Teche
RAI - Savasta condotto in udienza - aprile 1982
- Il bagaglio
- Proiettando verso le masse, in termini di coscienza
- DIALETTIZZARSI
-Senato della Repubblica - Camera dei deputati VIII legislatura - Commissione parlamentare d’inchiesta sulla strage di via Fani sul sequestro e l’assassinio di Aldo Moro e sul terrorismo in Italia - Atti giudiziari - Interrogatori resi da Antonio Savasta a varie autorità giudiziarie, Roma, 1993-
Interrogatorio del 29 aprile 1982-
Sintesi pp. 55-57
Il bagaglio
PRESIDENTE. (P.): qual era il suo bagaglio culturale? Come si arricchì? se si arricchì..
SAVASTA. (S.): Approfondendo meglio il punto più importante, anche per il tipo di bagaglio culturale e politico che avevo alle spalle…
(P.): Qual era questo bagaglio ?
(S.): Quello di una grande esperienza collettiva, in cui la discussione (per esempio, anche all’interno delle scuole) avveniva tramite un processo di crescita collettiva. I problemi che si analizzavano non erano semplicemente quelli scolastici. Ad esempio, dibattito intenso vi fu sull’internazionalismo, sullo strapotere dei blocchi imperialisti, l’analisi dell’Italia come anello subordinato di questi blocchi. La cultura si arricchiva progressivamente al dibattito politico collettivo, anche attraverso studi, libri, i classici del marxismo e del leninismo.
(P.) Che cosa ha letto?
(S.) Un pò tutti, Lenin, Mao, Marx.
(P.) Li aveva letti tutti?
(S.) Tutti no, però abbastanza. È un tipo di studio che si rinverdisce presto, proprio perchè lì si trovano spunti, momenti di riflessione politica che offrono un quadro generale per le verifiche particolari delle situazioni reali.
(P.) Qual era il suo livello culturale?
(S.) Sto cercando di spiegarlo, ma partiamo da due parametri completamente diversi. Il mio livello culturale, come s’intende ‘normalmente’, è il livello culturale di persone che studiano. Una persona oggettivamente si pone degli obiettivi all’interno dello studio e li persegue (laurea o altro). Questi parametri non valgono per la costruzione di coscienza o di strumenti teorici; per quanto riguarda il movimento, è impossibile un tipo di studio del genere: sarebbe uno studio completamente avulso dalla realtà. È invece il costante arricchimento del dibattito collettivo che fa sì che quello studio diventi strumento reale per la crescita di coscienza politica.
(P.) Lasci stare le parole. Andiamo al sodo. Abbiamo anche noi i nostri studi alle spalle. Saranno più modesti dei suoi, ma qualcosa l’abbiamo letta. Quello che desidero sapere è terra-terra: si era accostato a determinati testi, li aveva approfonditi? Non voglio sapere i giudizi che Lei diede di questi testi, ma di cosa si era alimentata la sua cultura.
(7.2) Sintesi
pp. 57-59
Proiettando
verso le masse, in termini di coscienza
(S.) Ho fatto semplicemente studi per il diploma
(liceo classico, ndr). Il tipo di cultura è quello alimentato dalla scuola.
(P.) Aveva dunque una cultura liceale. Poi, se ho
ben capito, ha detto che la sua cultura (non nel senso di padronanza del mondo)
si arricchiva, sul terreno pratico, attraverso gli incontri con altre persone,
attraverso le esperienze che venivano maturando. Quando ha avuto la discussione
politica con Morucci, su che cosa verteva?
(S.) Verteva sull’analisi dello Stato,
dell’economia, del partito, del movimento, elementi costitutivi di un’analisi
politica: ogni partito la fa, le BR la fanno in una certa maniera.
(P.) E in quale maniera?
(S.) Partendo dall’analisi della crisi: da che cosa
è determinata, quali sono gli strumenti con cui il capitale tenta di risolvere
una crisi irreversibile; il problema dello Stato imperialista delle
multinazionali (il fatto che l’Italia fosse all’interno di una catena
imperialista, imperialista essa stessa perchè, nel modo di produzione del
capitalismo italiano era la scelta delle multinazionali imperialiste, ossia la
sottomissione di altre forze-lavoro o di altri popoli alla costruzione di un
capitale nazionale). Da questa analisi deriva l’analisi dei partiti che si
legano più o meno a questa linea economica: cioè la struttura (quella
economica) e la sovrastruttura (quella politica). Dopo, c’è l’analisi della
risposta proletaria (l’antagonismo) a questa scelta economica e politica:
perciò, l’analisi delle lotte dal ‘68 in poi hanno contribuito a creare questo
antagonismo; la scelta della lotta armata, come l’organizzazione delle Brigate
Rosse si ponesse come nucleo per la costruzione del partito, ma avendo già al
proprio interno, e proiettando verso le masse, un’azione di partito.
(P.) Vediamo che cos’era questa costruzione del
partito in questo programma.
(S.) Costruzione del partito significa avere come
obiettivo non semplicemente un’organizzazione che vive su se stessa, ma
un’organizzazione che si propone programmi politici per aggregare interi
settori di classe e dirigere in questo processo la classe stessa.
(P.) Ma rispetto alle BR, che cos’era questo
partito, in termini concreti, strutturali, istituzionali?
