Subaltern studies Italia

L’analisi e la classe - a cura di Ferdinando Dubla

Powered By Blogger

sabato 2 marzo 2024

SAVASTA OGGI, ma ERA IERI

 



L'articolo che il periodico OGGI  dedicò ad Antonio Savasta nel numero del 24 marzo 1982, anno XXXVIII, Nr.12

Al netto di quello che oggi viene definito 'gossip', al limite del pettegolezzo de relato, delle imprecisioni e inesattezze che abbiamo sottolineato in nota, questo articolo che il settimanale OGGI dedicò ad Antonio Savasta, dopo la sua cattura del 28 gennaio 1982 ad opera dei NOCS che riuscirono a liberare il sequestrato generale della NATO in Italia James Lee Dozier, le torture inflittegli e il pentimento, dimostra il livello di notorietà che aveva raggiunto il brigatista romano divenuto il 'capo' della colonna veneta delle BR. In effetti, le sue rivelazioni coincisero, di fatto, con la fine dell'esperienza storica dell'insorgenza politico-militare organizzata, che era nata e si era sviluppata per tutti gli anni '70 del Novecento in Italia. La sua personalità, prima di irriducibile militante della direzione di colonna romana con Morucci e Faranda, poi, in seguito alla fuoriuscita di questi agli inizi del 1979 per i dissidi dopo il sequestro e l'assassinio di Aldo Moro, dell'area 'ortodossa' di Mario Moretti e Barbara Balzerani che aveva dato vita alle BR-per il PCC (Partito Comunista Combattente); poi pentito 'eccellente' tra torture, ripensamenti e confessioni, è da analizzare attentamente non attraverso la sola lente della ‘verità giudiziaria', ma per un articolato giudizio documentale più ampio e di carattere storico-politico.  / Ferdinando Dubla, Subaltern studies Italia - #inchiestasociale #alidipiomboinoccidente #AntonioSavasta #irriducibilepentito

titolo: Diventò un killer feroce per non morire d'amore

autore: Fabio Galiani

L'ultimo domicilio conosciuto di Antonio Savasta, quando lo chiamavano "Toto" e per tutti era "l'angelo delle borgate", è (omissis) nel quartiere Prenestino, a Roma. Lì sono andato a trovare, prima tappa del "viaggio attraverso chi lo conosceva bene", sua mamma e suo papà. E' stato un incontro drammatico, molto breve ma struggente per le lacrime irrefrenabili di mamma Savasta. Lo si poteva ben immaginare. Il suo ragazzo, che ora è il grande pentito, è stato il più spietato assassino delle Brigate Rosse.

"Come può chiedermi di parlare, cosa crede che possa sapere io?", mi dice, con la voce che trema, la signora Savasta. Minuta, popolana, casalinga, i suoi occhi sono diventati subito umidi al solo nome del figlio. Ma poi continua: "Lo vede come stiamo? Mio marito è appena uscito dal quarto infarto. Noi stiamo morendo, ecco, stiamo morendo per disperazione".

Il marito, Pasquale Savasta, ex maresciallo di polizia ora in pensione, è un passo dietro di lei, nel corridoio, in piedi, silenzioso, immobile, come di marmo. Sto ancora pensando se, cosa e come chiedere, quando lei riprende a parlare. Le sue guance sono già bagnate di lacrime. La voce le si spezza in brevi singhiozzi.

"Non posso credere, non posso capire", mi dice. "Non riesco a pensare a mio figlio se non come al bravo ragazzo che era. Perchè era bravo, era bravissimo. Quante volte ci siamo detti che era la nostra consolazione. Lei può andare, può chiedere, può fare quello che vuole. Qui non sentirà nessuno parlare male di mio figlio. Lui era uno che si dava da fare, che aiutava tutti ed era rispettoso. Finchè è stato con noi è stato un figlio modello. Anche se sapevamo che non era delle stesse idee di mio marito, però, ha sempre portato molto rispetto a suo padre. Poi che cosa è successo? Che cosa è successo quando è andato via? Mi sembra impossibile di non aver capito che stava cambiando. Io lo conoscevo, lui mi parlava, gli volevo bene. Ma perchè, perchè?".

E poi, piangendo forte, la signora Savasta mi allontana. Le ultime parole che sento, mentre chiude la porta, sono: "Basta, basta, noi stiamo morendo".

