità catartiche delle tarantate, è il
costante tentativo di una fondazione filosofica del cammino umano per
l’evitamento di questo ‘infinito perdersi’ e dei percorsi/processi di
liberazione possibili, fondamenti che riplasmino (per usare un’espressione cara
a de Martino) una comprensione integrale, olistica, della psiche umana,
individuale, e collettiva in termini di ‘civiltà’.
La critica al marxismo
è ai suoi “limiti”, non al suo impianto, all’assenza di una fondazione
presupposta alle condizioni materiali di vita che determinano l’essere sociale
e la sua coscienza collettiva, è un tentativo di “oltrepassamento”, di
allargarne lo sguardo.
Riplasmazione,
reintegrazione e riscatto in Ernesto de Martino: Marx, Gramsci e “la fine del
mondo"
cfr. su questo blog:
http://ferdinandodubla.blogspot.com/2020/08/riplasmazione-reintegrazione-e-riscatto.html
a
cura di Ferdinando Dubla - Subaltern studies Italia
Nessun commento:
Posta un commento