dal sito del PCI, un'analisi chiarificatrice di Fosco Giannini, resp. naz. Esteri, sulle responsabilità imperialiste nello scacchiere mediorientale che va a fondo del fenomeno del terrorismo di matrice fondamentalista oltre i luoghi comuni e la retorica imposta dai mass media. (fe.d.)
martedì 3 gennaio 2017
ALEPPO – ANKARA – BERLINO. GLI ORRORI DELL’IMPERIALISMO
dal sito del PCI, un'analisi chiarificatrice di Fosco Giannini, resp. naz. Esteri, sulle responsabilità imperialiste nello scacchiere mediorientale che va a fondo del fenomeno del terrorismo di matrice fondamentalista oltre i luoghi comuni e la retorica imposta dai mass media. (fe.d.)
All’assassinio dell’ambasciatore russo
ad Ankara, Andrey Karlov, segue immediatamente l’orrenda strage dei
mercatini natalizi di Berlino. Cosa unisce questi due, tragici, eventi?
Li unisci Aleppo. Per meglio dire, li unisce la sconfitta dell’
‘Esercito Libero” e filo imperialista siriano ad Aleppo e la
liberazione, da parte dell’asse Siria-Russia (Assad-Putin) della più
importante città della Siria, assieme a Damasco. Sia nelle folli parole (
folli, ma proiezioni di uno “spirito” e di una politica imperialista)
dell’attentatore dell’ambasciatore russo, che nelle prime rivendicazioni
Isis della strage di Berlino, la vendetta per la sconfitta delle forze
“ribelli” e jihadiste ad Aleppo appare chiaramente essere il motivo
degli orrori di Ankara e Berlino.
E in quale contesto, in quale fase si
collocano i due, sanguinosi, eventi? In quella caratterizzata dalla
sconfitta che stanno vivendo “Gli Amici della Siria Libera” ( USA,
Francia, Germania, Gran Bretagna, la prima Turchia assieme alle
petrolmonarchie sunnite del Golfo) e dalla grave battuta d’arresto che
l’intero progetto di dominio imperialista su tutta l’area del Medio
Oriente subisce in seguito alla perdita di Aleppo e al ritorno
all’indipendenza siriana attorno al legittimo potere di Assad.
I media dell’Unione europea e tutto il pensiero mainstream occidentale
segue un percorso univoco, così identico da sembrare concordato ( in
verità reso uguale dall’egemonia livellatrice della cultura imperialista
dominante): alla denuncia per l’orrore dell’assassinio
dell’ambasciatore russo e dei morti di Berlino, si assomma la denuncia
per “ l’orrore provocato dai bombardamenti siriani e russi su Aleppo”.
Una perversione analitica che da corpo ad un folle corto circuito
mediatico, secondo il quale – infine – l’orrore jihadista equivale a
quello russo-siriano e solo un “soggetto” viene fuori, dal quadro,
esente ed innocente: l’imperialismo, USA e Occidentale.
Vale la pena, di fronte a tanta,
“goebbelsiana”, falsa propaganda (come affermava proprio il ministro
hitleriano: “una menzogna più volte ripetuta diviene verità”) impegnarsi
a ristabilire la realtà delle cose.
Come si giunge al fuoco di Aleppo?
Questa domanda ne presuppone altre, precise: come si arriva al conflitto
siriano? Quando, in quale contesto ? Chi ha organizzato, sollecitato
questo conflitto? Per quali obiettivi? Perché la Siria? E quanto sangue,
orrore, distruzioni hanno prodotto coloro che hanno voluto il disastro
siriano?
Il conflitto siriano si apre nel corso
del 2011. Prima di esso vi erano stati i due attacchi imperialisti
contro l’Iraq ( il primo dall’agosto 1990 al febbraio 1991 e il secondo
dal marzo 2003 sino al dicembre 2011 ) e la guerra condotta da uno
sterminato fronte imperialista contro la Libia, guerra iniziata il 19
marzo 2011.
