Subaltern studies Italia

L’analisi e la classe - a cura di Ferdinando Dubla

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sabato 20 agosto 2022

Caulonia e l'#insorgenza meridionale

 

L’orientamento della mobilitazione dell’élite tendeva a essere più legalista e costituzionalista, mentre la  mobilitazione dei subalterni era relativamente più violenta. La prima era, nell’insieme, più cauta e controllata, la seconda più spontanea. Nel periodo coloniale la forma più generale della mobilitazione popolare era quella delle sollevazioni contadine: e, d’altro canto, anche nelle molte occasioni storiche in cui sono state coinvolte grandi masse di lavoratori e di membri della piccola borghesia nelle aree urbane, la forma di mobilitazione derivava direttamente dal paradigma della rivolta contadina.

Ranajit Guha in Guha e Spivak, Subaltern studies - Modernità e (post)colonialismo, (a cura di Sandro Mezzadra) ombre corte, 2002, pag.36

 

Guha, Subaltern Studies Italia, Ammendolia, Musolino, Villari

 

  • Aspro Montano (3)
  • Repressione a Caulonia
  • Coloni e colonizzazione mafiosa
  • Rosario Villari: esperienza aspro montana nel 1949

 

ASPRO MONTANO (3.)

Un’indagine storico-politica che intende mettere in evidenza il protagonismo di massa dei contadini del Mezzogiorno d’Italia all’indomani dello sbarco alleato nel periodo 1943-1945. Un movimento di insorgenze prevalentemente bracciantili che riannodava i fili della lotta per le terre incolte o malcoltivate stroncate dal fascismo, espressione armata di regime del dominio dei grandi agrari assenteisti e del latifondo fondiario. Il culmine della nuova stagione di lotte del ruralismo meridionale si avrà nel 1949, ma aveva ripreso nuovamente vigore nel 1945, prima della liberazione del Nord Italia. La Repubblica “rossa” di Caulonia, ai piedi dell’Aspromonte, animata da Pasquale Cavallaro, lo dimostra. La repressione poliziesca e giudiziaria frustrò le speranze di riscatto delle ‘plebi rustiche’, espressione coniata da Ernesto de Martino che ne studiò successivamente le conformazioni culturali. Quanto di quella frustrazione sociale è alla base della trasformazione della questione meridionale, analizzata da Antonio Gramsci e dal meridionalismo storico, anche di matrice liberale, in ‘questione criminale’? La quaestio era stata d’altra parte impostata così dalla pseudoscienza di Cesare Lombroso alla fine del XIX secolo in termini di tare genetiche. Conferme venivano dalle ricostruzioni storiografiche che vedevano la mafia alleata degli angloamericani nello sbarco in Sicilia del 1943, della consegna delle armi a raggruppamenti inquinati dalle organizzazioni malavitose, l’accusa, mossa allo stesso Cavallaro, di essere contiguo a quella che veniva definita ‘l’onorata società’. Almeno fino alla mattanza di Portella delle Ginestre del 1 maggio 1947. I partiti e le organizzazioni della sinistra storica, il PCI, il PSI, le Camere del lavoro che riprendevano il lavoro di organizzazione e ‘coscientizzazione’ del moto della rivolta per la terra, sostennero le ‘insorgenze’ e il diffuso malcontento con la parola d’ordine della ‘terra ai contadini’, ma con il limite delle tattiche politiche per il condizionamento sui governi di matrice unitaria e sullo scenario dell’occupazione delle truppe angloamericane. 

 

 

REPRESSIONE A CAULONIA

 

“Partiti da Salerno, pieni (a parole) di buoni propositi e di fiere dichiarazioni, non potrete arrivare ad altro che a Caulonia.”, Palmiro Togliatti, l’Unità, 20 marzo 1945.

Oggi, con tutta la serenità d’animo possibile ad oltre mezzo secolo di distanza, possiamo affermare che i ribelli di Caulonia chiedevano, “sopra ogni altra cosa” la punizione dei fascisti? Non v’è alcun dubbio che, se il detonatore dell’esplosione fu la miseria, così come affermava E. Musolino, l’obiettivo della rivoluzione fu la riforma agraria, che significava diritto al lavoro e quindi libertà dal bisogno, e proprio attraverso la proprietà delle terre, speravano di riscattarsi da lungo servaggio e conquistare la dignità di uomini.

Ilario Ammendolia, Occupazione delle terre in Calabria - 1945-1949, (Proletari senza rivoluzione), Gangemi, 1990, pp. 9-10. 

