lunedì 2 settembre 2013
Siria: NO alla guerra
di Fosco Giannini ( segretario regionale Marche PdCI) e
Maurizio Belligoni ( segretario regionale Marche PRC)
Sempre più insistenti si levano le voci di guerra contro la
Siria. Rivolgiamo quattro domande a coloro che non si sono ancora fatti un’idea
della crisi siriana, o che hanno già scelto di stare dalla parte degli USA e
della NATO: primo, la Siria è così lontana che l’Italia non deve temere nulla
da una guerra, dal proprio coinvolgimento nel conflitto? Secondo, il
coinvolgimento italiano avrà un prezzo economico? E se lo avrà, chi lo pagherà?
Terzo, come e perché si è aperta la crisi siriana? Quarto, perché gli USA
vogliono attaccare? Andiamo per ordine: è del tutto evidente che la Siria è
vicinissima all’Italia e se il governo Letta scegliesse di entrare in guerra il
nostro territorio, le nostre popolazioni , potrebbero divenire immediatamente
obiettivi di ritorsione terroristica e a colpire potrebbe essere ognuna delle
schegge estremistiche che la guerra stessa ha liberato. La guerra, inoltre,
favorirebbe un esodo di massa che troverebbe, innanzitutto nelle sponde
italiane, il primo approdo. Avrebbe un prezzo il coinvolgimento italiano? Lo
avrebbe e sarebbe un prezzo economico altissimo.
Quando gli USA decidono le loro guerre e chiedono all’Italia
di intervenire ( Afghanistan, Jugoslavia, Libia e tante altre aree del mondo)
le spese belliche non sono sostenute da chi la guerra la decide: paga l’Italia,
paga il popolo italiano, i lavoratori, i pensionati, i giovani, i disoccupati.
La crisi è già alta, ormai tante, troppe, famiglie italiane vendono l’oro di
casa per sopravvivere: un nuovo impegno militare italiano significherebbe,
subito, nuovi tagli alla scuola, alla sanità, ai trasporti, ai già magrissimi
salari e stipendi, alle pensioni. La guerra italiana non la pagherebbero né gli
USA, né la NATO, né i ricchi italiani: la pagherebbe il popolo, la povera gente.
La pagherebbe quella stessa persona, quel lavoratore, cui “la guerra non
interessa”, ma che deve invece sapere che con tutti i soldi che i governi
italiani hanno già speso in Afghanistan, per aderire alla guerra americana, si
sarebbero potute mettere in sicurezza le scuole italiane, si sarebbe potuto
eliminare il ticket sulla sanità, si sarebbero potute aumentare le pensioni da
fame. Ma come e perché si è aperta la crisi siriana? Si è essenzialmente aperta
attraverso la stessa strada che gli USA e i paesi del vecchio e nuovo
colonialismo europeo (Francia e Gran Bretagna in testa) avevano già utilizzato
contro la Libia: organizzando, addestrando e pagando sempre più nutriti gruppi
militari, paramilitari, terroristici interni ed esterni alla Siria, affidando loro
il compito di unirsi alle forze contrarie al governo, per destabilizzare
l’intera Siria. Il paradosso è che, attraverso questo disegno, gli USA hanno
evocato e messo in campo, in Siria, le stesse forze islamiste radicali vicine
ad al Qaeda che Obama vuole combattere a livello mondiale e che nella Siria
laica di Assad sono ferocemente antigovernative. Ma perché gli USA ( con gli
alleati a fianco) hanno voluto ostinatamente aprire la crisi siriana? Perché
vogliono far fuori (con la guerra) il legittimo potere di Assad , rischiando di
mandare al potere, a Damasco, l’islamismo estremista? Semplice: perché la Siria
di Assad è vicina ai paesi del Brics ( Brasile, Russia, India, Cina, Sud
Africa), è vicina ai paesi dell’America Latina che cercano una loro indipendenza,
al Venezuela che vuol costruire il socialismo, è vicina ai nuovi , sette,
grandi paesi dell’Africa che vogliono affrancarsi dagli antichi domini
imperialisti e coloniali e cercano un’alleanza con i paesi del Brics; perché la
Siria di Assad è vicina al popolo palestinese e non è subordinata ad Israele.
Per gli USA questa politica siriana, specie in Medio Oriente, è intollerabile.
Dunque, hanno sostenuto un vastissimo attacco terroristico dall’esterno che ha
già distrutto la Siria e provocato un genocidio. Ma oggi, l’attacco diretto
della NATO è particolarmente pericoloso, poiché proprio in virtù del fatto che
la Siria ha profonde relazioni con l’intero e vasto mondo progressista, a
partire dai paesi del Brics, la possibilità di un allargamento internazionale
del conflitto è verosimile. Ma perché, oggi, gli USA vogliono attaccare
direttamente, con i loro aerei da guerra e con le bombe della NATO?
Semplicemente, perché il terrorismo portato dall’esterno non riesce a vincere;
semplicemente perché la stragrande maggioranza del popolo siriano è con Assad e
contro i “ribelli” sostenuti dagli USA, dalla NATO, dalla Turchia e dall’
Arabia Saudita. Ora che gli USA vogliono attaccare, serve loro la prova estrema
della “ferocia” antiumana di Assad e raccontano al mondo del gas nervino che
l’esercito siriano avrebbe utilizzato contro le popolazioni. Dieci anni fa
Colin Powell, per motivare la decisione USA di attaccare l’Iraq, mostrò
all’ONU, in una sceneggiata ormai storica, una fialetta vuota che doveva dimostrare
che l’Iraq disponeva di armi chimiche. Ma quando i marines entrarono nell’Iraq
distrutto dai bombardamenti USA, inutilmente, per mesi e mesi, cercarono “ la
pistola fumante” irachena, le armi chimiche, atomiche. Non c’era nulla, solo la
distruzione di un Paese e il massacro di un popolo, pianificati dalla Casa
Bianca. Negli ultimi cinquant’anni è stata la stessa CIA, dopo le guerre (dopo
quella del Vietnam, ad esempio) a rivelare al mondo i casus belli costruiti ad
arte dagli USA per motivare un attacco. Oggi,di nuovo, gli USA e la NATO, dopo
aver deciso di colpire direttamente la Siria, ci dicono che il 21 agosto
l’esercito di Assad avrebbe fatto uso, a Ghouta, di gas nervino. Al di là del
fatto che i servizi segreti USA dovrebbero aver inciampato in qualche errore,
nel percorso di preparazione del casus belli, poiché la strage del 21 agosto
era già raccontata , su Internet, il 20 agosto, prima che accadesse, ma il
punto è: dobbiamo essere ancora così bambini da credere a tutto ciò che
vogliono (cioè, la guerra) gli USA e la NATO? Oppure è il tempo di prendere
coscienza, di difendere la pace, la nostra indipendenza e i nostri stessi
interessi, economici e politici? Per noi comunisti non c’è dubbio: è tempo di
lottare, tutti assieme, per la pace, per la democrazia, per gli interessi dei
lavoratori. Lo affermiamo con forza perché le parole rassicuranti di Emma
Bonino, che si dice contraria all’intervento italiano, stridono sinistramente
con i rombi di guerra che si sentono a Pisa, dove i C-130 italiani sempre più
spesso si levano in volo verso le basi mediterranee.
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