Forse questa non è una testimonianza attendibile su Antonio Savasta. Ma nello sfogo pieno di disperazione della madre si coglie già la duplicità che caratterizza la sua personalità. Antonio Savasta è sempre stato buonissimo quando era con i buoni e cattivissimo quando era con i cattivi. era il più duro dei brigatisti, ora è il più morbido dei pentiti. La voglia di essere sempre il primo è forse il lato più saliente di questo personaggio: insieme però all'incertezza che ha costantemente caratterizzato i suoi continui cambiamenti nelle scelte di vita. Tutti repentini e inaspettati, fino all'ultimo, clamoroso, che in 90 secondi lo ha trasformato da "giustiere" del generale Dozier a "giustiziere" delle Brigate Rosse.

Nelle pagine di questo stesso servizio diamo, a parte, l'elenco delle confessioni di Antonio Savasta. Non è dunque necessario che ve le ricordi qui. Riprendiamo subito il nostro "viaggio attraverso chi lo conosceva bene".

Siamo ancora al Prenestino, sotto casa sua. Parla il meccanico che ha l'officina nella porta accanto:"Io non lo vedo più da tanti anni, ma quello che mi ricordo è che era bravo. Mica per modo di dire, sa, è che era proprio un ragazzo di cuore. Mi ricordo che qui tutti lo cercavano perchè lui, che faceva il liceo e era bravo, dava ripetizioni gratis ai ragazzini. Dove lo trovi uno così? Poi, mi pare nel '72 o '73, insomma quando c'è stata l'occupazione delle case alla borgata San Basilio, lui era sempre laggiù che radunava i ragazzini e li badava e li faceva scuola. Sempre gatis, naturale. Tanto che noi, un pò per scherzo ma pure sul serio, lo chiamavamo "l'angelo delle borgate". Era uno così, lui, quand'era ragazzo".



su questo blog,


"UN TIPO SVEGLIO"

A quell'epoca, Antonio Savasta, "Toto" per gli amici, stava finendo il liceo. Aveva 17 anni. Ma "l'angelo delle borgate" aveva già una doppia vita e, alle spalle, già due svolte decisive.

Racconta un suo compagno, vicino di casa, che lo frequentava spesso anche perchè, d'abitudine, lo accompagnava in giro con il proprio motorino: "Io me lo ricordo cattolico, nel '70. Era nel gruppo del 'raggio' ed era un militante deciso. A scuola andava bene, però era sempre in prima fila quando c'era da fare contestazione. Noi lo consideravamo molto sveglio ed è sempre stato uno che aveva carisma. Le sue idee di cattolico le portava avanti fino in fondo. Si dichiarava massimalista, sempre. Poi, un bel giorno, all'improvviso, con i cattolici ha smesso. Siccome suonava la chitarra, aveva deciso che la sua vita era la musica. Ha piantato la politica e gli amici ed è diventato un freakettone. S'è messo a frequentare gli ambienti freak di piazza Navona e di Campo de' Fiori. Mi pare che suonava pure in un complessino. Praticamente io l'ho perso di vista per quasi un anno, anche se lo vedevo sempre lo stesso, perchè abitavamo vicini. Poi è tornato, ma s'è messo a frequentare il comitato comunista Centocelle e, a scuola, faceva le battaglie estremiste, Per me, era già mezzo autonomo".

A Campo de' Fiori non ho trovato nessuno che lo ricordasse. A piazza Navona, invece, c'è ancora una ragazza che è lì da quei tempi. Dice: "A me  non mi mettete in mezzo ma sono sicura di aver spinellato tante volte con lui. Sono sicura che era proprio questo Savasta qui. Per me, era strano. Fumava la roba ma chissà che effetto gli faceva. Io lo vedevo perchè lui litgava coi suoi compagni. Aveva delle idee strane. Voleva fare il capo, voleva cambiare le cose a modo suo, ma era diverso, diverso di mentalità, per forza che litigava. Io l'avevo capito che non era uno adatto. Per me, era un mezzo borghese, sai, uno di quelli che ci provano, ma poi a una certa ora, c'è la famiglia e allora basta".

"UN MEGALOMANE"

Al comitato Centocelle, Antonio Savasta incontra Emilia Libéra. E' la svolta sentimentale della sua vita. Forse di più, secondo alcuni. Emilia, detta Milly, è la ragazza di Bruno Seghetti, ma presto diventerà la ragazza di Antonio. Forse, per Milly, c'è stato uno screzio tra i due giovani. Ma subito appianato. Tutti e tre militano nelle file di Autonomia. Insieme a Seghetti, Antonio diventa il collaboratore di Valerio Morucci, ma non è ancora un brigatista.



