un saggio sull'"umanesimo etnografico" di Ernesto de Martino di Marcello Massenzio, storico delle religioni italiano. Il 'doppio sguardo' (sé e gli altri da sé, interno ed esterno), indispensabile oggi per un approccio verso le altre culture: è l'uomo ad essere il centro della propria storia, sempre, la coscienza individuale e collettiva che risolve la 'crisi della presenza' (categoria demartiniana) si determina attraverso la cultura e le simbologie (sacre e profane) della cultura popolare. E' possibile un'attualizzazione dell'umanesimo antropologico, oggi? (fe.d.)
risorsa disponibile su Treccani
L’atto di nascita di Ernesto De Martino (1908-1965) come antropologo e storico della cultura è Naturalismo e storicismo nell’etnologia: un’opera pubblicata nel 1941 in cui l’autore si confronta con alcuni dei più rilevanti studiosi di civiltà ‘primitive’, inquadrandoli all’interno delle rispettive scuole di pensiero ‒ Lucien Lévy-Bruhl (1857-1939) e la scuola sociologica francese; Edward Burnett Tylor (1832-1917) e l’evoluzionismo inglese; padre Wilhelm Schmidt (1868-1954) e la scuola storico-culturale viennese. De Martino non entra ancora in rapporto diretto con le civiltà d’interesse etnologico, non ne esplora l’universo culturale – il cui segno distintivo più appariscente è costituito dalla magia – con l’ausilio di proprie categorie interpretative, ma le esamina attraverso gli occhi di altri osservatori; al centro del suo interesse è la definizione del ruolo che l’etnologia deve assumere per trovare una propria collocazione nell’ambito dello storicismo.
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http://www.treccani.it/enciclopedia/ernesto-de-martino-e-l-antropologia_(Il-Contributo-italiano-alla-storia-del-Pensiero:-Filosofia)/
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