Subaltern studies Italia

L’analisi e la classe - a cura di Ferdinando Dubla

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martedì 5 settembre 2023

RIVOLTA, RIBELLIONE, INSORGENZA E RIVOLUZIONE: la lotta di classe dei briganti

 




Il brigantaggio è stato la risposta diretta del proletariato all’organizzazione della neonata nazione italiana a seguito dell’invasione militare piemontese e dell’impostazione coloniale che ne conseguì. Il filo conduttore dell’analisi degli autori si concentra quindi sulla lotta di classe come elemento distintivo del conflitto, perché è nella condizione materiale dei contadini, delle masse povere che si rivoltano, che vanno ricercate le cause di questo fenomeno.

Enzo Di Brango, Valentino Romano - Brigantaggio e rivolta di classe. Le radici sociali di una guerra contadina Copertina flessibile  Nova Delphi Libri; 2017

- L’idea del libro è quella di leggere il brigantaggio alla luce degli insegnamenti di Karl Marx, oggi studiato persino nelle università americane e ritornato quanto mai attuale dopo la crisi del 2008, per capire la quale molti sono tornati a leggere le pagine de Il Capitale. [..]

il brigantaggio è stato un fenomeno che esprimeva una rivolta di classe le cui radici si trovano nelle condizioni materiali e sociali dei contadini, nel loro disperato bisogno di terra sempre frustrato perché a vincere furono sempre gli stessi: i nobili, gli agrari, gli usurpatori, i baroni, i nuovi borghesi. Arrivano prima i garibaldini e poi i piemontesi, suscitando speranze nei contadini che nel frattempo si sono mossi occupando le terre. Ben presto i contadini capiscono d’essere stati ingannati ancora una volta e non sono più disposti ad accettare la situazione. Dopo il fallimento delle lotte e la chiusura totale alle loro rivendicazioni inizia la rivolta, il brigantaggio. [..]

relazione, conservata nel fondo del generale Govone presso il Museo nazionale del Risorgimento italiano di Torino e pubblicata nel 1902 dal figlio Umberto, Il generale Giuseppe Govone. Frammenti di memorie,: [..] Scrive Govone: “La spiegazione del brigantaggio [è] nella condizione sociale del paese e nel misero stato del proletariato… Questi lavoranti non guadagnano che pochi grani una parte dell’anno. Morirebbero di fame se non ci rubassero. La fame e la miseria è la prima delle piaghe che affligge il proletariato napoletano. Alla fame si aggiungono le ingiustizie di cui è vittima il proletariato… Se quindi oltre alla fame il proletariato non trova schermo contro la prepotenza nulla è a maravigliare che si rivolti contro la società e che le dichiari la guerra per cercare nella propria forza quell’equità che gli è negata. A questa condizione del proletariato napoletano va attribuita, a quanto mi parve dopo un lungo esame, la causa principale del brigantaggio.” Parole di estremo acume, accompagnate da un’altra considerazione fulminante: “Se il brigantaggio attuale nacque colla rivoluzione politica del 1860, non è la rivoluzione politica che ne sia la causa, né l’amore della Dinastia borbonica.”

+  Enzo Ciconte viene considerato tra i massimi esperti in Italia delle dinamiche collegate alle grandi associazioni mafiose. Deputato della X Legislatura (1987-1992) per il Partito comunista italiano, è stato prima membro della Commissione giustizia e successivamente consulente della Commissione parlamentare antimafia. Docente a Roma, L’Aquila e Pavia, ha pubblicato numerosi volumi sul fenomeno della criminalità organizzata.

 

Dall’Introduzione di Enzo Ciconte

 

- I briganti, dopo il 1870, sparirono e subito dopo sparirono dal Mezzogiorno masse enormi di giovani che scelsero la strada dell’emigrazione transoceanica. (..) dopo la conclusione della Seconda guerra mondiale, quando le lotte contadine sviluppatesi nelle stesse terre di sempre incontrarono un ministro come Fausto Gullo, di cui si parla nel libro, il ministro dei contadini, com’era chiamato; definizione che lui completava, non senza compiacimento, aggiungendovi la parola comunista: ministro comunista dei contadini. (..) tesi centrale del libro di Enzo Di Brango e Valentino Romano: il brigantaggio non fu un fenomeno criminale, di assassini e di delinquenti, di barbari cafoni assetati di sangue, ma un fenomeno sociale e di classe, prodotto più genuino delle condizioni del tempo nelle campagne meridionali.

 

- dalla premessa degli autori:

Il presente saggio, tuttavia, porrà la sua attenzione specifica su quelle che furono le motivazioni sociali del conflitto, se esse furono determinate solo da ribellismo fine a se stesso e catalizzato contro il “nuovo che stava avanzando”, o se, invece, nella rivolta contadina possano essere individuati elementi primordiali di lotta di classe. (..)

esporre la dottrina della lotta di classe e di spiegare perché essa interpreti coerentemente i dieci anni di guerra civile tra i contadini meridionali e il novello esercito italiano. (..) Il riferimento specifico non potrà che essere l’analisi e lo sviluppo che di tale dottrina ne farà Antonio Gramsci, nella sua originale ed efficace elaborazione nei Quaderni del carcere.

 

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