A partire da un confronto
laboratoriale e sperimentale stimolato dal dibattito, vogliamo ricostruire
nuove contronarrazioni situate che interroghino il Sud, come uno spazio fluido,
politico e in divenire, attraverso cui decostruire le categorie dominanti che
per secoli hanno passivizzato il margine e la marginalità considerate
‘sottosviluppate’ e arretrate culturalmente.
NOI NON
SIAMO IL NON-NORD
Dobbiamo
conservare o abolire il termine meridionalismo? La storica narrazione meridionalistica,
ha detto e scritto Conelli, si è rivelata insufficiente a spiegare il Sud a
partire dai subalterni, dalla critica al paradigma sviluppista del capitalismo
e dalla complicità delle élites meridionali funzionali alle classi dominanti
che imponevano la disuguaglianza sociale strutturale. - Ancora una volta, con
Gramsci, è necessaria una ricollocazione “organica” degli intellettuali, a
partire dall’elaborazione di un pensiero meridiano, in cui in unico Sud c’è
tutto il mondo, perché ogni Sud del mondo è il mondo stesso. La ’vecchia’
quistione è finita, ne è nata una nuova, non geolatitudinaria, ma globale,
circolare, orizzontale - longitudinale. / fe.d.
MEZZOGIORNO
’FORCLUSO’
Decostruire l’idea di Mezzogiorno a partire dai suoi
margini. Rovesciare il paradigma, con una lettura postcoloniale globale della
“quistione”.
Francesco Festa
recensisce Carmine Conelli e il suo “Il rovescio della nazione. La costruzione
coloniale dell’idea di Mezzogiorno“, Tamu Edizioni, Napoli, 2023, pp. 237
- In effetti
un libro che parli del Mezzogiorno d’Italia ha poche alternative: o è un libro
scomodo, che punta dritto al cuore sferrando l’attacco dalle retrovie, da dove
non ti aspetti e va a colpire un fianco aperto, oppure è un deja vu, qualcosa
di già letto. Se è quest’ultima la china, il discorso procederà con le
lamentele e le recriminazioni, sulla “questione meridionale”, su ciò che è
stato fatto, o non fatto, i soldi investiti e quelli sperperati o spariti,
quanto sia responsabilità della classe dirigente oppure sulla responsabilità
della cultura dei meridionali. Un testo del genere condurrà il lettore al
cul-de-sac dove sono esposte la responsabilità, l’assenza di senso civico e di
cultura della modernità dei meridionali.
Il rovescio
della nazione, per fortuna, fa piazza pulita di questi discorsi depotenzianti,
dei cliché e degli stereotipi, anzi, se ne tiene ben distante. È un libro
scomodo, innanzitutto, che partendo dal margine meridionale cerca di indagare
su ciò che può essere un punto di vista autonomo, altro, sul Meridione. È stato
volutamente scritto per una facile divulgazione, superando gli specialismi,
tralasciando – a ragione – l’infrastruttura bibliografica che sorregge
l’impianto teorico delle categorie in esso utilizzato e che ha lavorato, almeno
negli ultimi venti anni, come una talpa per decostruire e ricostruire l’idea di
Mezzogiorno.
Sbrogliata
la matassa dei discorsi depotenzianti, nel libro si coglie una stratificazione
bibliografica, composta di saggi, articoli e libri pregressi i cui echi sono
percepibili solo da chi ne conosce i rimandi; infatti, al lettore comune Il
rovescio della nazione appare come un’opera straordinariamente originale,
poiché ne elude la genealogia.
Vale la pena
però qui ripercorrere la stratificazione bibliografica e risalire a quanto nel
“presente storico” del Meridione, per dirla con Marx, vi sia il frutto di un
lavoro di rovesciamento di paradigma, ciò non solo per ripercorrere la
genealogia de Il rovescio della nazione ma tutta l’opera di studiosi e di
collettivi che negli ultimi vent’anni hanno lavorato per smontare il regime di
verità costruito sul Meridione, segnalando il rimosso, il non detto, il
forcluso della storia italiana, ciò che Miguel Mellino chiama l’“inconscio
coloniale delle strutture del sentire nazionale”.
