Il
brigantaggio è stato la risposta diretta del proletariato all’organizzazione
della neonata nazione italiana a seguito dell’invasione militare piemontese e
dell’impostazione coloniale che ne conseguì. Il filo conduttore dell’analisi
degli autori si concentra quindi sulla lotta di classe come elemento distintivo
del conflitto, perché è nella condizione materiale dei contadini, delle masse
povere che si rivoltano, che vanno ricercate le cause di questo fenomeno.
Enzo Di Brango, Valentino
Romano - Brigantaggio e rivolta di
classe. Le radici sociali di una guerra contadina Copertina flessibile Nova Delphi Libri; 2017
- L’idea del libro è
quella di leggere il brigantaggio alla luce degli insegnamenti di Karl Marx,
oggi studiato persino nelle università americane e ritornato quanto mai attuale
dopo la crisi del 2008, per capire la quale molti sono tornati a leggere le
pagine de Il Capitale. [..]
il brigantaggio è stato
un fenomeno che esprimeva una rivolta di classe le cui radici si trovano nelle
condizioni materiali e sociali dei contadini, nel loro disperato bisogno di
terra sempre frustrato perché a vincere furono sempre gli stessi: i nobili, gli
agrari, gli usurpatori, i baroni, i nuovi borghesi. Arrivano prima i garibaldini
e poi i piemontesi, suscitando speranze nei contadini che nel frattempo si sono
mossi occupando le terre. Ben presto i contadini capiscono d’essere stati
ingannati ancora una volta e non sono più disposti ad accettare la situazione.
Dopo il fallimento delle lotte e la chiusura totale alle loro rivendicazioni
inizia la rivolta, il brigantaggio. [..]
relazione, conservata
nel fondo del generale Govone presso il Museo nazionale del Risorgimento
italiano di Torino e pubblicata nel 1902 dal figlio Umberto, Il generale
Giuseppe Govone. Frammenti di memorie,: [..] Scrive Govone: “La spiegazione del
brigantaggio [è] nella condizione sociale del paese e nel misero stato del
proletariato… Questi lavoranti non guadagnano che pochi grani una parte
dell’anno. Morirebbero di fame se non ci rubassero. La fame e la miseria è la
prima delle piaghe che affligge il proletariato napoletano. Alla fame si
aggiungono le ingiustizie di cui è vittima il proletariato… Se quindi oltre
alla fame il proletariato non trova schermo contro la prepotenza nulla è a
maravigliare che si rivolti contro la società e che le dichiari la guerra per
cercare nella propria forza quell’equità che gli è negata. A questa condizione
del proletariato napoletano va attribuita, a quanto mi parve dopo un lungo
esame, la causa principale del brigantaggio.” Parole di estremo acume,
accompagnate da un’altra considerazione fulminante: “Se il brigantaggio attuale
nacque colla rivoluzione politica del 1860, non è la rivoluzione politica che
ne sia la causa, né l’amore della Dinastia borbonica.”
+ Enzo Ciconte viene considerato tra i massimi
esperti in Italia delle dinamiche collegate alle grandi associazioni mafiose.
Deputato della X Legislatura (1987-1992) per il Partito comunista italiano, è
stato prima membro della Commissione giustizia e successivamente consulente
della Commissione parlamentare antimafia. Docente a Roma, L’Aquila e Pavia, ha
pubblicato numerosi volumi sul fenomeno della criminalità organizzata.
Dall’Introduzione di
Enzo Ciconte
- I briganti, dopo il
1870, sparirono e subito dopo sparirono dal Mezzogiorno masse enormi di giovani
che scelsero la strada dell’emigrazione transoceanica. (..) dopo la conclusione
della Seconda guerra mondiale, quando le lotte contadine sviluppatesi nelle stesse
terre di sempre incontrarono un ministro come Fausto Gullo, di cui si parla nel
libro, il ministro dei contadini, com’era chiamato; definizione che lui
completava, non senza compiacimento, aggiungendovi la parola comunista:
ministro comunista dei contadini. (..) tesi centrale del libro di Enzo Di
Brango e Valentino Romano: il brigantaggio non fu un fenomeno criminale, di
assassini e di delinquenti, di barbari cafoni assetati di sangue, ma un
fenomeno sociale e di classe, prodotto più genuino delle condizioni del tempo
nelle campagne meridionali.
- dalla premessa degli
autori:
Il presente saggio,
tuttavia, porrà la sua attenzione specifica su quelle che furono le motivazioni
sociali del conflitto, se esse furono determinate solo da ribellismo fine a se
stesso e catalizzato contro il “nuovo che stava avanzando”, o se, invece, nella
rivolta contadina possano essere individuati elementi primordiali di lotta di
classe. (..)
esporre la dottrina
della lotta di classe e di spiegare perché essa interpreti coerentemente i
dieci anni di guerra civile tra i contadini meridionali e il novello esercito
italiano. (..) Il riferimento specifico non potrà che essere l’analisi e lo
sviluppo che di tale dottrina ne farà Antonio Gramsci, nella sua originale ed
efficace elaborazione nei Quaderni del carcere.
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