Subaltern studies Italia

L’analisi e la classe - a cura di Ferdinando Dubla

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mercoledì 27 dicembre 2023

VEDI ALLA VOCE: ANTONIO SAVASTA

 




La biografia di Antonio Savasta, il pentito per eccellenza delle Brigate Rosse, attraversa il periodo 1973-1982, nove anni cruciali della storia del nostro paese, definiti “anni di piombo”. 

 

Ferdinando Dubla - VEDI ALLA VOCE ANTONIO SAVASTA, BRIGATE ROSSE - DAMNATIO MEMORIAE E NARRAZIONI

 

Bozza matrice originale della voce “Antonio Savasta” proposta a Wikipedia dallo storico dei Subaltern Studies Italia Ferdinando Dubla. Il pentito eccellente delle Brigate Rosse produsse, con le sue confessioni, una narrazione documentale diretta dell’organizzazione combattente in nome del comunismo negli anni 1973-1982, anno del suo arresto. La storia delle Brigate Rosse finisce il 28 gennaio 1982, ma politicamente Savasta ratifica una sconfitta già avvenuta nelle sue premesse teoriche, di cui prende coscienza ancor prima delle torture a cui fu sottoposto dalla squadra del “prof. De Tormentis”. La raccolta delle sue confessioni, volume Ottantacinquesimo doc.XXIII nr.5 1993, allegato alla relazione della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla strage di via Fani del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati, è la più credibile e attendibile fonte diretta di una vicenda storica che va sottratta sia alla damnatio memoriae che ne oscura le ragioni sociali ed esistenziali (e che colpisce in particolare proprio Savasta, messo all’indice come delatore e collaborazionista da una parte e come terrorista spietato e irriducibile dall’altro, graziato dal potere dominante che egli combatteva solo per i suoi servigi); sia alla narrazione egemone dei presunti vincitori, mediata sempre da interpolazioni indirette che ne mascherano le ragioni politiche e le spiegazioni storiche.

link permanente: https://it.wikipedia.org/w/index.php?title=Bozza:Antonio_Savasta_(terrorista)&oldid=137040177

 

‘ALI DI PIOMBO’ in Occidente: riappropriamoci della riflessione

- L’inchiesta sociale deve essere permanente, secondo la lezione di Panzieri e dei ‘Quaderni Rossi’, ma, per non cadere nell’empirismo, deve riguardare non solo la composizione di classe, dei gruppi subalterni, ma anche la ricerca storico-politica delle tracce in elenco per lo storico ‘integrale’ (Gramsci, Q.25). Abbiamo chiamato la nostra inchiesta sulla lotta armata in nome del comunismo del ventennio 1968/1988 in Italia, ‘ali di piombo’ in occidente: i cosiddetti ‘anni di piombo del terrorismo rosso’, denominati così dalla narrazione dominante. Perchè il sogno rivoluzionario si rivelò un incubo autodistruttivo? Forse perchè la sconfitta era inscritta in partenza, in un difetto di analisi, di inchiesta, appunto. Il principale dei quali, ci sembra, il credere possibile la transizione al socialismo nel cuore dell’Occidente imperialista attraverso una ’guerra di movimento’, e cioè non l’insorgenza insurrezionale spontanea ma la ‘guerra di lunga durata’ come sfida militare armata frontale con lo Stato della borghesia imperialista, sebbene con le tecniche della guerriglia e della compartimentazione metropolitana.

Una categoria politica contrapposta alla ‘guerra di posizione’ che Antonio Gramsci aveva consegnato alla riflessione dei Quaderni come motore rivoluzionario in occidente. Per centinaia di giovani del movimento della sinistra antagonista degli anni ‘70 significò un ‘salto esistenziale’. Compresi quelli che, irriducibili sempre nella loro militanza, hanno concluso la loro parabola con un pentimento. Perchè tutti in qualche forma si sono pentiti, dando ragione di quel peccato d’origine. La damnatio memoriae peggiore, però, è stata riservata proprio a loro, a cui il potere ha chiesto non la confessione dei reati, ma la resa politica tombale, il ripudio delle idee per cui avevano combattuto.

Una narrazione, dunque, che deve andare alle fonti: quelle dirette dei protagonisti, non degli esegeti, o, peggio, dei mediatori per conto delle classi dominanti. Riappropriamoci di questa riflessione.

