LUCANO, SCOTELLARO e IL PENSIERO MERIDIANO
di Stefano Modeo
- La
condanna di Mimmo Lucano fa rabbrividire per la sua enorme portata, così come
gettano in un enorme sconforto il volto e le parole conclusive dello stesso ex
sindaco di Riace: «Ora posso anche morire, non c'è pace né giustizia.»
Ancora una
volta la biografia di Mimmo Lucano non può che ricordarmi Rocco Scotellaro, il
quale ne L'uva puttanella (Laterza 1955) criticò fortemente anche il potere
giudiziario. In un passo, infatti, il poeta lucano racconta la percezione che
il giudice dà di sé e del contesto in cui agisce:
«Il mio
giudice mi disse: “Dite se è una persecuzione politica, ma datemi le prove”. Io
lo guardai, un secondo, con l’occhio del suo antenato e con quello di suo
figlio. Gli vidi i baffi neri e la fede al dito, le labbra di creta e i suoi
occhi scattavano come persiane. Avrei voluto parlargli d’altro, non gli risposi
[…].
Tutti i
giudici erano dei pendoloni carichi, le cui lance segnavano il tempo, le ore e
i minuti e scoppiavano all’ora voluta dal potere esecutivo. Le pochissime volte
che qualcuno di loro si ribellò e volle funzionare secondo le leggi scritte e
decantate sulle lapidi, la sveglia si ruppe prima di suonare.
Un giudice
che non si spiega le cose e deve seguire il carro del potere, è lo scrivano del
carabiniere semianalfabeta, è uno schiavo principe o no che può gustare
soltanto il cibo che gli portano, è un meccanismo»
Eppure
questo meccanismo si può turbare, lo possono dimostrare i numerosi sit-in e
flash mob che già da ieri hanno preso ad organizzarsi spontaneamente. Alla
portata politica di questa condanna serve una risposta che ribalti i rapporti
di forza. E qui torna alla mente, necessario - poiché è sempre il Sud del
mondo, direttamente o indirettamente, ad essere sotto scacco - ''Il pensiero
meridiano'' e le parole di Franco Cassano:
«Il pensiero
meridiano è dall'altra parte del mondo. Se il sud deve riconquistare la sua
capacità di parola deve mettere al centro la giustizia, far capire che nessuna
sicurezza può stare seduta su disuguaglianze così spietate. [...] Ad un grande
squilibrio occorre reagire con una grande spallata nel senso contrario. Chi
vuole l'equilibrio deve oggi sporgersi e compensare lo squilibrio andando
dall'altra parte, deve provare, come propone Ngugi wa Thiong'o, a Spostare il
centro del mondo. La misura non è quindi prudenza o un banale «giusto mezzo»,
ma una costruzione complessa e coraggiosa, che mira a salvare la molteplicità
delle forme di vita, restituendo a ciascuna di esse con un solo gesto il suo
valore e la sua finitezza.»
2 OTTOBRE 2021
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