Subaltern studies Italia

L’analisi e la classe - a cura di Ferdinando Dubla

Powered By Blogger

mercoledì 8 giugno 2022

Antonio Gramsci: Contro il fascismo nascente / Introduzione di Luca Cangemi

 

Alle origini dell’antifascismo gramsciano

di Luca Cangemi

 

 

Cento anni fa il fascismo vinceva in Italia.

Con la violenza e grazie alla chiara complicità dell'esercito, della monarchia, degli apparati dello stato, veniva imposta una drammatica svolta al paese, una rottura eversiva, ma presto accuratamente coperta da una ipocrita veste legale. Le varie fazioni delle classi dirigenti (industriali e agrari in primo luogo) trovavano nel relativamente giovane partito mussoliniano non solo conforto della loro paura verso un movimento operaio sconfitto ma ancora di dimensioni imponenti ma anche una formula di gestione della società italiana, in cui guerra e crisi sociale avevano fatto saltare gli equilibri precedenti. Impressiona di fronte a questa svolta l'incapacità di comprendere il significato degli avvenimenti non solo dei ceti politici, che verranno ben presto travolti, ma in misura ancor più rilevante dei circuiti intellettuali principali. Si stagliano, eccezionalmente, su questo desolante panorama,  gli scritti di un giovane intellettuale e dirigente politico, sardo ma partecipe e protagonista della Torino operaia e del gruppo dirigente nazionale che sta dando vita in quei mesi al Partito Comunista Italiano: Antonio Gramsci. Alcuni di questi scritti li raccogliamo in volume. Essi sostanzialmente accompagnano, in tempo reale, il movimento fascista dalla sua nascita alla completa affermazione del regime.

Un altro centenario, che da poco abbiamo messo alle spalle, quello del congresso di Livorno, della scissione socialista e della nascita del Partito Comunista d'Italia nel gennaio del 1921, è stato occasione per una operazione storico-politico-mediatica costruita prendendo in esame l'atteggiamento del gruppo che a Livorno si separa dal PSI per costruire il PCd'I. L'accusa rivolta ai comunisti è stata quella di aver trascurato il fascismo e il pericolo che esso rappresentava, di averlo indistintamente confuso con le altre correnti politiche borghesi, di essersi concentrati sulla polemica interna alla sinistra fino a provocarne la divisione e, in definitiva, favorendo l'affermazione di Mussolini. Cause di tale colpevole cecità sarebbero state l'adesione al mito rivoluzionario dell'Ottobre e la concreta azione della Terza Internazionale, che avrebbe sostanzialmente eterodiretto la scissione e la nascita del nuovo partito. La raccolta di testi che qui presentiamo dimostra -innanzitutto - la completa falsità storica di questa tesi, oltreché la sua evidente strumentalità politica e ideologica.

Una scelta necessariamente ristretta tra uno spettro potenzialmente molto ampio di articoli, interventi, documenti in grado di testimoniare l'attenzione assai precoce quasi in presa diretta - che viene dedicata alla pericolosità del fascismo da Gramsci e dall'intero gruppo comunista che si raggruppa intorno all'Ordine Nuovo, cioè a quello che sarà prima uno dei nuclei fondanti del PCd'I (sin dall'inizio individuato come riferimento da Lenin e dal Partito bolscevico) e poi la fonte della cultura politica dei comunisti italiani nei decenni successivi. Sono altre le tradizioni politiche del nostro paese a cui può essere rimproverato qualcosa per lo sviluppo e l'affermazione del fascismo: da chi tentò di utilizzarlo, a chi non lo contrastò rifiutando la mobilitazione e cercando umilianti accordi, a chi partecipò al governo dopo la marcia su Roma.

I comunisti prima e dopo Livorno - certo con limiti e contraddizioni che saranno oggetto di un dibattito interno lungo e difficile - invece, non solo denunciarono con chiarezza l'ascesa di Mussolini ma provarono a spingere alla lotta un movimento operaio già sconfitto e ferito. Ne è saggio esemplare sin dal titolo e per l'asprezza del tono l'articolo, non tra i più conosciuti fra quelli di Gramsci, del 31 gennaio 1921 (La guerra è la guerra) in cui si spinge alla resistenza armata il proletariato torinese contro le iniziative fasciste nella roccaforte proletaria. Siamo a pochi giorni dalla conclusione del congresso di Livorno, di poche settimane precedenti il congresso è il più noto e analitico Il popolo delle scimmie. La presunta "disattenzione comunista" rispetto al fascismo appare francamente difficile da dimostrare. Nasce, invece, anche da quelle scelte e da quelle riflessioni, l'esperienza di un partito che pur piccolo e duramente colpito riesce a mantenere una propria presenza clandestina durante il ventennio, a rivestire un ruolo importante nella lotta alle avventure internazionali del fascismo (basti pensare alle Brigate Internazionali durante la guerra di Spagna) e infine a rappresentare il fulcro della Resistenza. Il fascismo - fin dal primo momento - non è solo un nemico mortale, è anche un problema. Cioè, per Gramsci e per  l'Ordine Nuovo contro il movimento fascista non va solo organizzata una lotta spietata, è necessario condurre uno studio sistematico. È estremamente chiaro - sin dall'inizio - che il fascismo è fenomeno complesso, dai caratteri inediti.

