L’orientamento della
mobilitazione dell’élite tendeva a essere più legalista e costituzionalista,
mentre la mobilitazione dei subalterni era relativamente più violenta. La prima
era, nell’insieme, più cauta e controllata, la seconda più spontanea. Nel
periodo coloniale la forma più generale della mobilitazione popolare era quella
delle sollevazioni contadine: e, d’altro canto, anche nelle molte occasioni
storiche in cui sono state coinvolte grandi masse di lavoratori e di membri
della piccola borghesia nelle aree urbane, la forma di mobilitazione derivava
direttamente dal paradigma della rivolta contadina.
Ranajit Guha in Guha e Spivak, Subaltern
studies - Modernità e (post)colonialismo, (a cura di Sandro Mezzadra) ombre
corte, 2002, pag.36
Guha, Subaltern Studies Italia, Ammendolia, Musolino, Villari
- Aspro Montano (3)
- Repressione a Caulonia
- Coloni e colonizzazione mafiosa
- Rosario Villari: esperienza
aspro montana nel 1949
ASPRO MONTANO (3.)
Un’indagine storico-politica che intende
mettere in evidenza il protagonismo di massa dei contadini del Mezzogiorno
d’Italia all’indomani dello sbarco alleato nel periodo 1943-1945. Un movimento
di insorgenze prevalentemente bracciantili che riannodava i fili della lotta
per le terre incolte o malcoltivate stroncate dal fascismo, espressione armata
di regime del dominio dei grandi agrari assenteisti e del latifondo fondiario.
Il culmine della nuova stagione di lotte del ruralismo meridionale si avrà nel
1949, ma aveva ripreso nuovamente vigore nel 1945, prima della liberazione del
Nord Italia. La Repubblica “rossa” di Caulonia, ai piedi dell’Aspromonte,
animata da Pasquale Cavallaro, lo dimostra. La repressione poliziesca e
giudiziaria frustrò le speranze di riscatto delle ‘plebi rustiche’, espressione
coniata da Ernesto de Martino che ne studiò successivamente le conformazioni
culturali. Quanto di quella frustrazione sociale è alla base della
trasformazione della questione meridionale, analizzata da Antonio Gramsci e dal
meridionalismo storico, anche di matrice liberale, in ‘questione criminale’? La
quaestio era stata d’altra parte impostata così dalla pseudoscienza di Cesare
Lombroso alla fine del XIX secolo in termini di tare genetiche. Conferme
venivano dalle ricostruzioni storiografiche che vedevano la mafia alleata degli
angloamericani nello sbarco in Sicilia del 1943, della consegna delle armi a
raggruppamenti inquinati dalle organizzazioni malavitose, l’accusa, mossa allo
stesso Cavallaro, di essere contiguo a quella che veniva definita ‘l’onorata
società’. Almeno fino alla mattanza di Portella delle Ginestre del 1 maggio
1947. I partiti e le organizzazioni della sinistra storica, il PCI, il PSI, le
Camere del lavoro che riprendevano il lavoro di organizzazione e
‘coscientizzazione’ del moto della rivolta per la terra, sostennero le
‘insorgenze’ e il diffuso malcontento con la parola d’ordine della ‘terra ai
contadini’, ma con il limite delle tattiche politiche per il condizionamento
sui governi di matrice unitaria e sullo scenario dell’occupazione delle truppe
angloamericane.
REPRESSIONE A CAULONIA
“Partiti da Salerno, pieni (a parole) di buoni propositi
e di fiere dichiarazioni, non potrete arrivare ad altro che a Caulonia.”,
Palmiro Togliatti, l’Unità, 20 marzo
1945.
Oggi, con tutta la serenità d’animo possibile ad oltre
mezzo secolo di distanza, possiamo affermare che i ribelli di Caulonia
chiedevano, “sopra ogni altra cosa” la punizione dei fascisti? Non v’è alcun
dubbio che, se il detonatore dell’esplosione fu la miseria, così come affermava
E. Musolino, l’obiettivo della rivoluzione fu la riforma agraria, che
significava diritto al lavoro e quindi libertà dal bisogno, e proprio
attraverso la proprietà delle terre, speravano di riscattarsi da lungo
servaggio e conquistare la dignità di uomini.
Ilario Ammendolia, Occupazione
delle terre in Calabria - 1945-1949, (Proletari senza rivoluzione),
Gangemi, 1990, pp. 9-10.
“Oltre duecento persone furono arrestate
e percosse a sangue e poi messe sotto processo, che venne celebrato alla Corte
di assise di Locri. + Pasquale Cavallaro fu condannato non solo come promotore
della sommossa in forza del telegramma, + ma anche come mandante in assassinio
nella persona del parroco Amato, del quale reato era certamente innocente.