Gli USA, rimasti l’unica potenza
mondiale dopo la caduta dell’URSS, forzano ogni confine per allargare il
proprio dominio politico, economico e militare su scala planetaria. In
Medio Oriente, primo loro complice Israele, scatenano – dalla prima
Guerra del Golfo in poi – un vero e proprio trentennio di fuoco e di
sangue. L’Iraq è distrutto, attraverso una guerra infinita, perché non
subordinato a Israele e agli USA; la Libia di Gheddafi è messa a ferro e
a fuoco perché in prima linea per un progetto di Africa libera,
indipendente e antimperialista. La Siria di Assad è poi, agli occhi
degli USA, la peggiore in campo, il vero e proprio avversario
irriducibile, per la sua natura antimperialista e anti israeliana. La
Siria non è ricca di materie prime: nulla a che vedere con i giganti
energetici della regione: Iraq, Iran, monarchie del petrolio. Ma la
Siria, sotto la guida del Partito Bat’th ( Arabo Socialista), svolge un
ruolo storico e politico centrale in tutto il Medio Oriente, sia per il
suo antimperialismo, che impedisce che in tutta quella regione del mondo
si estenda il dominio incontrastato degli USA e di Israele, sia per
l’appoggio, di straordinaria forza, alla lotta del popolo palestinese,
sia per essere culla storica e culturale del nazionalismo arabo e,
dunque, sorgente viva dell’unità panaraba antimperialista, legata prima
all’URSS e al campo socialista e, poi, al mondo in crescita esponenziale
dei BRICS.
La Siria, dopo la distruzione dell’Iraq e
l’attacco devastante alla Libia, è l’altro, grande ostacolo al progetto
imperialista di dominio in quell’area del mondo. Occorre distruggere
Assad. Hillary Clinton ha un piano, quello imperialista classico:
attaccare militarmente, portare gli stivali dei marines a calpestare il
suolo siriano. Far fare ad Assad la stessa, orrenda fine già fatta fare a
Saddam Hussein e Gheddafi.
Ma Obama gioca a fare il Presidente nero
e democratico, contrario all’attacco militare in terra. Utilizza, ai
fini degli interessi americani, “ la primavera araba”; impara dalle
“rivoluzioni arancioni”, riproponendone la prassi ( imperialista,
“golpista”, ultraliberista, filo-NATO, filo occidentale, filo Unione
europea e anche fascista) anche per la Siria. Le “rivoluzioni colorate” e
dirette dagli USA nella Serbia dell’ottobre 2000; nella Georgia (
“rivoluzione delle rose”) del 2003; dell’Ucraina del 2004, del 2005 e
del 2014 ( sfociate nella piazza nazifascista di Kiev, Maidan); la
“rivoluzione dei tulipani” nel Kirchizistan sono esperienze di
controrivoluzioni filo americane indotte che Obama fa proprie e rilancia
contro Assad, il nemico numero uno dell’imperialismo USA in Medio
Oriente, l’irriducibile che va tanto più demonizzato, in Occidente, e
caricaturizzato come un satrapo e un dittatore sanguinario medio
orientale, quanto più la Siria di Assad è, in verità, il Paese più
laicizzato della regione, un Paese in via di sviluppo industriale, in
via di profonda democratizzazione politica e istituzionale e dalla
grande e capillare cultura.
Come si concretizza la “rivoluzione arancione” in Siria, progettata da Obama?
Scatta, innanzitutto, la prima parte di
quell’imponente “piano psicologico”( il cosiddetto “ Psypos”, per il
quale lavorano speciali unità delle forze armate e dei servizi segreti
USA), volto alla demonizzazione del “regime di Assad”. E’ lo stesso
Pentagono a definirne il lavoro: “ Operazioni pianificate per
influenzare, attraverso determinate informazioni, le emozioni
dell’opinione pubblica ( americana e mondiale) e il comportamento di
organizzazioni di massa e governi stranieri, così da indurre rafforzare
atteggiamenti favorevoli ai nostri obiettivi ”.
Si inizia, dunque, costruendo per i
media dell’intero mondo occidentale la figura demoniaca di Assad.
Iniziando poi a costruire, sul territorio, la “rivoluzione arancione”
siriana. In pratica, vuol dire che gli USA e le potenze arabe dei
petroldollari – con l’Arabia Saudita e il Qatar alla testa- mettono a
disposizione milioni e milioni di dollari affinché si organizzi, si doti
di intellettuali e dirigenti ( da trovare anche nell’immensa diaspora e
polverizzazione sociale conseguenti alla distruzione irachena) di
attenzione e appoggio mediatico nazionale e internazionale un movimenti
di massa anti-Assad, filo americano e filo Unione europea. Un movimento
arancione e di massa in Siria, insomma.