Non sarà un caso, dunque, se negli anni successivi, di fronte al consolidamento del regime fascista verranno proprio da coloro che hanno militato nell'Ordine Nuovo contributi di analisi straordinari, ancor oggi ritenuti imprescindibili da storici di ogni orientamento. Ci riferiamo, naturalmente, ai gramsciani Quaderni del carcere, alle straordinarie Lezioni sul fascismo tenute a Mosca da Togliatti ed anche al libro Nascita e avvento del fascismo di Angelo Tasca, una figura che seguì un percorso assai diverso e discusso. Per Gramsci, in particolare, il nesso tra crisi organica e sovversivismo delle classi dirigenti indica un terreno di riflessione che si sviluppa con continuità lungo tutto l'arco della sua elaborazione. Proprio il tema del fascismo segnala l'inesistenza di una cesura tra prima e dopo l'arresto nell'opera gramsciana, che certamente si sviluppa in condizioni, materiali e intellettuali, assai diverse prima e dopo l'arresto, ma che mantiene una netta e inconfondibile «grammatica». Questi testi che proponiamo - scritti tra la fine del 1920 e l'inizio del 1926 - presentano, dunque, oltre a un indubbio interesse di testimonianza storica, nuclei concettuali di straordinario valore. Il fascismo vi appare colto nella sua complessità e nella sua dinamicità, nel suo «farsi» attraverso le contraddizioni della società italiana e, allo stesso tempo, viene analizzato, precocemente, come fenomeno internazionale, intellegibile solo collocandolo nello scenario del mondo.

Questa chiarezza del nesso tra piano nazionale e piano internazionale, che verrà poi verificato dal diffondersi del fenomeno fascista in molti paesi, viene direttamente dal leninismo e dalla discussione, assai più ricca e articolata di come viene rappresentata, all'interno del Comintern.

«Solo mettendosi da un punto di vista internazionale.. si può valutare per intiero le cause... della reazione in Italia ma soltanto con un attento esame degli aspetti particolari che nell'Italia stessa aveva assunto la lotta di classe si può comprendere la portata reale del fenomeno fascista», afferma Togliatti in un altro testo assai importante, la relazione al IV Congresso della Terza Internazionale, scritto nel fatidico ottobre del 1922. Da qui parte dunque quella necessità, che sarà così tipica dei Quaderni, di ricostruire, rileggendola, la storia italiana  ma anche quello sforzo che potremmo definire, persino, antropologico di comprendere le «forze elementari» che il fascismo ha evocato nel profondo della società italiana. Di grande importanza è anche l'attenzione che Gramsci pone al modo singolare in cui il fascismo si inserisce nella lotta di classe del nostro paese, proponendosi come forma moderna di unificazione delle classi dominanti e come forma di egemonia borghese adeguata a una società in cui hanno fatto irruzione le masse e che ha vissuto l'esperienza devastante della guerra (l'attenzione all'impatto sociale e, in senso ampio, culturale della guerra è straordinario in Gramsci). Sono temi che anticipano di decenni successive acquisizioni storiografiche e che riguardano il dibattito sul «totalitarismo». Totalitarismo è termine fuorviante e inutilizzabile in quanto trasformato, da molto tempo, in un arnese ideologico da guerra fredda (e non a caso oggi rispolverato) ma la questione delle trasformazioni del potere nella società di massa del Novecento è invece un terreno importante di indagine. In questo quadro di grande acutezza sono le analisi del pensatore sardo sulle articolazioni interne del movimento fascista, in particolare tra piccola borghesia e grandi interessi capitalistici, tra fascismo urbano e fascismo agrario («i due fascismi»). È infine di straordinaria importanza e lungimiranza la netta caratterizzazione del fascismo come inevitabilmente imperialista e aggressivo, teso a esportare all'esterno le contraddizioni (e le miserie) della borghesia italiana. Tutto questo lavoro - in cui politica militante e riflessione intellettuale procedono in modo indissolubile -  trova una sistemazione organica e impegnativa nelle tesi per il terzo congresso del Partito Comunista d'Italia, che si svolge a Lione nel gennaio del 1926 e che rappresenta una tappa fondamentale nello sviluppo della linea e della cultura politica dei comunisti in Italia. Concludiamo la nostra breve rassegna di testi con significativi passi sulla politica del fascismo, tratti appunto dalle Tesi di Lione. Qualche mese dopo Gramsci sarebbe stato arrestato, mentre il regime fascista completava il suo consolidamento. Il fascismo non è stato una parentesi improvvisa nella storia italiana e se questa affermazione è ormai difficilmente contestabile rispetto agli anni precedenti il ventennio, essa è in qualche misura valida anche rispetto alla fase successiva. La Resistenza, la Repubblica, la Costituzione rappresentano certamente una svolta profonda, ma forti elementi di continuità hanno continuato a persistere nella società, nelle classi dominanti, negli apparati statali, pesando in mille modi, anche tragici e inquietanti, sui passaggi più delicati della vita nazionale. Fino ad arrivare a tentativi aperti di rilegittimazione del fascismo funzionali a una precisa visione della società italiana e alla sua collocazione in una scena internazionale segnata dai pericoli di guerra. Non intendiamo appiattire la prospettiva storica, i problemi di oggi sono ben diversi da quelli degli anni Venti, ma dal pensiero forte gramsciano che si contrappose alla marea fascista montante riceviamo ancora oggi un contributo alla comprensione di processi profondi. E soprattutto abbiamo un metodo da imparare.

Questa raccolta di scritti di Antonio Gramsci, più che altro una costellazione di suggestioni, vuole essere stimolo alla riflessione e all'approfondimento, rivolto in particolare alle giovani generazioni.

 

 

dall' Introduzione a Antonio Gramsci, Contro il fascismo nascente, Lunaria, 2022, a cura di Luca Cangemi


Luca Cangemi

Docente di filosofia e storia, dottore di ricerca in scienze politiche e autore di L’elefante e la metropoli; L’india tra storia e globalizzazione (2012) e Altri Confini; IL PCI contro l’europeismo (2019). Militante del PCI e PRC, è stato membro della Camera dei deputati nella XI e XIII legislatura.






Nessun commento:

Posta un commento