- Tra i
fondatori insieme a Guha dei Subaltern studies, l’antropologo e sociologo Arjun
Appadurai (Bombay, 1949) è un analista dei processi definiti di
‘globalizzazione’, delle forme della modernità nell’epoca migrante delle
de-territorializzazioni: se per Bauman la modernità è “liquida”, per Appadurai
è “in polvere”. Il livello di antagonismo di questo tipo di critica
postcoloniale è da ricercare nelle pieghe dell’indagine.
“Diversi
studi hanno posto in evidenza come l’idea di un ethos nazionale specifico,
lungi dall’essere espressione naturale di questo o quel luogo, venga invece
generata e naturalizzata con grande sforzo, grazie alla retorica della guerra e
del sacrificio, attraverso discipline vessatorie di uniformazione educativa e
linguistica, e attraverso la soppressione di una miriade di tradizioni locali e
regionali,(..)
La
globalizzazione, intesa come la forma specifica in cui sono venuti a
organizzarsi gli Stati, i mercati e le idee di commercio e governo, acuisce le
condizioni in cui si manifesta la violenza su larga scala perché apre una
potenziale rotta di collisione tra la logica dell’incertezza e quella
dell’incompletezza, ognuna delle quali ha la sua forma e la sua forza. In
quanto contesto generale del quadro mondiale durante gli anni Novanta, le forze
della globalizzazione producono le condizioni per una diffusione praticamente
planetaria dell’incertezza sociale (..). L’ansia da incompletezza (entro il
progetto della totale purezza nazionale) e il senso di incertezza sociale sulla
disponibilità di categorie etnorazziali sufficientemente ampie possono produrre
una forma inconsulta di rinforzo reciproco, che apre la strada al genocidio.”
da Arjun
Appadurai, Sicuri da morire - La violenza
nell’epoca della globalizzazione, a cura di Piero Vereni, introduzione ed.
digitale, Meltemi, 2017, [gli scritti raccolti nel testo sono del 2001 e 2002].
Le altre
opere tradotte in italiano di Appadurai sono:
- Modernità in polvere, Raffaello Cortina
Editore, 2012; prima ed. italiana fuori commercio, Meltemi Editore, 2001.
- Il Futuro come fatto culturale (ed.
italiana a cura di Ugo Fabietti), Raffaello Cortina Editore, 2014.
+ // Sullo
sfondo delle categorie socio-antropologiche coniate o utilizzate per
interpretare la contraddizione stato-nazione e sovranità vs.
nazionalismo-sovranismo su base etnica, rimane il convitato di pietra
dell’imperialismo occidentale, politico-militare, a guida ‘atlantica’, che
viene sempre più accompagnato dalla tendenza all’omogeneizzazione culturale
delle popolazioni, per cui la risposta su base etnica diventa risposta
reazionaria allo sradicamento identitario su base culturale. E’ questo,
crediamo, il quadro di un’ermeneutica postcoloniale che manda ‘in frantumi’ le
forme della modernità per ricollocarle nell’azione sociale politica della
trasformazione contemporanea.
/Subaltern
studies Italia/
Arjun Appadurai - Dal 2004 è professore
presso l'univ. New York school di New York. Fondatore e presidente
dell'organizzazione Partners for urban
knowledge action and research, è stato inoltre tra i fondatori della
rivista Public culture e del Chicago humanities institute presso
l'univ. di Chicago. Nei suoi primi studi si è occupato di religione, agricoltura
e cultura di massa in India. Le sue ricerche si sono in seguito focalizzate
sulle dinamiche postcoloniali e sui processi di mutamento culturale tipici
della modernità e della globalizzazione, sull'impatto dei mezzi di
comunicazione di massa nei paesi in via di sviluppo e su tutti quei fattori che
concorrono a definire il concetto di "modernità diffusa" quale
condizione permanente percepita dall'individuo moderno in perenne migrazione.
Si è occupato negli ultimi tempi anche dell’impatto sociale della
finanziarizzazione dell’economia capitalista:
Banking on words. The failure of language in the age of
derivative finance (2015; trad. it. 2016); Failure (con N. Alexander, 2019; trad. it. 2020).
Nessun commento:
Posta un commento