E quando l’onda colorata si solleva,
puntando ad una piazza Maidan di estensione nazionale , puntando a
cacciare Assad e ad assumere il potere a nome degli USA , e quando a
tutto ciò l’esercito di Assad, legittimamente, si oppone, è già l’ora,
per gli USA, per Obama, per la NATO, per un’Unione europea complice (
come in Ucraina) e per gli stati arabi filo americani di costruire “
l’Esercito Libero Siriano”. Con i dollari e i petroldollari. Con i
generali, gli ufficiali, i soldati dell’ex esercito iracheno, con il
popolo degli sbandati iracheni, libici, africani che le guerre
imperialiste hanno prodotto. Persino con i cosiddetti foreign fighters,
partiti dall’Europa per combattere a fianco dell’ “Esercito Libero
Siriano” e con i jihadisti contro Assad e poi tornati in Europa a
colpire le capitali, come in questi giorni Berlino. E’ il sonno della
ragione, indotto dall’imperialismo USA e Occidentale, che genera mostri.
E’ nel luglio del 2012 che l’ “Esercito
Libero Siriano” – appoggiato dalle manifestazioni dell’onda arancione –
sferra il suo attacco più duro contro Assad. Il 18 luglio una bomba
distrugge il quartier generale della Sicurezza Nazionale. Nell’attentato
muoiono alti dirigenti militari e del governo. La contemporanea
offensiva ribelle verso le aree centrali della città fa presagire un
imminente crollo del regime.
Ma il popolo siriano, proprio in questa,
tragica occasione, dimostra di non stare dalla parte dei “ribelli” o
degli “arancioni”: il popolo di Damasco non solo non si arruola con l’
“Esercito Libero”, ma entra in lotta contro di esso e favore di Assad. I
ribelli non riescono a consolidare le posizioni conquistate e le forze
armate siriane riescono ad organizzare una controffensiva che li spinge
verso le zone periferiche della città, di cui riescono a mantenere il
controllo. La “Battaglia di Damasco”,molto prima dell’intervento
dell’esercito russo a fianco di Assad, rappresenta un colpo durissimo
per l’”Esercito Libero” e per gli USA. Questa stessa sconfitta apre
forti contraddizioni anche nel movimento arancione. L’esito Maidan si
allontana.
Ma, giunti a questo punto, facciamo
parlare non un comunista, non uno dei “soliti” intellettuali italiani
che militano nel campo antimperialista. Lasciamo la parola a Mostafa El
Ayoubi, leggiamo dei passaggi di un suo articolo pubblicato non dalla
“Pravda”, ma da “Nigrizia”, il mensile italiano dei missionari
comboniani dedicato al continente africano, ove scrive anche Alex
Zanotelli.
Scrive El Ayoubi, il 1° novembre del
2013: “ Sono passati più di due anni e mezzo dalla guerra “civile” in
Siria. Il bilancio è drammatico: oltre 110 mila morti e 5 milioni di
sfollati; danni alle infrastrutture per oltre 350 miliardi di dollari.
