Ania Loomba,
1998, 16
Il dibattito nella critica postcoloniale sulla costituzione della soggettività antagonista e della parola ai subalterni (2a parte). La 1a parte è stata pubblicata l'11 giugno 2022.
http://ferdinandodubla.blogspot.com/2022/06/i-subalterni-possono-parlare-ania.html
Ania Loomba - Colonialismo/Postcolonialismo
Per una élite sociale, gli elementi dei gruppi subalterni hanno sempre alcunché di barbarico e di patologico.
Antonio
Gramsci, Quaderno 25 ed. 1975 pag.2279
Ania Loomba,
1998, 236
La nostra sfida attuale è proprio quella di cercare di
capire come le classi inferiori che vogliamo studiare siano costruite in modi
conflittuali come soggetti, ma allo stesso tempo trovino anche, attraverso la
lotta, il modo di realizzarsi in modi coerenti e centrati soggettivamente in
qualità di soggetti-agenti.
O’Hanlon e Washbrook, After Orientalism, 1992
Le relazioni fra noi e i “subalterni” che cerchiamo di
portare alla luce si basano anche sul fatto che le storie del passato
continuano a dare forma al mondo in cui viviamo.
Ania Loomba,
1998, 237
Non bisogna pensare che solo quanti si trovano in situazioni di estrema
marginalità siano i "veri" subalterni e che solo le loro voci debbano
essere "recuperate". Allo stesso tempo dovremmo ricordare che quanti,
sulle orme di Gramsci, hanno recuperato questo termine per gli studi storici lo
hanno fatto per creare delle distinzioni all'interno
delle popolazioni colonizzate, fra l'élite e il resto della società. Chiunque
siano i subalterni, essi sono presenti simultaneamente in diversi discorsi sul
potere e sulla resistenza. La relazione fra colonizzatore e colonizzato era, in
fin dei conti, continuamente attraversata e divisa da molte altre forme di
relazioni di potere. Ciò significa anche che qualunque esempio di
soggettività-agente, o qualunque atto di ribellione, può essere letto in molti
modi. Frederick Cooper (Conflict and Connection:
Rethinking Colonial African History, The
American Historical Review, Vol.99. nr.5, dec. 1994) per esempio,
ci invita a riflettere se considerare le azioni della classe operaia nell'Africa
francese e britannica come un esempio di militanza africana, della lotta
universale della classe operaia o della riuscita cooptazione degli africani
nelle pratiche occidentali. Cooper ci ricorda che "tutte e tre le letture
contengono delle verità, ma il punto importante è la loro relazione dinamica":
i movimenti operai si trovavano in una tensione creativa con le lotte
anticoloniali, come quelle rurali e contadine con le forme di ribellione più
urbane e occidentalizzate. Si può quindi pensare ai soggetti individuali e
collettivi in molti modi in uno stesso momento e dobbiamo rimanere aperti sul
significato che possono assumere subalternità e dominazione. Si tratta di una
questione di primaria importanza. porre i subalterni in una molteplicità di
gerarchie non è abbastanza. dobbiamo pensare anche alla relazione cruciale fra queste gerarchie, fra diverse
possibilità e diversi discorsi. (..)
Lata Mani sottolinea che il nostro
impegno nella ricerca delle voci subalterne può spostarsi fra diverse location. Per questo la studiosa propone
una distinzione tra il modo in cui il suo lavoro sulle sati messe a tacere ha trovato una risonanza nelle università
americane, in Inghilterra e in India. Occuparsi di queste differenze l'ha
portata a formulare in modo nuovo la domanda da cui eravamo partiti:
La domanda
"I subalterni possono parlare?" dovrebbe forse essere trasformata in
una serie di interrogativi: quale gruppo costituisce i subalterni in un testo
dato? qual è la loro relazione vicendevole? come si può riconoscere, in un
determinato insieme di materiali, se essi stiano parlando o invece tacciano? e
con quale effetto?... +
+ Lata Mani, Cultural
Theory, Colonial Texts: Reading Eyewitness Accounts of Widow Burning, in Cultural
Studies, 1992, Routledge, pag.403
da Ania Loomba -
Colonialismo/Postcolonialismo, Meltemi, 2000, pp. 232-233 e 237.
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