Subaltern studies Italia

L’analisi e la classe - a cura di Ferdinando Dubla

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sabato 3 settembre 2016

ELOGIO DELLA RIBELLIONE E "SOLITUDINE" DI UN CERVELLO SEMPRE CONNESSO


Lamberto Maffei, neurofisiologo, al ""Festival della mente" di Sarzana 2016, avverte dei pericoli del 'pensiero rapido' per le nuove generazioni dei New media e social e investe sulla scuola come educatrice del 'cervello critico'.

"(..) La mia non è una ribellione violenta, perché la violenza genera violenza, ma è un richiamo all’uso del cervello pensante e critico, è la rivolta della ragione contro quel’1 per cento della popolazione che possiede più ricchezze del restante 99 per cento (rapporto Oxfam 2016). Ho raccolto queste riflessioni in un mio piccolo libro Elogio della ribellione uscito per Il Mulino.
In questo spirito di inquietudine e di rivolta rifletto su alcuni aspetti del mondo moderno, sulla globalizzazione, sul rapido invasivo sviluppo delle tecnologie che hanno procurato vantaggi ma anche problemi.
Le tecnologie della comunicazione hanno creato un nuovo tipo di solitudine, che possiamo chiamare paradossale perché causata da un eccesso di stimoli, da una saturazione di tutti i recettori, in particolare uditivi e visivi, che induce un’attività frenetica del cervello, levando spazio alla riflessione e ostacolando la libertà del pensiero intasato dalle entrate sensoriali come le connessioni in rete o la Tv. È la solitudine di un cervello che, solo in una stanza, invia e riceve notizie unicamente attraverso messaggeri informatici, ma spesso ha perso il contatto affettivo con gli altri. Il cervello troppo connesso è solo, perché rischia di perdere gli stimoli dell’ambiente, del sole, della realtà palpitante di vita che lo circonda.
La mia preoccupazione di vecchio insegnante è rivolta principalmente ai giovani, per i quali le nuove tecnologie hanno oltrepassato la soglia di strumenti utilissimi per diventare «cervello», neuroni senza i quali non si può più pensare, producendo così una pericolosa restrizione dello spazio della libertà di ragionamento e della fantasia. Lo spazio del pensiero lento è stato invaso dal pensiero rapido.

Per me, neurofisiologo, che cerca di ragionare sui meccanismi cerebrali che stanno alla base di questo cambiamento, ciò non è sorprendente. La plasticità del cervello, cioè la sua capacità di cambiare funzione e anche struttura anatomica in dipendenza degli stimoli ricevuti è massima nei giovanissimi. Basta ricordare che le sinapsi, elementi essenziali del funzionamento cerebrale, numerosissime intorno ai due-tre anni cominciano a diminuire dopo l’adolescenza in maniera sempre più veloce e questa diminuzione è il substrato della vecchiaia del cervello.
La grande plasticità dei giovani ha assorbito naturalmente i messaggi del nuovo mondo e ne è rimasta ingolfata. Probabilmente la generazione degli adulti è responsabile per non aver dato, come educatori gli antidoti contro queste «droghe» pericolose. È interessante ricordare che Steve Jobs, per evitare il sorgere di una dipendenza, aveva proibito ai suoi bambini l’uso degli strumenti da lui stesso inventati. Il cervello dei giovanissimi può essere manipolato: ne è esempio l’educazione dei bambini di alcuni gruppi islamici che induce giovanissimi a pianificati gesti di suicidio.La nostra scuola non è riuscita a incanalare tempestivamente la rivoluzione tecnologica nella sua pur forte tradizione formativa, rinforzando l’educazione al ragionamento critico, al dubbio su tutto e su tutti. Scriveva Voltaire: «Il dubbio non è piacevole, ma la certezza è ridicola.
Solo gli imbecilli sono inadeguati che spesso mirano al sonno cerebrale, e le altre forme di comunicazione della rete che insieme a messaggi importanti e civili portano disinformazione e possono al limite diventare strumenti pericolosi in mano a delinquenti e terroristi.
Come terapia io non vedo che la scuola e nella scuola l’insegnamento delle materie umanistiche, e per materie umanistiche intendo tutte quelle guidate dalla curiosità, incluse la matematica che è puro pensiero, e tutte le discipline che, rimandando all’esperimento, educano all’argomentazione e al ragionamento. Purtroppo questo è oggi reso difficile dal progressivo degrado della scuola pubblica, della ricerca: insegnanti e ricercatori che preparano il futuro di un paese sono stati privati della loro dignità di funzione
                                                                             Lamberto Maffei, da Il Manifesto del 3/09/2016



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