La moderna
‘rivoluzione passiva’ del ‘senso comune’
Gli esclusi non sono astrazioni etniche
o geografiche: formano la parte prevalente dell’umanità con le sue culture,
letterature, religioni, filosofie e così via. Il filosofo (*) osserva
sistematicamente la moltitudine per scovarli uno a uno e depositarli nella
terra desolata della preistoria. -
(*) qui Guha
intende Hegel e, per estensione, il pensiero del dominio coloniale
Ranajit Guha
- La storia ai limiti della storia del
mondo - con un testo di Rabindranath Tagore e Introduzione di Massimiliano
Guareschi, Sansoni, 2003, pag.49.
I più, le moltitudini direbbe qualcuno, nei paesi occidentali, ma in
particolare in Italia, a causa della disinformatja strutturale che la “libera
informazione” asservita al regime o al sistema politico se preferite, impone
alla formazione del senso comune di massa, sono affetti da analfabetismo
funzionale *, perchè credono di delegare l’accrescimento e dunque lo sforzo di
conoscenza ai mezzi di comunicazione. Si crea così un cortocircuito che
permette al cialtronismo politico e al parassitismo economico finanziario
un’egemonia di “consenso passivo”.
* L'UNESCO definisce dal 1984 l'analfabetismo funzionale come «la
condizione di una persona incapace di comprendere, valutare, usare e farsi
coinvolgere da testi scritti per intervenire attivamente nella società, per
raggiungere i propri obiettivi e per sviluppare le proprie conoscenze e
potenzialità» / OECD Statistics Directorate, OECD Glossary of Statistical Terms
- Functionally illiterate Definition.
- La ricerca
del consenso da parte delle classi dominanti passa dall’analfabetismo
funzionale, che permette agevolmente, attraverso la monopolizzazione degli
strumenti di comunicazione di massa, l’alimentazione e la riproduzione di
quello che Gramsci definì “senso comune deteriore”. È una delle forme,
sovrastrutturali ma decisive, della rivoluzione passiva, costituita da passivo
consenso, con cui le classi dominanti e dirigenti plasmano il loro effettivo
dominio sulle classi subalterne. Da queste raccolgono il folclore cosiddetto,
non la sua espressione avanzata di espressione della caratterizzazione
popolare, ma la ‘filosofia dei semplici’ infarcita di luoghi comuni e
standardizzazioni generalizzatrici che la cultura d’élite riesce a indirizzare
verso la subalternità permanente. Ogni traccia di iniziativa autonoma di
classe, infatti, viene soffocata sia materialmente come repressione [ma così si
avrebbe solo ‘dominio senza egemonia’ (Guha)] sia attraverso il pregiudizio e
lo stereotipo moltiplicati proprio da quella ‘plasmazione’ proveniente dal folclore
regressivo, per usare espressioni di Ernesto de Martino. Si costruisce egemonia
attraverso apparati egemonici e rivoluzione passiva, in termini
sovrastrutturali ma incidenti profondamente la struttura, che insieme
costituiscono ‘sistema’. Così si legano le riflessioni del Q.25 di Gramsci
redatto a Formia nel 1934-35 alle sue precedenti elaborazioni, principalmente
nel Q.11 e in altri quaderni stesi a Turi.
Così si
legano analfabetismo funzionale e senso comune deteriore oggi.
ferdinando.dubla per #SubalternStudiesItalia
- La
formulazione più matura di ciò si trova espressa nel Quaderno 24 (1934): «Ogni
strato sociale ha il suo 'senso comune' e il suo 'buon senso', che sono in
fondo la concezione della vita e dell'uomo più diffusa. Ogni corrente
filosofica lascia una sedimentazione di 'senso comune': è questo il documento
della sua effettualità storica. Il senso comune non è qualcosa di irrigidito e
di immobile, ma si trasforma continuamente, arricchendosi di nozioni
scientifiche e di opinioni filosofiche entrate nel costume. Il 'senso comune' è
il folclore della filosofia e sta sempre di mezzo tra il folclore vero e
proprio (cioè come è comunemente inteso) e la filosofia, la scienza, l'economia
degli scienziati».
