[A Trento] Uno dei
fatti salienti che caratterizza gli inizi dell’anno accademico 1967-68 è, senza
dubbio, il “Movimento per una università negativa”.
Formatosi negli anni
precedenti nel corso delle occupazioni della facoltà, nell’autunno ‘67 il
Movimento per una Università negativa è tra i promotori dei controcorsi (e di
altre proposte analoghe: le controlezioni, le occupazioni bianche); ed è tra i
fondatori della rivista “Lavoro Politico”. Pubblicato per la prima volta in
vesti di rivista nell’ottobre del ‘67, “Lavoro Politico” era nato nel 1962 a
Verona, su iniziativa di Walter Peruzzi, come organo mensile del Centro di
informazione. Di origine cattolica, si sposterà progressivamente sempre più a
sinistra. La sua trasformazione in “Lavoro Politico”, nel ‘67, suggella questa
sua evoluzione. Accusato, dopo l’uscita del primo numero, di peccare di
dogmatismo, il collettivo “Lavoro Politico” (del collettivo fanno parte, oltre
il “Movimento per una Università negativa” di Trento, il “Centro di
informazione” di Bolzano, la “comune” di Verona, e altri militanti) si difende
dichiarando, tra l’altro, “adesione integrale al pensiero di Mao Tse-Tung” in
quanto esso “è il solo modo corretto di opporsi non solo al revisionismo ma
anche al dogmatismo”. E continua: “Il problema del partito rivoluzionario è
della più grande importanza pratica, perchè riguarda lo strumento con cui
tradurre nella pratica della lotta di classe la teoria rivoluzionaria, cioè
come usarla realmente… In questo senso deve ormai aver luogo, a livello
teorico, una centralizzazione che orienti le differenti esperienze e le lotte
localmente avviate… All’unificazione teorica dei marxisti-leninisti, nella
prospettiva del partito rivoluzionario di tutti i marxisti-leninisti, intende
contribuire “Lavoro Politico”. (Lavoro
Politico, nr.2, novembre 1967, pp.44-45)
Il brano è tratto da
Alessandro Silj, “mai più senza fucile!”,
Vallecchi, 1977, pag.42
IL
MANIFESTO PROGRAMMATICO (autunno 1967)
Il manifesto
programmatico del “Movimento per una Università negativa” riproduce, nelle
grandi linee, molte delle posizioni su università e società (..) ; il
linguaggio, semmai, è più vivace. Vi si citano Ortega y Gasset (l’insegnamento
universitario è responsabile della formazione dei “Nuovi barbari”, uomini
sempre più istruiti e sempre più ignoranti), Josè De Castro (l’insegnamento
universitario fornisce degli stereotipi di sue realtà parziali, didatticamente
mutilate…crea all’interno della cultura un tipo sui generis di civiltà, diretta
da uomini dalle conoscenze tecniche rigorose ma affetti da una miopia politica
deplorevole), Rathenau (sulla “invasione verticale dei barbari”), Wright Mills
(sulla razionalità senza ragione, una razionalità che non accresce,
accrescendosi, la libertà, ma la distrugge). Sempre citando Mills il manifesto
denuncia l’attuale tendenza dell’insegnamento universitario: l’imbecilità tecnologica come condizione
intellettuale e la robotizzazione
degli individui come comportamento sociale diffuso. Repressione e violenza
sono il tessuto connettivo della nostra società:
“Ciò che si vuole reprimere è la dimensione critica del pensiero, il regno della storia, il senso della possibilità e dell’alternativa, ovvero, in ultima analisi, l’antagonismo di classe… In questa logica si spiega come ogni forma di movimento, ogni alternativa storica, ogni progetto umano assuma le sembianze di una tendenza sovversiva. “
(concetto marcusiano presente nel Manifesto programmatico dell’Università negativa, novembre 1967, cfr. anche Guido Viale, <Contro l’Università> in Quaderni Piacentini nr.33, febbraio 1968, reperibile nell'archivio digitale della biblioteca "Gino Bianco" di Forlì - https://www.bibliotecaginobianco.it/flip/QPC/07/3300/
Il manifesto programmatico è frutto in larga parte della penna di Mauro
Rostagno, ndr).
Il documento cita
l’affermazione di Marcuse secondo cui “il successo più caratteristico della
società industriale avanzata è proprio la sua capacità di integrazione degli
opposti”, ma per negarne la validità. Al contrario, esiste ancora “la
possibilità concreta di un rovesciamento radicale del sistema a capitalismo
maturo attraverso nuove forme di lotta di classe…nazionale e internazionale”.