 

 

“Oltre duecento persone furono arrestate e percosse a sangue e poi messe sotto processo, che venne celebrato alla Corte di assise di Locri. + Pasquale Cavallaro fu condannato non solo come promotore della sommossa in forza del telegramma, + ma anche come mandante in assassinio nella persona del parroco Amato, del quale reato era certamente innocente. Infatti, la Corte d’appello di Catanzaro, con sentenza del 17 gennaio 1958, in riforma di quella della Corte d’assise di Locri, condannò il Cavallaro alla pena di anni 18 per concorso nell’omicidio. Tale pena fu ridotta ad anni sei per il disposto dell’art.9 del Decreto L. del 22.4.1946 n.41. (..) Così si chiuse la storia della famosa repubblica di Caulonia, il cui epilogo servì a far conoscere quali erano le condizioni di vita delle nostre popolazioni, portate ad agire caoticamente, talvolta, per motivi estranei ai loro veri interessi di classe, ma in realtà sospinte dalle secolari sofferenze di una vita grama e arretrata.”, Eugenio Musolino, all’epoca dei fatti segretario provinciale della federazione PCI di Reggio Calabria, in AA.VV., La Repubblica rossa di Caulonia - Una rivoluzione tradita?, Casa del libro di Reggio Calabria, 1977, pp.139-149. Contiene l’intervista di Sharo Gambino a Pasquale Cavallaro, apparsa a puntate su Calabria Oggi nei numeri che vanno dal 4 novembre al 30 dicembre 1976. Tale intervista, assieme al dibattito ad essa seguito sulle pagine del periodico, è stata successivamente pubblicata nel volume in questione di cui sono autori Pasquino Crupi, Sharo Gambi­no, Enzo Misefari ed Eugenio Musolino.

 

+

·         Il 5 aprile 1945, ad un mese dalla rivolta, Cavallaro aveva inviato un telegramma al prefetto Priolo, minacciando un’altra sommossa.

·         Il processo per la rivolta di Caulonia si aprì a Locri il 23 giugno 1947 contro ben 365 imputati. Con la sentenza emessa il 23 agosto 1947 furono tutti amnistiati, tranne Ilario Bava e Giuseppe Manno, accusati di essere gli esecutori materiali dell’omicidio del parroco, nonchè Pasquale Cavallaro, indicato come mandante senza alcuna prova e contro i quali si stabilì la prosecuzione del procedimento.

 

Le vicende della spartizione delle terre demaniali, risoltasi in un ulteriore arricchimento dei proprietari terrieri, e quella dell’affrancazione degli usi civili attraverso la quale si tolsero alle popolazioni i loro antichi diritti senza alcun apprezzabile compenso, o, ancora peggio, quella della liquidazione dell’asse ecclesiastico; che volle dire la scandalosa dilapidazione di un ingentissimo patrimonio collettivo a vantaggio di pochi privilegiati. (Emilio Sereni, Il Mezzogiorno all’opposizione, Einaudi, 1948, cit. da Pasquino Crupi, in op.cit. La Repubblica rossa di Caulonia, pag. 141. 

 

COLONI E COLONIZZAZIONE MAFIOSA

di Eugenio Musolino

”Borghesia mafiosa” è espressione che è entrata anche nel lessico della battaglia politica: con essa si intende, seguendo la traccia dell’analisi di Mario Casaburi, il processo che ha portato la deprivazione materiale e culturale di settori della popolazione meridionale ad “incistare” il sistema, nello specifico il sistema capitalistico, contravvenendo alle sue ‘regole’ con modalità illegali criminali, sebbene funzionale ad esso. La questione sociale diventa così questione criminale da affidare agli apparati repressivi di uno Stato fortemente attraversato, sistematicamente appunto, dalla fronda malavitosa da sè prodotta e che da subalterna diventa egemone e parte della classe dominante.

- Per denigrare la Repubblica di Caulonia guidata da Pasquale Cavallaro nel marzo 1945, furono utilizzate categorie come ‘collusione mafiosa’ o ’inquinamento malavitoso’ per depotenziarne la potenzialità sovversiva. Così la analizza Eugenio Musolino, all'epoca dei fatti segretario provinciale del PCI di Reggio Calabria. Egli ne scrive nel 1977.

- di Mario Casaburi cfr. Borghesia mafiosa. La 'ndrangheta dalle origini ai giorni nostri, Dedalo, 2010