Francesco
Festa [estratto, leggi tutto al link
#MeridianoSUD
Can the subaltern’ speak?
<Per il "vero" gruppo subalterno,
la cui identità è la sua differenza, non c'è soggetto subalterno
irrappresentabile che possa conoscersi e parlarsi; la soluzione dell'intellettuale
non è astenersi dalla rappresentazione>, Gayatri Chakravorty Spivak
POSTCOLONIAL GRAMSCI
- Anche le
rappresentazioni storiografiche del Risorgimento evidenziano il mancato
coinvolgimento delle masse, in particolare di quelle meridionali, nella neonata
formazione nazionale. Gramsci osserva come la storiografia a lui contemporanea
avesse prodotto una visione lineare e omogenea della nazione italiana,
raccontandone l’epopea in forma di «biografia nazionale» o «storia
feticistica»: in questa raffigurazione, caratteri mitologici e astratti come
Unità, Rivoluzione, Italia diventavano i protagonisti della storia, e il
passato era interpretato alla luce del presente. Il presupposto di questa
linearità deterministica, che si proponeva di rafforzare il sentimento
nazionale proprio tra gli strati sociali più bassi, era per l’appunto la loro
esclusione dall’epopea. Il fallimento delle istanze democratiche aveva
contribuito ulteriormente a dare forma al divario nord-sud. Un rapporto che
Gramsci immagina simile a quello tra una grande città e una grande campagna:
«Essendo questo rapporto non già quello organico normale di provincia e
capitale industriale, ma risultando tra due vasti territori di tradizione
civile e culturale molto diversa, si accentuano gli aspetti e gli elementi di
un conflitto di nazionalità». Come ha rilevato Adam Morton, la rivoluzione
passiva deve dunque essere considerata anche in termini di una metafora
spaziale, come una «strategia di spazializzazione emergente che ha strutturato
e modellato il potere dello stato in Italia». La matrice geografica del
rapporto tra nord e sud è una delle intuizioni più felici di Gramsci, e la
ritroviamo, qualche decennio dopo, nella Gran Bretagna di Stuart Hall e
attraverso l’Oriente decostruito da Edward Said. - Carmine Conelli
#SubalternStudiesItalia, 9.04.2023
Dibattito
circolare alla cooperativa Robert OWEN, sabato 8 aprile 2023. Si è parlato di #MeridianoSUD e del ‘rovescio della narrazione’,
richiamandosi al testo di Carmine Conelli ‘Il rovescio della nazione - La
costruzione coloniale dell’idea di Mezzogiorno’ edito da Tamu edizioni (in foto)
“Non
possiamo più limitare la nostra comprensione del Mezzogiorno all’interno degli
schemi dualisti che hanno condannato l’intero Sud al ruolo omogeneo di
non-ancora-Nord. Allo stesso tempo, dobbiamo riconoscere la colonialità delle
categorie di pensiero che vengono utilizzate - e che spesso inconsciamente
replichiamo - per raccontare il Mezzogiorno. Non possiamo più considerare la
nostra visione come un mero riflesso dello sguardo esterno.” (Carmine Conelli,
il Rovescio della Nazione)
“Lotte queer
e meridionalismo possono trovare una intersezione nella marginalità e nella comune
rivolta contro il Padre, cioè contro la cultura patriarcale, da una parte, e la
patria e il nazionalismo, dall’altra.” (Davide Curcuruto, Queer Meridionalismo,
Menelique)
“Lavoro,
ambiente e salute non dovrebbero essere alternative tra cui scegliere, ma
diritti ugualmente rispettati. A Taranto purtroppo non è stato così. Oggi la
politica vede nel turismo l’unico futuro possibile per questa città, ma per
superare questo processo di deculturazione abbiamo bisogno di una
rielaborazione critica del passato e di un pensiero meridiano” (Stefano Modeo,
Pensare Il Sud, Menelique).
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