Infatti, la Corte d’appello di Catanzaro, con sentenza del 17 gennaio 1958, in
riforma di quella della Corte d’assise di Locri, condannò il Cavallaro alla
pena di anni 18 per concorso nell’omicidio. Tale pena fu ridotta ad anni sei
per il disposto dell’art.9 del Decreto L. del 22.4.1946 n.41. (..) Così si
chiuse la storia della famosa repubblica di Caulonia, il cui epilogo servì a
far conoscere quali erano le condizioni di vita delle nostre popolazioni,
portate ad agire caoticamente, talvolta, per motivi estranei ai loro veri
interessi di classe, ma in realtà sospinte dalle secolari sofferenze di una
vita grama e arretrata.”, Eugenio Musolino, all’epoca dei fatti segretario
provinciale della federazione PCI di Reggio Calabria, in AA.VV., La Repubblica rossa di Caulonia - Una
rivoluzione tradita?, Casa del libro di Reggio Calabria, 1977, pp.139-149.
Contiene l’intervista di Sharo Gambino a Pasquale Cavallaro, apparsa a puntate
su Calabria Oggi nei numeri che vanno dal 4 novembre al 30
dicembre 1976. Tale intervista, assieme al dibattito ad essa seguito sulle
pagine del periodico, è stata successivamente pubblicata nel volume in
questione di cui sono autori Pasquino Crupi, Sharo Gambino, Enzo Misefari ed
Eugenio Musolino.
+
·
Il 5 aprile 1945, ad un mese dalla rivolta, Cavallaro
aveva inviato un telegramma al prefetto Priolo, minacciando un’altra sommossa.
·
Il processo per la rivolta di Caulonia si aprì a Locri
il 23 giugno 1947 contro ben 365 imputati. Con la sentenza emessa il 23 agosto
1947 furono tutti amnistiati, tranne Ilario Bava e Giuseppe Manno, accusati di
essere gli esecutori materiali dell’omicidio del parroco, nonchè Pasquale
Cavallaro, indicato come mandante senza alcuna prova e contro i quali si
stabilì la prosecuzione del procedimento.
Le vicende della spartizione delle terre
demaniali, risoltasi in un ulteriore arricchimento dei proprietari terrieri, e
quella dell’affrancazione degli usi civili attraverso la quale si tolsero alle
popolazioni i loro antichi diritti senza alcun apprezzabile compenso, o, ancora
peggio, quella della liquidazione dell’asse ecclesiastico; che volle dire la
scandalosa dilapidazione di un ingentissimo patrimonio collettivo a vantaggio
di pochi privilegiati. (Emilio Sereni, Il
Mezzogiorno all’opposizione, Einaudi, 1948, cit. da Pasquino Crupi, in op.cit.
La Repubblica rossa di Caulonia, pag.
141.
COLONI
E COLONIZZAZIONE MAFIOSA
di Eugenio Musolino
”Borghesia mafiosa” è espressione
che è entrata anche nel lessico della battaglia politica: con essa si intende,
seguendo la traccia dell’analisi di Mario Casaburi, il processo che ha portato
la deprivazione materiale e culturale di settori della popolazione meridionale
ad “incistare” il sistema, nello specifico il sistema capitalistico,
contravvenendo alle sue ‘regole’ con modalità illegali criminali, sebbene
funzionale ad esso. La questione sociale diventa così questione criminale da
affidare agli apparati repressivi di uno Stato fortemente attraversato, sistematicamente appunto, dalla fronda malavitosa da sè prodotta e che da
subalterna diventa egemone e parte della classe dominante.
- Per denigrare la Repubblica di
Caulonia guidata da Pasquale Cavallaro nel marzo 1945, furono utilizzate
categorie come ‘collusione mafiosa’ o ’inquinamento malavitoso’ per
depotenziarne la potenzialità sovversiva. Così la analizza Eugenio Musolino,
all'epoca dei fatti segretario provinciale del PCI di Reggio Calabria. Egli ne
scrive nel 1977.
- di Mario Casaburi cfr. Borghesia mafiosa. La 'ndrangheta dalle
origini ai giorni nostri, Dedalo, 2010
Cavallaro, dunque,
caduto il fascismo, incitò, con l'appoggio della mafia locale capeggiata da un
certo Cirillo, i contadini a ribellarsi contro le poche famiglie padronali che
detenevamo il primato. La condizione dei contadini rasentava la schiavitù. Non
esistevano patti colonici giuridicamente costituiti, vigeva soltanto l'uso consuetudinario
di un rapporto che il proprietario stabiliva e che il colono doveva accettare
se voleva vivere e avere un tetto sia pure assai misero. Si è già detto che al
colono era destinato il quinto o il sesto del prodotto, delle regalie che egli
doveva al padrone in occasione delle feste natalizie e pasquali e nella
ricorrenza del suo onomastico. Il padrone, inoltre, esigeva il servizio
domestico da parte della moglie del colono, servizio che doveva essere
gratuito. Il controllo della condizione colonica veniva esercitato da un
fiduciario del padrone, chiamato fattore, una mansione questa che corrispondeva
a quella di campiere in Sicilia. Questi, nell'opera di mediazione, aggiungeva
il suo personale sfruttamento, intascando anch'egli regalie, spesso dalle due
parti. Il fenomeno della mafia in Sicilia e in Calabria fu anche opera di
questi fattori. Il codice civile limitava a qualche articolo il dispotismo
padronale, ma quale colono avrebbe avuto il coraggio di ricorrere alla
giustizia per avere ragione sul padrone, per le ingiustizie subite? Ciò avrebbe
causato la sua espulsione dal fondo, con la conseguenza di non trovare altra
colonia. I padroni erano solidali tra loro e non intendevano accogliere nelle
loro proprietà contadini ribelli. Ora la questione dell'usurpazione del demanio
veniva a immiserire la condizione dei contadini che dalle terre comunali
traevano non pochi vantaggi: legno, frutta, pascoli, eccetera. Cavallaro, dunque, voleva legare il suo nome
a un'opera di giustizia resa al popolo e con i suoi figli si preparava
all'azione. Si era rifornito di armi reperite
dai soldati in ritirata e sottratte anche ai fascisti del luogo. Tutto
questo non poteva non preoccupare autorità e prefetto.