Emilia Libéra e Antonio Savasta  


Sulla sua militanza nell'Autonomia e sui suoi rapporti con Milly ho una testimonianza, raccolta telefonicamente , per interposta persona. Ecco il sunto della telefonata; così come me lo ha fatto l'intermediario: "Lui sostiene che quello che si deve dire, di Savasta, è che si tratta di un megalomane che non ha mai saputo quello che voleva veramente. Faceva l'autonomo per fare il bello con Milly, che è la prima e l'unica ragazza che ha avuto. Seghetti s'era arrabbiato, per la storia di Milly, e l'avrebbe spezzato in due se non gli avesse fatto pena, così mingherlino com'è. Adesso vanno dicendo che era un trascinatore , un leader che magnetizzava la folla nei comizi. Sono balle, montature. Tutto perchè a scuola faceva il leader di quattro ragazzini. Lui dice che lo conosceva bene. Sa che è un gran figlio di buona donna e l'ha dimostrato. E' intelligente, è furbo, a modo suo, ma la statura del vero capo non ce l'ha mai avuta. Uno che si vantava di aver fatto 17 omicidi vuol dire che è un terrorista che va bene per i fumetti. Ci si è trovato dentro per Milly. Dice che quello se la faceva addosso se Milly lo lasciava. Anche se lui il killer lo ha fatto davvero rimane uno con la mentalità dei fumetti. Dice che prima, all'università, faceva il mazziere della sinistra, figurarsi, con quel fisico che aveva. E' che Savasta, secondo lui, fa le cose perchè è complessato. Ha sempre avuto il complesso del padre che gli faceva delle scenate tremende. Aveva il complesso delle donne, che non lo filavano. Aveva sempre il complesso di fare il primo a tutti i costi. Adesso vuol fare il primo tra i pentiti. Ma tutto per mettersi in mostra. lui dice che se lo ricorda bene, nel '77, quando dicono che è entrato nelle Br con Peci e Moretti. All'improvviso s'è messo a vestirsi in giacca e cravatta e a non salutare più nessuno. Lui dice che se uno non vuole destare sospetti si comporta normalmente, come sempre, mica cambia improvvisamente. Ma Savasta no, faveva lo strano, il misterioso, perchè gli amici lo notassero, e si chiedessero : ma che gli è successo?".

E questo è tutto. Nell'agosto del 1979 Antonio Savasta scompare di casa. Emilia Libéra è sempre al suo fianco. Ora si sa che il suo battesimo del fuoco lo aveva avuto nel febbraio del 1978 quando dalle parti di piazza Bologna, a Roma, uccise il magistrato Riccardo Palma. (+) Il resto, fino all'epilogo nel covo-prigione di via Pindemonte a Padova, è nella tragica, allucinante sequenza delle sue confessioni.

nota (+) In realtà non fu Savasta ad uccidere l'allora direttore dell'Ufficio VIII della Direzione Generale degli Istituti di Prevenzione e Pena; egli entrò nella colonna romana delle BR come 'regolare' dopo il sequestro e l'assassinio di Aldo Moro. Come è stato accertato, a compiere materialmente l'attentato era inizialmente previsto l'allora ventunenne brigatista Raimondo Etro, la cui identità fu celata per molti anni sotto il nome di "Carletto". Fu appurato che in realtà a uccidere Palma fu Prospero Gallinari, sostituitosi a Etro all'ultimo momento. Parteciparono all'attentato anche  Alessio Casimirri e Rita Algranati, cfr. Commissione Parlamentare d’Inchiesta L. 30/05/2014 n. 82 pg. 180 

Anche i 17 presunti omicidi sono "leggenda metropolitana". In realtà, dalle risultanze processuali il Savasta si è reso autore direttamente di due omicidi, quello del colonello Varisco e del dirigente Montedison Taliercio, cfr. Vedi alla voce Antonio Savasta, su questo blog http://ferdinandodubla.blogspot.com/2023/12/vedi-alla-voce-antonio-savasta.html (ndr)

 

e.book libro progress in

Ferdinando Dubla (a cura di), Irriducibile pentito - Savasta e le Brigate Rosse  






Nessun commento:

Posta un commento