di Roberto Niccolai
Nel primo numero di “Lavoro
Politico”, pubblicato nell’ottobre del 1967, emergevano già gli elementi che
avrebbero caratterizzato la rivista: veniva sottolineato il carattere di
“organo marxista-leninista” della pubblicazione e inoltre veniva rivolta una
critica agli ‘spontaneisti’, con un articolo non firmato intitolato Senza
teoria niente rivoluzione, evidente richiamo al pensiero maoista. Questo
articolo presentava alcune valutazioni che sarebbero rimaste patrimonio
politico della rivista: anzitutto si sottolineava come la Rivoluzione Culturale
dovesse essere assunta in maniera “criticamente intesa”, rapportandola alle
esigenze del nostro paese. Seguiva una valutazione della stessa Rivoluzione
Culturale: si affermava che
essa
subentra a un lungo periodo di stagnazione rivoluzionaria, rinnova la lotta
intrapresa oltre cento anni fa da Marx contro la dottrina e le organizzazioni
del socialismo utopista, e che doveva portare alla affermazione del
materialismo scientifico. Essa rinnova la lotta intrapresa oltre 50 anni fa da
Lenin contro la dottrina e la pratica opportunistica dei partiti della seconda
internazionale, e che doveva portare alla vittoria della rivoluzione bolscevica
e alla diffusione del comunismo in tutto il mondo.
Infine - e questo è l’aspetto
che più si avvicina alle classiche valutazioni m-l- criticava i trotzkisti
quando interpretavano il pensiero di Mao come rivincita contro lo stalinismo.
Secondo la redazione di “Lavoro Politico”, trotzkismo e castrismo erano
accumulabili nella “fede extrascientifica di far scaturire un’azione
rivoluzionaria dalla pratica e dalle cose, anche senza una precisa teoria
rivoluzionaria”. Nello stesso numero era pubblicato Fuoco sul quartier generale
(il mio tazebao) di Mao-Tse-Tung.
Nel numero 2 del novembre del
1967, la rivista sosteneva che il maoismo fosse il marxismo-leninismo della
nostra epoca. Pubblicava poi degli articoli relativi ai documenti prodotti dai
vari atenei studenteschi. In merito alle tesi dell’Università di Pisa, la
rivista individuava un collegamento con Mao relativamente al “criterio della
verità [che] può essere sollecitato con la pratica sociale”. Era proprio con
questo metodo di analisi che tendeva a dimostrare che le accuse di dogmatismo
poste da altri non potevano essere valide, in quanto il marxismo è una teoria
scientifica scaturita da un approfondito esame dei fenomeni materiali,
spirituali, ideologici ed economici che coinvolgono l’intera storia umana.
Quindi o la si accettava o la si rifiutava, specificando che per esperienze che
formano la teoria scientifica si intendeva non solo quelle passate ma anche
quelle nuove che sarebbero scaturite dall’analisi. Secondo “Lavoro Politico” il
pensiero di Mao rappresentava lo sviluppo del marxismo-leninismo attraverso il
quale sconfiggere il revisionismo e il vero dogmatismo.
da Roberto Niccolai, "Quando la Cina era vicina - La rivoluzione
culturale e la sinistra extraparlamentare italiana negli anni '60 e '70”,
BFS e CDP, 1998, pp.90-91
Lavoro Politico web_serie dal 2001 (novembre 1996-dicembre 2000 solo Il Partito-Linearossa) storicamente ha origini dalla confluenza della redazione della rivista Lavoro Politico nel PCd'I linea rossa fondato da Angiolo Gracci
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