di Giancarlo Girardi -- red. Lavoro Politico-PCI-Taranto
giovedì 19 gennaio 2017
A novantasei anni dalla fondazione del Pci ed a cento della Rivoluzione d'Ottobre occorre ripartire!
di Giancarlo Girardi -- red. Lavoro Politico-PCI-Taranto
Due anniversari per una discussione storica, di analisi e verifiche per
l’oggi e per poter trarne indicazioni per il nostro futuro in un grave
momento nazionale di disgregazione sociale, culturale e politica. Il 21
di gennaio, dalla nascita di un partito, il PCI che ha segnato per
settanta anni la storia del nostro Paese sino al 1991. Le vicende politiche,
sociali ed economiche di questi mesi, oltre alla presenza ancora di
alcuni protagonisti, sono anche figlie della grande storia del Novecento
fatta di tante conquiste ma anche di errori e tragedie. La stessa
globalizzazione, con cui si intende oggi camuffare una presunta
necessità di adeguamento a moderne leggi internazionali dell’economia
con il libero arbitrio dell’impresa, rappresenta l’attacco antico ai
diritti dei lavoratori duramente conquistati nel secolo scorso. La crisi
dei partiti oggi, la loro continua ricerca di alleanze, di immagini
apparentemente rinnovate, di cambiamenti di regole, mostra la mancanza
di loro precise identità. L’assenza di una vera rappresentanza politica
dei lavoratori nel parlamento italiano rende tutto oggi per loro più
difficile, mentre la storia del secolo scorso vedeva nella sinistra e
particolarmente nel Pci, nella sua capacità e “diversità”, tale
fondamentale compito. Va ricordato, è fatto innegabile storicamente, il
suo grande contributo alla lotta al fascismo, alla Resistenza, alla
guerra di Liberazione, considerata da alcuni storici come il nostro
secondo Risorgimento. Inoltre l’apporto alla scrittura della Carta
Costituzionale, strumento fondamentale ancora oggi per la difesa dei
diritti elementari dei cittadini, alla ricostruzione economica e sociale
in Italia nel secondo dopoguerra, alle grandi battaglie per
l’emancipazione dei lavoratori ed alla conquista dei diritti civili.
Furono, per tante generazioni di operai, contadini, comuni cittadini,
scelte di valori e di appartenenza ad un’idea ed un programma politico,
un impegno continuo, militante, mai dettato, nella grande maggioranza
dei casi, da aspirazioni personalistiche, per edificare una società più
giusta. Poter dare qualcosa di sè, ritengo sia possibile ancora
asserire, senza chiedere sostanzialmente nulla in cambio, ed affermarlo
oggi può sembrare perfino incomprensibile o provocatorio ma cosi è
stato! Il coinvolgimento all’attività di quel partito ed al suo
progetto, per molti rappresentò, nel proprio piccolo, “una scelta di vita”, l’appartenenza ad una diversità
che era vissuta soprattutto come discriminazione ingiusta da parte di
altri e ciò inorgogliva ed era il collante morale dei suoi militanti, li
rendeva ancora più uniti e protagonisti. Va ricordata l’influenza dei
comunisti nelle organizzazioni dei lavoratori che allora veniva
interpretata come misura di una “egemonia” intesa come
direzione politica del movimento operaio. Anche il partito della
Democrazia Cristiana, presente ed organizzata nella società civile, era
altra cosa rispetto ai partiti di oggi. Con il suo interclassismo ed il
grande consenso nella società dimostrava di volerlo cercare anche tra i
lavoratori delle fabbriche. Il ruolo fondamentale dei comunisti veniva
da tutti riconosciuto per l’alto senso della democrazia e delle
istituzioni, dalla grande capacità di amministrare gli enti locali. Il
suo, se è possibile definirlo tale, è stato l’ultimo storico, alto, tentativo nel secolo scorso di cambiare democraticamente ed in modo progressivo la società dal basso.
Il suo scioglimento significò anche rompere con la sua tradizione, la
sua esperienza originale e soprattutto con la sua diversità, proprio nel
momento in cui l’Italia implodeva nella “questione morale” e nel
saccheggio della cosa pubblica. Chi gli è succeduto si è rassegnato da
tanto tempo a cambiare di continuo solo l’immagine di se stesso. La
necessità, per loro, di lasciarsi sempre qualcosa alle proprie spalle
rappresenta il segno di una continua ed inesorabile sconfitta. La
ricerca ossessiva di un “nuovo” che sembra essere ogni volta destinato a
diventare inevitabilmente vecchio e sorpassato dagli eventi.
(Giancarlo
Girardi)
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