(S.) In termini concreti è la costruzione del quadro
professionale, prima di tutto. Tutta la sua struttura poggia sulle spalle del
famoso guerrigliero di professione, che ormai ha lasciato qualsiasi vincolo con
la società esterna e sceglie di professione il lavoro dentro l’organizzazione;
costruisce, in termini di coscienza e di preparazione politica, se stesso.
(P.) Non è questo che le chiedo, non la proiezione
individuale dell’immagine di partito, non le condizioni di vita del cosiddetto
guerrigliero, ma molto più semplicemente e in concreto che significava questa
costruzione di questo partito.
(S.) Significava lanciare dei programmi politici e
strutturarsi in maniera tale - all’interno dell’organizzazione - con quel tipo
di struttura, con quello strumento, costruendo programmi politici come
qualsiasi partito (programmi politici la cui finalità è il comunismo);
attraverso programmi in termini politici (nei volantini e nelle ‘campagne’),
per costruire una parte di questo partito, ma, come fine ultimo, il comunismo.
Sintesi pp. 59- 61
DIALETTIZZARSI
Presidente (P.) Abbiamo questa organizzazione, le
BR, che non ci interessa ora definire in termini giuridici. Cosa abbiamo poi
per costruire questo partito?
Savasta (S.) Assolutamente niente altro.
(P.) Si parla sempre di “costruire il partito”, “il
partito è già costruito”, “il partito è già nato”. Ci spieghi qual è la linea
di demarcazione tra l’organizzazione BR e il partito.
(S.) Non c’è una linea di demarcazione. Meglio di me
è spiegato nei documenti dell’organizzazione, nella ‘risoluzione strategica
nr.2’. Le BR sono nate come nucleo centrale per la costruzione del partito. Il
fatto che oggi si parli nei volantini di Partito-Guerriglia, Partito Comunista
Combattente e così via, è dovuto non a differenze nella struttura interna nè ad
uno stravolgimento dei programmi politici, ma ad un’analisi diversa
dell’attuale situazione. Nella prima fase, fino a Moro, l’organizzazione BR si
chiamava “organizzazione comunista combattente” perchè aveva come obiettivo,
all’interno di quella congiuntura politica, in quello spazio politico di tempo
(dalla costituzione fino a Moro) il semplice compito di propaganda della lotta
armata, far sapere che era possibile ribellarsi a questo sistema anche se
dentro il sistema imperialista, seppur all’interno dello schieramento
strategico. Quell’organizzazione aveva il compito di aggregare intorno a sè
soltanto delle avanguardie, cioè gente disposta ad entrare nelle BR per
costruire, come tappa intermedia, il partito. Perciò era ancora un obiettivo da
raggiungere, che non è all’interno dell’organizzazione, ma nel rapporto tra
organizzazione e masse. Si è cominciato a parlare, nell’organizzazione, e dopo
Moro, e soprattutto dopo la campagna D’Urso, del rapporto tra organizzazione e
organismi di massa rivoluzionari (cioè del rapporto tra partito e strutture
d’avanguardia organizzate clandestinamente in dialettica con il programma
rivoluzionario).
(P.) Che cos’erano queste strutture di avanguardia
organizzate?
(S.) Sono quelle che, durante il periodo Moro,
ebbero come prima denominazione quella di M.P.R.O. (“Movimento Proletario di
Resistenza Offensiva”). Per esso, tuttavia, allora vi era ancora un’ambiguità:
in termini politici (e questo è stato anche frutto di discussione interna
all’organizzazione) M.P.R.O. è l’insieme dei comportamenti antagonisti della
classe, che va dal sabotaggio all’interno della fabbrica allo sciopero a “gatto
selvaggio”, ai cortei nelle piazze, agli scontri, all’occupazione delle case:
quelli che in realtà, ordinamento alla mano, sono fuorilegge, ma imposti dai
rapporti di forza all’interno del Paese, tra Stato e movimenti di classe.
Questa terminologia politica indicava l’insieme di tutte queste cose, più i
primi nuclei d’avanguardia, cioè compagni che, non entrando nelle BR, portavano
all’interno dello scontro di classe l’iniziativa armata, dialettizzandosi
soprattutto con alcuni punti dei programmi, lanciati dalle organizzazioni
comuniste combattenti.
(P.) Che vuol dire “dialettizzarsi”? Dal punto di
vista filosofico, il termine ha un certo significato. Lei ne ha fatto un certo
abuso.
(S.) Durante la campagna Moro vi è stata tutta una
serie di attentati contro la democrazia cristiana (sedi, macchine, personaggi)
e contro macchine di agenti di polizia e carabinieri: moltissimi attentati in
tutta Italia. Le BR non avevano rapporto organizzativo con i singoli nuclei che
portavano avanti queste iniziative, ma erano riuscite a piegare, attraverso
l’iniziativa stessa della campagna di primavera, e a indirizzare politicamente
questi nuclei.
Senato
della Repubblica - Camera dei deputati VIII legislatura - Commissione
parlamentare d’inchiesta sulla strage di via Fani sul sequestro e l’assassinio
di Aldo Moro e sul terrorismo in Italia - Atti giudiziari - Interrogatori resi
da Antonio Savasta a varie autorità giudiziarie, Roma, 1993
Interrogatorio del 29 aprile 1982
[(7.1) continua]
trascrizione e titoli: Ferdinando Dubla, #irriducibilepentito capitolo 7 paragrafo 1
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