COME FU POSSIBILE

“Come era possibile che noi ci definissimo rivoluzionari, dicessimo di combattere contro uno Stato repressivo e dittatoriale e di voler abolire le carceri, e poi uccidevamo e sequestravamo?” (Antonio Savasta)

Nel suo epilogo (..) il movimento delle BR, dissanguato dagli arresti che proseguivano più veloci dei suoi ritmi di ricambio al vertice, indebolito dalle scissioni, si ritrovò nell’esecutivo della sua maggiore componente (BR-PCC) una persona che, sottoposta a tortura dopo la cattura, mandò in carcere qualche centinaio di persone… Ma questa dialettica dell’azione reciproca nella violenza, se ci si pensa, agisce ben prima, e in modi tanto poco vistosi quanto sottili. Che peso può avere, in un’organizzazione che combatte, il dubbio, ovvero il pensiero problematico? Questa esigenza può solo autoreprimersi o essere emarginata. (..) vi sono anche dei limiti “esistenziali” della condizione umana.

da Vincenzo Guagliardo, Di sconfitta in sconfitta - Considerazioni sull'esperienza brigatista alla luce di una critica del rito del capro espiatorio, ed. Colibrì, 2012, pag. 26 e pag.32.

 

[dopo l’omicidio Taliercio, 6 luglio 1981] Emilio (Antonio Savasta, ndr) sapeva di aver toccato il fondo e che nulla sarebbe stato più come prima. (..) Quella notte Emilio vomitò e vomitò e vomitò.  Ma il mattino dopo disse a se stesso che doveva andare avanti. Che non poteva mollare i compagni. Anche se quello che aveva appena fatto lo aveva marchiato per sempre. (..) Soprattutto la notte, gli incubi cominciarono ad agitare i suoi sogni. Gli occhi impauriti, disperati ma dignitosi e spaventosamente vivi della sua vittima, se li sentiva addosso di continuo.

Cfr. Nicola Rao, Colpo al cuore - Dai pentiti ai “metodi speciali”: come lo Stato uccise le BR. La storia mai raccontata, Sperling & Kupfer, 2011, cit. da eBook, § corrispondenti

 

La sentenza della Corte di Appello di Perugia, Pres. Ricciarelli, viene emessa il 15 ottobre 2013, 

 

https://ilmanifesto.it/tortura-di-stato-il-modello-italiano

 

a proposito della condanna per calunnia ad Enrico Triaca, revocata: «Un funzionario all’epoca inquadrato nell’Ucigos e rispondente al nome di Nicola Ciocia, dopo aver sperimentato pratiche di waterboarding nei confronti di criminalità comune, le utilizzò all’epoca del terrorismo nei confronti di alcuni soggetti arrestati, al fine di sottoporre costoro ad una pressione psicologica che avrebbe dovuto indebolirne la resistenza e indurli a parlare. In più occasioni tali pratiche furono utilizzate nelle fasi del sequestro Dozier e…propiziarono la liberazione del generale…. Può dirsi acclarato che lo stesso funzionario, conosciuto con il nomignolo di professor De Tormentis (a quanto pare affibbiato dal Vice Questore Improta) fu chiamato a sottoporre alla pratica del waterboarding anche Enrico Triaca che, del resto, il 19 giugno aveva narrato di essere stato sottoposto a un trattamento esattamente corrispondente a quel tipo di pratica speciale, a base di acqua e sale con naso tappato».

 

 

 

ANTONIO LIBERA TUTTI : Savasta, l’irriducibile pentito di una storia finita, quella delle BR 

 

 

“Io in questo processo e in altri devo rispondere di singoli reati, omicidi. Ma io sono stato e sono l’espressione di contraddizioni politiche di questa città. Noi siamo il frutto di questa società. È stato durissimo portare avanti una linea politica che è costata morti, vite umane da una parte e dall’altra. Non è stata la determinazione di killer prezzolati, ma di uomini che pensavano di lottare per una società completamente libera dallo sfruttamento, dalla mercificazione dei rapporti umani, sociali, affettivi. (..) Le ragioni per le quali sono entrato nelle Br, sono le stesse, storiche, che hanno portato molti militanti dei movimenti extraparlamentari e dell’area dell’autonomia a fare una scelta analoga. Si trattava di vivere completamente all’interno del ghetto rappresentato dal quartiere, in cui l’unica prospettiva è la disoccupazione… Agli inizi del ‘77, io, Emilia Libéra e Renato Arreni ci offrimmo alle Br “. 

 

Antonio Savasta, testimonianza in Antonio M. Baggio, Cercando di capire (anche se non è facile), Messaggero di Sant’Antonio, nr.5, 3/02/1983. Qui tutto l’articolo 

 

https://www.antoniomariabaggio.it/wp-content/uploads/2017/11/1983-Cercando-di-capire-anche-se-non-è-facile-MESSAGGERO-DI-SANT_ANTONIO-5_1983.pdf

 

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