Come? “Lanciamo l’idea di una università
negativa che riaffermi nelle università ufficiali, ma in forma
antagonistica ad esse, la necessità di un pensiero teorico, critico e
dialettico che denunci ciò che gli imbonitori mercenari chiamano ‘ragione’”. Lavoro Politico, nr.2, novembre 1967, pag.43
cfr. anche Trento: le esperienze di "Università
Negativa" e "Lavoro Politico",
http://www.bibliotecamarxista.org/soccorsorosso/capitolo 2.htm
L’Università
negativa e le classi subalterne: il lavoro politico è creativo, antagonista ed
alternativo
“Le classi subalterne
non dispongono…di strutture ufficiali - università - per formare i loro
intellettuali e così devono ricorrere a strutture di sostituzione che volta a
volta assumono la forma di “scuole quadri” di partito, scuole sindacali, ecc. È
inutile in questa sede analizzare le inadeguatezze di tali surrogati più adatti
a preparare “ideologi anacronistici” che professionisti organici. La
formulazione gramsciana dello specialista politico ci sembra oggi ancora convincente.
Si tratta di trovarne la forma di realizzazione”.
Manifesto
programmatico Università negativa, cit. in A.Silj, op. cit., pag. 44.
noi formuliamo come
ipotesi generale che vi sia ancora la possibilità concreta di un rovesciamento
radicale del sistema a capitalismo maturo attraverso nuove forme di lotta di
classe interna ed esterna (nazionale ed internazionale) e lanciamo l'idea di
una UNIVERSITÀ NEGATIVA che riaffermi nelle università ufficiali ma in forma
antagonistica ad esse la necessità di un pensiero teorico, critico e
dialettico, che denunci ciò che gli imbonitori mercenari chiamano
"ragione" e ponga quindi le premesse di un lavoro politico creativo,
antagonista ed alternativo.
Contestazione
politica
Solo il rovesciamento
dello stato permetterà una reale ristrutturazione del sistema d'insegnamento
[...] Lo studente deve quindi, al di là del suo status, agire, in una
prospettiva di lungo periodo, per la formazione (stimolazione) di un movimento
"rivoluzionario" delle classi subalterne, che si esprima nella forma
organizzativa piú adeguata al nuovo tipo di lotta che si deve condurre (..)
da Lavoro Politico, nr.2, novembre 1967, cit.
Lavoro
Politico contro l’avventurismo insurrezionalista
Dobbiamo già cominciare
a realizzare elementi di controsocietà. Cosí la lunga marcia attraverso le
istituzioni crea poteri rossi dove si comincia a gestire la società
alternativa. (..)
Questo non è un momento
rivoluzionario, ma prerivoluzionario, e quindi non è un momento in cui si pone
immediatamente il problema della presa del potere ma l'organizzazione di un
lavoro politico. Allora occorre dire che è avventurismo far sembrare o far
credere alle persone, alle masse che la presa del potere e la realizzazione di
una società egualitaria è un'opera facile e rapida: bisogna invece
continuamente sottolineare che sarà difficile e lunga. Non è l'esempio cubano,
ma è l'esempio cinese, quello che abbiamo di fronte, cioè non è possibile
l'organizzazione dell'isola felice con due anni di lotta, ma è possibile
attraverso 40 anni di resistenza.
da Proposta di foglio di lavoro, a cura di Renato Curcio e Mauro
Rostagno, ciclostilato reperibile presso l'Istituto Feltrinelli di Milano.
Lavoro
Politico si definisce fin dai primi numeri "un organo
marxista-leninista che si lega nelle sue origini ad alcuni avvenimenti del
nostro tempo, quali la rivoluzione culturale proletaria guidata dal pensiero di
Mao Tse-tung; l'invincibile lotta del popolo vietnamita e la contemporanea
degenerazione del PCI e del PSIUP sempre piú apertamente dimostrativa della
politica di 'nuove maggioranze' logico sbocco della 'via italiana e pacifica al
socialismo'. Quanto appare su LP è il risultato di una elaborazione collettiva
del comitato redazionale e dei collaboratori: per questo non appaiono,
generalmente, firme individuali."
Escono complessivamente
nove numeri (di cui tre doppi): il primo datato ottobre 1967, l'ultimo (n.
11/12) nel gennaio 1969.
Verso la fine del 1968,
l'intera redazione, tra cui Renato Curcio, Margherita Cagol e Duccio Berio (che
piú tardi si ritroveranno nella Sinistra
Proletaria), aderisce al PCd'I, Partito Comunista d’Italia, seguendo, nella
scissione di questo nel dicembre 1968, la “linea rossa” contro la "linea
nera".
tutti i titoli sono
redazionali #LavoroPolitico_web_serie #SubalternStudiesItalia
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