Subaltern studies Italia

L’analisi e la classe - a cura di Ferdinando Dubla

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martedì 2 novembre 2021

LA SALA D’ASPETTO della STORIA: i Postcolonial studies mettono in crisi irreversibile l’unilinearita’ della ‘civilizzazione’

 

Progresso, civiltà  e civilizzazione, ‘la storia siamo noi‘, inizia con la nazione: l’unilinearità della scrittura dominante colma il senso comune del pregiudizio e tenta di rendere la subalternità una condizione ’naturale’. L’insorgenza rivoluzionaria rende quella scrittura inerte, ma bisogna rendere operativa ed egemone nel reale l’impostazione ’subalternist’ degli studi postcoloniali. - fe.d.

La critica allo storicismo è alla filosofia della storia di Hegel, all’inizio nazionale di una storia con l’affermarsi culturale della “civiltà”, è, soprattutto, critica-negazione del determinismo evoluzionistico, della linearità del progresso, dell’etnocentrismo e del racconto-scrittura delle classi egemoni. Non può dunque essere né critica né negazione della dialettica nella storia, in cui sono individuati i nessi causali dei fenomeni sociali, che non “misurano” i livelli di coscienza dei subalterni, ma la loro formazione ‘molecolare’.

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- La storiografia di stampo hegeliano, messa a critica dai Subaltern studies, ha da sempre posto al centro del discorso storico l’Europa e il mondo “occidentale”; ha teorizzato l’idea di un tempo unico della storia, scandito appunto dalla civiltà europea e che trova la sua realizzazione ideale nella costruzione dello Stato. Questa visione della storia ha sostenuto l’Imperialismo europeo attraverso la concezione dell’esistenza di una civiltà più progredita, in questa immaginaria linea storica unica e ad un solo senso, la quale aveva la legittimità di imporsi a popoli definiti per l’appunto “non civilizzati” o “sotto sviluppati”, che necessitavano di compiere ancora dei passi sulla via maestra dello sviluppo progressivo fino alla “civilizzazione”.

La storia universale, che ha avuto la forza di piegare le storie dentro a un senso unico della storia, viene però messa in crisi dall’esplosione delle lotte anti-coloniali. La presa di parola di donne e uomini costringe ad interrogarsi sulla possibilità e la necessità di un’altra interpretazione storica: scrivere la storia a partire dalle storie delle “periferie del mondo” e dalle storie di quelle società relegate in un’immaginaria “sala d’aspetto della storia”.

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La domanda forte che si pongono i postcoloniali e che ci poniamo anche noi è: come pensiamo il politico nei momenti in cui il contadino, la persona subalterna con i propri diritti irrompe nella moderna sfera politica senza aver compiuto il lavoro “preparatorio” necessario a trasformarlo in “borghese-cittadino”? *

Gli studi postcoloniali, mettendo dunque al centro lo studio delle storie ignorate dalla storiografia classica, figlie della colonizzazione e della decolonizzazione, ci parlano delle ex-colonie ma allo stesso tempo ci parlano della dimensione globale della decolonizzazione, della condizione postcoloniale che investe le metropoli europee, dei cambiamenti profondi che sono in atto ormai da decenni attraverso le migrazioni. 


*Dipesh Chakrabarty, Provincializzare l’Europa, Meltemi, Roma 2004.

 

da Martina Martignoni e Simone Addessi (Collettivo Bartleby)

sta in Introduzione a Saperi in polvere - Una introduzione agli studi culturali e postcoloniali, ombre corte, 2012, pag. 12-13

 

What is Postcolonial Studies?

 Il fondamentale testo di Leela Gandhi del 1998 (per Routledge, riedito nel 2019 per la Columbia University Press) in lingua inglese, attende in Italia editore e traduzione. L’introduzione critica della Gandhi alla teoria postcoloniale (“Theory”) nei suoi aspetti innovativi e al contempo problematici, permette, come il testo di Robert Young del 2003 tradotto da Meltemi nel 2005, la comprensione ’genetica’ e ‘molecolare’ della nascita e sviluppo di un’impostazione di ricerca, indispensabile strumento per rendere la stessa operativa in campo sociale, palesando la sua generativita’ e permettendone la sperimentazione nel reale.

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/scheda di presentazione alla seconda ed. in lingua inglese e traduzione in italiano /

- Publisher twenty years ago, Leela Gandhi's Postcolonial Theory was a landmark description of the field of postcolonial studies in theoretical terms that set its intellectual context alongside poststructuralism, postmodernism, Marxism, and feminism. Gandhi examined the contributions of major thinkers such as Edward Said, Gayatri Spivak, Homi Bhabha, and the subaltern historians. The book pointed to postcolonialism's relationship with earlier anticolonial thinkers such as Frantz Fanon, Albert Memmi, Ngu gi wa Thiong'o, and M. K. Gandhi and explained pertinent concepts and schools of thought-hybridity, Orientalism, humanism, Marxist dialectics, diaspora, nationalism, gendered subalternity, globalization, and postcolonial feminism. The revised edition of this classic work reaffirms its status as a useful starting point for readers new to the field and as a provocative account that opens up possibilities for debate. It includes substantial additions: A new preface and epilogue reposition postcolonial studies within evolving intellectual contexts and take stock of important critical developments. Gandhi examines recent alliances with critical race theory and Africanist postcolonialism, considers challenges from postsecular and postcritical perspectives, and takes into account the ontological, environmental, affective, and ethical turns in the changed landscape of critical theory. She describes what is enduring in postcolonial thinking-as a critical perspective within the academy and as an attitude to the world that extends beyond the discipline of postcolonial studies.

- Pubblicata vent'anni fa, Postcolonial Theory di Leela Gandhi è stata una descrizione fondamentale del campo degli studi postcoloniali in termini teorici che ha posizionato il contesto intellettuale accanto al poststrutturalismo, al postmodernismo, al marxismo e al femminismo. Gandhi ha esaminato i contributi di importanti pensatori come Edward Said, Gayatri Spivak, Homi Bhabha e gli storici ‘subalternist’. Il libro indicava la relazione del postcolonialismo con i precedenti pensatori anticoloniali come Frantz Fanon, Albert Memmi, Ngu gi wa Thiong'o e MK Gandhi e spiegava concetti e scuole di pensiero a loro pertinenti: ibridazione, orientalismo, umanesimo, dialettica marxista, diaspora, nazionalismo, subalternità di genere, globalizzazione e femminismo postcoloniale. L'edizione riveduta di quest'opera classica riafferma il suo status di utile punto di partenza per i lettori nuovi al campo e di racconto provocatorio che apre possibilità di dibattito. Include aggiunte sostanziali: una nuova prefazione ed epilogo riposizionano gli studi postcoloniali all'interno di contesti intellettuali in evoluzione e fanno il punto su importanti sviluppi critici. Gandhi esamina le recenti alleanze con la teoria critica della razza e il postcolonialismo africanista, considera le sfide da prospettive postsecolari e postcritiche e tiene conto delle svolte ontologiche, ambientali, affettive ed etiche nel mutato panorama della teoria critica. Descrive ciò che è duraturo nel pensiero postcoloniale, come una prospettiva critica all'interno dell'accademia e come un atteggiamento nei confronti del mondo che si estende oltre la disciplina degli studi postcoloniali.

 

(a cura di Ferdinando Dubla - Subaltern studies Italia)


Dipesh Chakrabarty (Born 1948, in Kolkata, India)
storico, ha dato contributi alla teoria postcoloniale e agli studi subalterni





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