Alle
origini dell’antifascismo gramsciano
di Luca Cangemi
Cento anni
fa il fascismo vinceva in Italia.
Con la
violenza e grazie alla chiara complicità dell'esercito, della monarchia, degli
apparati dello stato, veniva imposta una drammatica svolta al paese, una
rottura eversiva, ma presto accuratamente coperta da una ipocrita veste legale.
Le varie fazioni delle classi dirigenti (industriali e agrari in primo luogo)
trovavano nel relativamente giovane partito mussoliniano non solo conforto della
loro paura verso un movimento operaio sconfitto ma ancora di dimensioni
imponenti ma anche una formula di gestione della società italiana, in cui
guerra e crisi sociale avevano fatto saltare gli equilibri precedenti.
Impressiona di fronte a questa svolta l'incapacità di comprendere il
significato degli avvenimenti non solo dei ceti politici, che verranno ben
presto travolti, ma in misura ancor più rilevante dei circuiti intellettuali
principali. Si stagliano, eccezionalmente, su questo desolante panorama, gli scritti di un giovane intellettuale e
dirigente politico, sardo ma partecipe e protagonista della Torino operaia e
del gruppo dirigente nazionale che sta dando vita in quei mesi al Partito
Comunista Italiano: Antonio Gramsci. Alcuni di questi scritti li raccogliamo in
volume. Essi sostanzialmente accompagnano, in tempo reale, il movimento
fascista dalla sua nascita alla completa affermazione del regime.
Un altro
centenario, che da poco abbiamo messo alle spalle, quello del congresso di
Livorno, della scissione socialista e della nascita del Partito Comunista
d'Italia nel gennaio del 1921, è stato occasione per una operazione
storico-politico-mediatica costruita prendendo in esame l'atteggiamento del
gruppo che a Livorno si separa dal PSI per costruire il PCd'I. L'accusa rivolta
ai comunisti è stata quella di aver trascurato il fascismo e il pericolo che
esso rappresentava, di averlo indistintamente confuso con le altre correnti
politiche borghesi, di essersi concentrati sulla polemica interna alla sinistra
fino a provocarne la divisione e, in definitiva, favorendo l'affermazione di
Mussolini. Cause di tale colpevole cecità sarebbero state l'adesione al mito
rivoluzionario dell'Ottobre e la concreta azione della Terza Internazionale,
che avrebbe sostanzialmente eterodiretto la scissione e la nascita del nuovo
partito. La raccolta di testi che qui presentiamo dimostra -innanzitutto - la
completa falsità storica di questa tesi, oltreché la sua evidente strumentalità
politica e ideologica.
Una scelta
necessariamente ristretta tra uno spettro potenzialmente molto ampio di
articoli, interventi, documenti in grado di testimoniare l'attenzione assai
precoce quasi in presa diretta - che viene dedicata alla pericolosità del
fascismo da Gramsci e dall'intero gruppo comunista che si raggruppa intorno
all'Ordine Nuovo, cioè a quello che sarà prima uno dei nuclei fondanti del
PCd'I (sin dall'inizio individuato come riferimento da Lenin e dal Partito
bolscevico) e poi la fonte della cultura politica dei comunisti italiani nei
decenni successivi. Sono altre le tradizioni politiche del nostro paese a cui
può essere rimproverato qualcosa per lo sviluppo e l'affermazione del fascismo:
da chi tentò di utilizzarlo, a chi non lo contrastò rifiutando la mobilitazione
e cercando umilianti accordi, a chi partecipò al governo dopo la marcia su
Roma.
I
comunisti prima e dopo Livorno - certo con limiti e contraddizioni che saranno
oggetto di un dibattito interno lungo e difficile - invece, non solo
denunciarono con chiarezza l'ascesa di Mussolini ma provarono a spingere alla
lotta un movimento operaio già sconfitto e ferito. Ne è saggio esemplare sin
dal titolo e per l'asprezza del tono l'articolo, non tra i più conosciuti fra
quelli di Gramsci, del 31 gennaio 1921 (La
guerra è la guerra) in cui si spinge alla resistenza armata il proletariato
torinese contro le iniziative fasciste nella roccaforte proletaria. Siamo a
pochi giorni dalla conclusione del congresso di Livorno, di poche settimane
precedenti il congresso è il più noto e analitico Il popolo delle scimmie. La presunta "disattenzione
comunista" rispetto al fascismo appare francamente difficile da
dimostrare. Nasce, invece, anche da quelle scelte e da quelle riflessioni,
l'esperienza di un partito che pur piccolo e duramente colpito riesce a
mantenere una propria presenza clandestina durante il ventennio, a rivestire un
ruolo importante nella lotta alle avventure internazionali del fascismo (basti
pensare alle Brigate Internazionali durante la guerra di Spagna) e infine a
rappresentare il fulcro della Resistenza. Il fascismo - fin dal primo momento -
non è solo un nemico mortale, è anche un problema. Cioè, per Gramsci e
per l'Ordine Nuovo contro il movimento fascista non va solo
organizzata una lotta spietata, è necessario condurre uno studio sistematico. È
estremamente chiaro - sin dall'inizio - che il fascismo è fenomeno complesso,
dai caratteri inediti.
Non sarà
un caso, dunque, se negli anni successivi, di fronte al consolidamento del
regime fascista verranno proprio da coloro che hanno militato nell'Ordine Nuovo
contributi di analisi straordinari, ancor oggi ritenuti imprescindibili da
storici di ogni orientamento. Ci riferiamo, naturalmente, ai gramsciani Quaderni del carcere, alle straordinarie
Lezioni sul fascismo tenute a Mosca
da Togliatti ed anche al libro Nascita e
avvento del fascismo di Angelo Tasca, una figura che seguì un percorso
assai diverso e discusso. Per Gramsci, in particolare, il nesso tra crisi
organica e sovversivismo delle classi dirigenti indica un terreno di riflessione
che si sviluppa con continuità lungo tutto l'arco della sua elaborazione.