- In rapporto a ciò è da vedere anche l'ardita problematica svolta da Gramsci intorno alla nozione di «conformismo». «Esistono molti 'conformismi', molte lotte per nuovi conformismi [...]». (Quaderno 15, 1933), nel quadro strategico complesso «del rinnovamento intellettuale e morale» (che non può essere «simultaneo in tutti gli strati sociali»). Tutte questioni da riportarsi ai grandi parametri gramsciani relativi al tema «spontaneità e direzione», all'interno del discorso sulla «egemonia».
Cesare Luporini, filosofo (1909-1993) da Gramsci le sue idee nel nostro tempo.
Editrice l'Unità, Roma 1987 leggi in Senso comune e consenso - http://ferdinandodubla.blogspot.com/2017/05/senso-comune-e-consenso.html
- Nella polemica
sviluppata nel Q.8 verso il Saggio Popolare di Bucharin, Gramsci riafferma la
definizione (già presente nel Q.1), di senso comune deteriore: “Un lavoro come
il Saggio popolare, destinato a una comunità di lettori che non sono
intellettuali di professione, dovrebbe partire dalla analisi e dalla critica
della filosofia del senso comune, che è la «filosofia dei non filosofi», cioè
la concezione del mondo assorbita acriticamente dai vari ambienti sociali in
cui si sviluppa l’individualità morale dell’uomo medio. Il senso comune non è
una concezione unica, identica nel tempo e nello spazio: esso è il «folclore»
della filosofia, e come il folclore si presenta in forme innumerevoli: il suo
carattere fondamentale è di essere una concezione del mondo disgregata,
incoerente, inconseguente, conforme al carattere delle moltitudini di cui esso
è la filosofia (Q 8, 173, 1045).
Non è presente qui la
valenza ricostruttiva del senso comune da parte di una filosofia-scienza quale
il marxismo (la ‘filosofia della praxis’, il materialismo storico) e di quelle
forze (principalmente il partito comunista) che devono costruire una nuova
‘egemonia’ (elaborazioni invece presenti nel Q.11), ma si stabilisce un legame
importante: quello tra senso comune e folclore. E’ questo passaggio che rende
implicito il problema (o la ‘quistione’) del consenso. Schematicamente: il
senso comune è il prodotto delle idee dominanti delle classi dominanti, e non è
invariante, ma si trasforma con le mutazioni morfologiche delle formazioni
economico-sociali; il folclore è la visione del mondo delle classi subalterne e
si presenta nelle forme disgregate e incoerenti proprie delle classi di cui è
espressione. Senso comune e folclore non si identificano, ma l’uno attinge
dall’altro per la conservazione e l’alimentazione del dominio sui subalterni, e
siccome l’egemonia non è solo forza e coercizione, è demandato proprio al senso
comune il compito della ricerca del consenso, per il tramite delle visioni
“inconseguenti” del folclore. Un nuovo senso comune per una nuova società.
L’amnesia storica rimuove la critica serrata che Gramsci, compulsando in
carcere testi e riviste di critica sociale che la censura permetteva, conduceva
contro le sociologie di Robert Michels e Gaetano Mosca, le teorie delle elités
e della ‘legge ferrea dell’oligarchia’, dei ‘capi carismatici’, cioè la teoria
della casta e dell’antipolitica, giudicata "molto superficiale e sommaria,
per caratteri esterni e generici" (Q.2).
Il
ciclo populista genera un politico sempre più fragile e aleatorio, in cui il
carisma di carta pesta inventato dai media si mescola con la degenerazione
trasformista e con un discorso pubblico sempre più svuotato di ogni contenuto
reale. (Paggi, 2016)
+
Il creativo marxismo di
Gramsci permette invece, ancora oggi, di svelare l’arcano delle dinamiche
politico-sociali moderne delle società capitaliste.
+ Le citazioni dai
Quaderni sono tratte da Antonio Gramsci, Quaderni
del carcere, Edizione critica dell’Istituto Gramsci. A cura di Valentino
Gerratana, Torino, Einaudi, 1977 (2ed.)
+ Leonardo Paggi,
recensisce su Il Manifesto il lavoro di Michele Prospero La scienza politica di Gramsci, Bordeaux ed., 9/07/2016, puoi
leggerlo qui - http://ferdinandodubla.blogspot.com/2016/07/studi-gramsciani.html
a cura di #SubalternStudiesItalia
cfr. anche Ferdinando Dubla, "Antipolitica" e senso comune, in questo blog http://ferdinandodubla.blogspot.com/2017/05/antipolitica-e-senso-comune.html
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