L’economia è in ginocchio e si soffre la fame. All’opinione pubblica
internazionale è stato raccontato, dai media mainstream, che il
colpevole di tutto ciò è il regime siriano, che avrebbe soffocato nel
sangue la rivolta pacifica per la democrazia. Ma con il passare del
tempo questa narrazione ha iniziato a sgretolarsi. La realtà- che oggi i
grandi media faticano ad ammettere – è che la guerra contro la Siria
era già allo studio per far cadere il regime al-Assad e sostituirlo con
uno servizievole, come già accaduto in Iraq e in Libia. Pochi giorni
dopo l’inizio della rivolta di Dar’a, nel marzo 2011, scesero in campo
il Qatar, l’Arabia Saudita e la Turchia a sostegno della rivoluzione
arancione. Dietro a questi Paesi, ovviamente, c’era la regia del governo
americano e dei suoi alleati occidentali; in particolare Gran Bretagna e
Francia che, nell’accordo Sykes Picot del 1916, si spartirono la Grande
Siria. Una delle prime mosse è stata la sospensione della Siria dalla
Lega Araba ( altro strumento di controllo del mondo arabo da parte della
Casa Bianca) e la creazione del Consiglio Nazionale Siriano ( CNS) con
sede a Istanbul. Successivamente, sotto l’egida del governo di Ankara, è
stato creato l’ “Esercito Libero Siriano”…La propaganda mediatica
contro l’establishment siriano è stata affidata all’Osservatore
Siriano per i Diritti Umani ( OSDU) con sede a Londra e divenuto la
fonte principale per Al Jazeera ( del Qatar), di Al Arabiya (
dell’Arabia Saudita) e anche per i colossi mediatici occidentali…Sul
piano pratico l’ “Esercito Libero Siriano” non è stato in grado di
conquistare Damasco . Ciò ha indotto l’alleanza occidentale anti-Assad a
ricorrere ai jihadisti e ai mercenari reclutati da ogni dove. In
particolare la scesa in campo dei jihadisti – desiderosi del martirio – è
stata determinante nella caduta di molte città e villaggi in mano ai
“ribelli”. Il movimento qaedista Jabhat al Nusra ha in pratica scavalcato l’ “Esercito Libero Siriano” e oggi domina gran parte delle zone conquistate”.
Quest’ultima parte dell’articolo tratto
da “Nigrizia” è particolarmente significativo, poiché attesta l’unità
d’azione – in senso filo imperialista e anti Assad – tra l’ “Esercito
Libero Siriano” e gli stessi jihadisti.
L’intervento militare della Russia a
fianco di Assad è stato risolutivo nel liberare la Siria e nel liberare
Aleppo. Se non ci fosse stato l’intervento russo – è ciò che riferiscono
tutte le testimonianze da Aleppo e dalla Siria – i cittadini di Aleppo
sarebbero stati tutti massacrati dai “liberatori” anti – Assad. Il conto
finale dei danni provocati dalla guerra imperialista in Siria supera,
oggi, di gran lunga, quelli descritti nell’articolo citato di
“Negrizia”: siamo a 300 mila morti e 700 mila profughi siriani. La
vittoria dell’asse Russia-Assad è una sconfitta bruciante per il
progetto imperialista volto a scalzare Assad e costruire anche in Siria
l’ennesimo governo Quisling. E’ a partire da questa cocente sconfitta che vanno decodificati i racconti dei media occidentali, tutti volti a raccontare solamente i
supposti massacri indiscriminati dei bombardamenti russi su Aleppo e –
viceversa- tutti pronti nel rimuovere il senso di quei bombardamenti ,
volti a liberare Aleppo dal dominio oscurantista e sanguinario
dell’esercito “ribelle”, unico nome, ormai, col quale i giornalisti
americani ed europei – confusamente, ipocritamente – chiamano l’insieme
dei soldati dell’ “Esercito Libero Siriano” filo americano e i jihadisti
del Califfato. “Esercito Libero Siriano” e jihadisti uniti nel
tentativo di prolungare il loro dominio su Aleppo: questo è il nemico
contro il quale combattono russi e siriani. Un nemico così repellente da
consigliare anche ai media occidentali di non nominare. “Ribelli”,
debbono chiamarsi. Ma è lo sconcerto per la sconfitta che confonde gli
USA, gli Stati dell’Ue e i media filo imperialisti che, proprio
attraverso questa loro confusione politica e psicologica, tradiscono in
verità quello che è stato e sarebbe ancora il loro più profondo
desiderio: mantenere l’unità d’azione militare sul territorio tra
“Esercito Libero Siriano” e jihadisti, ad Aleppo e in tutta la Siria.
Per allargare il dominio, oltre l’Iraq e la Libia. Pagando, magari,
anche il prezzo di un rovesciamento della rivoluzione arancione in
regime della Shari’a in Siria, come già accaduto, peraltro, in
Afghanistan, dove gli USA preferirono al potere comunista il regime dei
talibani. Inventandosi al Qaida.
Ma la Russia, e Assad, hanno vinto. E,
per i popoli, un destino finalmente benigno ha voluto che Hillary
Clinton perdesse le elezioni negli USA. Se no, sarebbe stata
probabilmente una nuova Grande Guerra.
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