da Eugenio Musolino, Una rivolta escamisada, sta in Crupi, Gambino,Misefari, Musolino - La Repubblica rossa di Caulonia - op.cit.,
pp.122-124.
ROSARIO VILLARI
- ESPERIENZA ASPRO MONTANA nel 1949
il racconto autobiografico del grande storico de “Il Sud
nella storia d’Italia”
In gran parte delle regioni meridionali la base su cui si
è costituito il movimento comunista è stata la solidarietà nei confronti delle
masse contadine, il superamento di antiche barriere che isolavano i contadini e
contribuivano a mantenerli in condizione di estrema povertà e di totale
soggezione. (..) Nell’inverno del 1949 si svilupparono in Calabria grandi
movimenti contadini. La provincia di Reggio era in grande agitazione
soprattutto nel versante tirrenico, dove si concentrarono quasi tutti i
dirigenti provinciali del partito e dove furono contemporaneamente convogliate
quasi tutte le forze di polizia disponibili nella provincia. Ma mentre nella
Piana di Gioia Tauro erano in corso aspre lotte e si veniva dispiegando in
tutta la sua ampiezza un forte movimento di braccianti e di contadini poveri,
qualche segno di fermento cominciò a manifestarsi anche nel versante jonico. Il
comitato regionale - di cui era segretario Mario Alicata - decise di
intervenire anche in questa parte della provincia, dove tuttavia l’estrema
polverizzazione sociale delle categorie contadine e l’assenza di una fascia
consistente di bracciantato rendevano difficile lo sviluppo di un movimento di
lotta. Vi era anche l’esigenza di alleggerire la pressione che le forze di
polizia esercitavano sui braccianti della Piana di Gioia Tauro. Si decise
quindi di inviare alcuni compagni anche nel versante jonico della provincia ed
io fui assegnato alla zona di Caulonia. Ero giovanissimo e del tutto inesperto
dei problemi delle campagne; avevo una visione generica e libresca della
riforma agraria, senza concreti agganci con la situazione reale della
provincia; e non avevo la più pallida idea del modo in cui si potessero
mobilitare e mettere in movimento categorie contadine diverse da quelle dei
braccianti poveri, i piccoli coloni, i piccolissimi proprietari ecc. Ero quindi
molto a disagio mentre mi accingevo a partire per la missione che mi era stata
affidata. Musolino si rese conto delle mie preoccupazioni e, pur in quel momento
di tensione, trovò il tempo per chiamarmi a sè e darmi le necessarie
spiegazioni che invano avevo chiesto ad altri compagni. Mi disse che in quella
zona la questione su cui si poteva fare leva per far partecipare le varie
categorie contadine alla più generale mobilitazione per la riforma agraria era
quella dell’applicazione della legge sulle bonifiche, la questione dei terreni
che erano stati riconquistati alla coltura attraverso le opere di sistemazione
dei bacini torrentizi e che dovevano essere affidati ai contadini. Fu una
indicazione preziosa, che si rivelò corrispondente alle esigenze dei contadini
della zona di Caulonia; convinti della giustezza di questa rivendicazione, essi
trovarono la forza per uscire dalla prostrazione e dall’ avvilimento in cui
erano caduti dopo la repressione seguita alla rivolta del 1945.
tratto dalla Prefazione di Rosario Villari a Eugenio
Musolino, Quarant’anni di lotte in
Calabria, Teti, 1977, pp.5-6.
Precedenti:
Aspro Montano (1) http://ferdinandodubla.blogspot.com/2022/06/aspro-montano-la-breve-vita-della.html
Aspro Montano (2) http://ferdinandodubla.blogspot.com/2022/06/aspro-montano-caulonia-la-repubblica.html
http://lavoropolitico.it/meridiano_sud.htm
[Caulonia (Reggio Calabria), 21 aprile 1891 – Gerace (Reggio Calabria), 17 luglio 1973]
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