Cavallaro, dunque, caduto il fascismo, incitò, con l'appoggio della mafia locale capeggiata da un certo Cirillo, i contadini a ribellarsi contro le poche famiglie padronali che detenevamo il primato. La condizione dei contadini rasentava la schiavitù. Non esistevano patti colonici giuridicamente costituiti, vigeva soltanto l'uso consuetudinario di un rapporto che il proprietario stabiliva e che il colono doveva accettare se voleva vivere e avere un tetto sia pure assai misero. Si è già detto che al colono era destinato il quinto o il sesto del prodotto, delle regalie che egli doveva al padrone in occasione delle feste natalizie e pasquali e nella ricorrenza del suo onomastico. Il padrone, inoltre, esigeva il servizio domestico da parte della moglie del colono, servizio che doveva essere gratuito. Il controllo della condizione colonica veniva esercitato da un fiduciario del padrone, chiamato fattore, una mansione questa che corrispondeva a quella di campiere in Sicilia. Questi, nell'opera di mediazione, aggiungeva il suo personale sfruttamento, intascando anch'egli regalie, spesso dalle due parti. Il fenomeno della mafia in Sicilia e in Calabria fu anche opera di questi fattori. Il codice civile limitava a qualche articolo il dispotismo padronale, ma quale colono avrebbe avuto il coraggio di ricorrere alla giustizia per avere ragione sul padrone, per le ingiustizie subite? Ciò avrebbe causato la sua espulsione dal fondo, con la conseguenza di non trovare altra colonia. I padroni erano solidali tra loro e non intendevano accogliere nelle loro proprietà contadini ribelli. Ora la questione dell'usurpazione del demanio veniva a immiserire la condizione dei contadini che dalle terre comunali traevano non pochi vantaggi: legno, frutta, pascoli, eccetera.  Cavallaro, dunque, voleva legare il suo nome a un'opera di giustizia resa al popolo e con i suoi figli si preparava all'azione. Si era rifornito di armi reperite  dai soldati in ritirata e sottratte anche ai fascisti del luogo. Tutto questo non poteva non preoccupare autorità e prefetto.

da Eugenio Musolino, Una rivolta escamisada, sta in Crupi, Gambino,Misefari, Musolino - La Repubblica rossa di Caulonia - op.cit., pp.122-124.

 

 

ROSARIO VILLARI - ESPERIENZA ASPRO MONTANA nel 1949

il racconto autobiografico del grande storico de “Il Sud nella storia d’Italia”

 

In gran parte delle regioni meridionali la base su cui si è costituito il movimento comunista è stata la solidarietà nei confronti delle masse contadine, il superamento di antiche barriere che isolavano i contadini e contribuivano a mantenerli in condizione di estrema povertà e di totale soggezione. (..) Nell’inverno del 1949 si svilupparono in Calabria grandi movimenti contadini. La provincia di Reggio era in grande agitazione soprattutto nel versante tirrenico, dove si concentrarono quasi tutti i dirigenti provinciali del partito e dove furono contemporaneamente convogliate quasi tutte le forze di polizia disponibili nella provincia. Ma mentre nella Piana di Gioia Tauro erano in corso aspre lotte e si veniva dispiegando in tutta la sua ampiezza un forte movimento di braccianti e di contadini poveri, qualche segno di fermento cominciò a manifestarsi anche nel versante jonico. Il comitato regionale - di cui era segretario Mario Alicata - decise di intervenire anche in questa parte della provincia, dove tuttavia l’estrema polverizzazione sociale delle categorie contadine e l’assenza di una fascia consistente di bracciantato rendevano difficile lo sviluppo di un movimento di lotta. Vi era anche l’esigenza di alleggerire la pressione che le forze di polizia esercitavano sui braccianti della Piana di Gioia Tauro. Si decise quindi di inviare alcuni compagni anche nel versante jonico della provincia ed io fui assegnato alla zona di Caulonia. Ero giovanissimo e del tutto inesperto dei problemi delle campagne; avevo una visione generica e libresca della riforma agraria, senza concreti agganci con la situazione reale della provincia; e non avevo la più pallida idea del modo in cui si potessero mobilitare e mettere in movimento categorie contadine diverse da quelle dei braccianti poveri, i piccoli coloni, i piccolissimi proprietari ecc. Ero quindi molto a disagio mentre mi accingevo a partire per la missione che mi era stata affidata. Musolino si rese conto delle mie preoccupazioni e, pur in quel momento di tensione, trovò il tempo per chiamarmi a sè e darmi le necessarie spiegazioni che invano avevo chiesto ad altri compagni. Mi disse che in quella zona la questione su cui si poteva fare leva per far partecipare le varie categorie contadine alla più generale mobilitazione per la riforma agraria era quella dell’applicazione della legge sulle bonifiche, la questione dei terreni che erano stati riconquistati alla coltura attraverso le opere di sistemazione dei bacini torrentizi e che dovevano essere affidati ai contadini. Fu una indicazione preziosa, che si rivelò corrispondente alle esigenze dei contadini della zona di Caulonia; convinti della giustezza di questa rivendicazione, essi trovarono la forza per uscire dalla prostrazione e dall’ avvilimento in cui erano caduti dopo la repressione seguita alla rivolta del 1945.

tratto dalla Prefazione di Rosario Villari a Eugenio Musolino, Quarant’anni di lotte in Calabria, Teti, 1977, pp.5-6. 


Precedenti: 

Aspro Montano (1) http://ferdinandodubla.blogspot.com/2022/06/aspro-montano-la-breve-vita-della.html

Aspro Montano (2) http://ferdinandodubla.blogspot.com/2022/06/aspro-montano-caulonia-la-repubblica.html


http://lavoropolitico.it/meridiano_sud.htm




foto di Mario Carbone, 1960

                                                            Pasquale Cavallaro

 [Caulonia (Reggio Calabria), 21 aprile 1891 – Gerace (Reggio Calabria), 17 luglio 1973]







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