Proprio il tema del fascismo segnala l'inesistenza di una cesura tra prima e
dopo l'arresto nell'opera gramsciana, che certamente si sviluppa in condizioni,
materiali e intellettuali, assai diverse prima e dopo l'arresto, ma che
mantiene una netta e inconfondibile «grammatica». Questi testi che proponiamo -
scritti tra la fine del 1920 e l'inizio del 1926 - presentano, dunque, oltre a
un indubbio interesse di testimonianza storica, nuclei concettuali di
straordinario valore. Il fascismo vi appare colto nella sua complessità e nella
sua dinamicità, nel suo «farsi» attraverso le contraddizioni della società
italiana e, allo stesso tempo, viene analizzato, precocemente, come fenomeno
internazionale, intellegibile solo collocandolo nello scenario del mondo.
Questa
chiarezza del nesso tra piano nazionale e piano internazionale, che verrà poi
verificato dal diffondersi del fenomeno fascista in molti paesi, viene
direttamente dal leninismo e dalla discussione, assai più ricca e articolata di
come viene rappresentata, all'interno del Comintern.
«Solo
mettendosi da un punto di vista internazionale.. si può valutare per intiero le
cause... della reazione in Italia ma soltanto con un attento esame degli
aspetti particolari che nell'Italia stessa aveva assunto la lotta di classe si
può comprendere la portata reale del fenomeno fascista», afferma Togliatti in
un altro testo assai importante, la relazione al IV Congresso della Terza
Internazionale, scritto nel fatidico ottobre del 1922. Da qui parte dunque
quella necessità, che sarà così tipica dei Quaderni,
di ricostruire, rileggendola, la storia italiana ma anche quello sforzo che potremmo definire,
persino, antropologico di comprendere le «forze elementari» che il fascismo ha
evocato nel profondo della società italiana. Di grande importanza è anche
l'attenzione che Gramsci pone al modo singolare in cui il fascismo si inserisce
nella lotta di classe del nostro paese, proponendosi come forma moderna di
unificazione delle classi dominanti e come forma di egemonia borghese adeguata
a una società in cui hanno fatto irruzione le masse e che ha vissuto
l'esperienza devastante della guerra (l'attenzione all'impatto sociale e, in
senso ampio, culturale della guerra è straordinario in Gramsci). Sono temi che
anticipano di decenni successive acquisizioni storiografiche e che riguardano
il dibattito sul «totalitarismo». Totalitarismo è termine fuorviante e
inutilizzabile in quanto trasformato, da molto tempo, in un arnese ideologico
da guerra fredda (e non a caso oggi rispolverato) ma la questione delle
trasformazioni del potere nella società di massa del Novecento è invece un
terreno importante di indagine. In questo quadro di grande acutezza sono le analisi
del pensatore sardo sulle articolazioni interne del movimento fascista, in
particolare tra piccola borghesia e grandi interessi capitalistici, tra
fascismo urbano e fascismo agrario («i due fascismi»). È infine di
straordinaria importanza e lungimiranza la netta caratterizzazione del fascismo
come inevitabilmente imperialista e aggressivo, teso a esportare all'esterno le
contraddizioni (e le miserie) della borghesia italiana. Tutto questo lavoro -
in cui politica militante e riflessione intellettuale procedono in modo
indissolubile - trova una sistemazione
organica e impegnativa nelle tesi per il terzo congresso del Partito Comunista
d'Italia, che si svolge a Lione nel gennaio del 1926 e che rappresenta una
tappa fondamentale nello sviluppo della linea e della cultura politica dei
comunisti in Italia. Concludiamo la nostra breve rassegna di testi con
significativi passi sulla politica del fascismo, tratti appunto dalle Tesi di
Lione. Qualche mese dopo Gramsci sarebbe stato arrestato, mentre il regime fascista
completava il suo consolidamento. Il fascismo non è stato una parentesi
improvvisa nella storia italiana e se questa affermazione è ormai difficilmente
contestabile rispetto agli anni precedenti il ventennio, essa è in qualche
misura valida anche rispetto alla fase successiva. La Resistenza, la
Repubblica, la Costituzione rappresentano certamente una svolta profonda, ma
forti elementi di continuità hanno continuato a persistere nella società, nelle
classi dominanti, negli apparati statali, pesando in mille modi, anche tragici
e inquietanti, sui passaggi più delicati della vita nazionale. Fino ad arrivare
a tentativi aperti di rilegittimazione del fascismo funzionali a una precisa
visione della società italiana e alla sua collocazione in una scena internazionale
segnata dai pericoli di guerra. Non intendiamo appiattire la prospettiva
storica, i problemi di oggi sono ben diversi da quelli degli anni Venti, ma dal
pensiero forte gramsciano che si contrappose alla marea fascista montante
riceviamo ancora oggi un contributo alla comprensione di processi profondi. E
soprattutto abbiamo un metodo da imparare.
Questa
raccolta di scritti di Antonio Gramsci, più che altro una costellazione di
suggestioni, vuole essere stimolo alla riflessione e all'approfondimento, rivolto
in particolare alle giovani generazioni.
dall' Introduzione a Antonio Gramsci, Contro il fascismo nascente, Lunaria, 2022, a cura di Luca Cangemi
Luca Cangemi
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